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 2011  febbraio 20 Domenica calendario

Secessione Il rischio è che il Paese si spacchi in due - La ferrea censura imposta dal regi­me, il blocco di Internet e dei telefoni cellulari e l’assenza dei media stranieri rendono molto difficile valutare la reale portata della rivolta popolare in Libia, anche se la cifra di 84 morti la rende fin da ora la più sanguinosa dopo quella egi­ziana

Secessione Il rischio è che il Paese si spacchi in due - La ferrea censura imposta dal regi­me, il blocco di Internet e dei telefoni cellulari e l’assenza dei media stranieri rendono molto difficile valutare la reale portata della rivolta popolare in Libia, anche se la cifra di 84 morti la rende fin da ora la più sanguinosa dopo quella egi­ziana. Ma la sua vera peculiarità è di non avere, come in Egitto, in Tunisia e nello Yemen, il suo epicentro nella capitale, ma a oltre mille chilometri più a est, a Bengasi e nelle altre città della Cirenai­ca. Più che a una rivolta del pane, più che a una insurrezione per la libertà e la de­mocrazia, siamo di fronte a un movi­mento tribale e nazionalista da parte di una popolazione insofferente della ege­monia di Tripoli e ansiosa di riconqui­stare o l’indipendenza o quella supre­mazia di cui godeva ai tempi della mo­narchia senussita. Per gli abitanti di que­sta regione, molto più affine all’Egitto che ai Paesi del Magreb, la Libia è rima­sta, sostanzialmente, una invenzione del colonialismo e Gheddafi (che pure è nato da queste parti) un despota che pri­vilegia la capitale rispetto alle province orientali. Da sempre, infatti, la Cirenai­ca è la culla del dissenso contro il colon­nello, anche se tutti i suoi tentativi di ri­bellione sono stati frustrati dagli appara­ti di sicurezza. Ma ora che l’intero mon­do arabo è in fiamme gli abitanti di Ben­gasi, di Al Bayda, di Derna hanno ripre­so coraggio e inscenato una vera e pro­pria rivoluzione. Al momento è impossi­bile verificare se le forze dell’ordine sia­no state davvero costrette a ritirarsi dal capoluogo, se davanti al suo Palazzo di Giustizia si siano radunati 20.000 dimo­­stranti, se vi sia o no assediato uno dei figli di Gheddafi, se Al Bayda sia addirit­tura nelle mani degli insorti che vi avreb­bero instaurato una specie di ammini­strazione provvisoria. Quel che è molto probabile, invece, è che se l’insurrezio­ne dovesse trionfare, il risultato non sa­rebbe la cacciata di Gheddafi , che appa­r­e ancora in pieno controllo della Tripo­litania, ma la secessione della Cirenaica e la conseguente nascita di un nuovo Sta­to sull’ex Quarta sponda: un bis di quan­to accaduto poche settimane fa in Su­dan, dove il Sud nero e cristiano è riusci­to finalmente a conquistare l’indipen­denza dal nord arabo e musulmano. Le implicazioni per l’Occidente e so­prattutto per il nostro Paese sarebbero enormi. Anzitutto, visto l’orientamento prevalente dei suoi abitanti, il nuovo Sta­to potrebbe avere forti connotati islami­sti; ma a preoccupare soprattutto sono le conseguenze economiche. Anche se la Cirenaica è stata anche l’epicentro della resistenza anti-italiana, i nostri in­teressi nella regione restano forti, co­minciando dai giacimenti di idrocarbu­ri dell­’Eni nel deserto sudorientale e pro­seguendo con una notevole penetrazio­ne commerciale, anche da parte di pic­cole e medie imprese. Una neonata Cire­naica riconoscerebbe, per quanto le compete, il recente Trattato di amicizia italo-libico? Una Libia dimezzata man­terrebbe i suoi impegni nei nostri con­fronti per il controllo della immigrazio­ne clandestina? Se Tripolitania e Cire­naica si separassero, ci sarebbe ancora interesse a costruire la famosa autostra­da costiera dalla frontiera tunisina a quella egiziana che l’Italia si è impegna­ta a finanziare e le nostre imprese a co­struire? Forse è presto per porsi simili interrogativi, ma è davvero difficile im­maginare che la Libia, presa in mezzo com’è tra i due Paesi dove la piazza ha già vinto, possa uscire indenne da que­sta tempesta. I mercenari africani che Gheddafi ha assoldato e che sarebbero gli autori dei massacri non basteranno a salvare la Jamahirya come è oggi.