Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  febbraio 20 Domenica calendario

“I furti d’arte non hanno più futuro” - Nicolas Kugel, lei è la quinta generazione di antiquari in famiglia insieme a suo fratello Alexis

“I furti d’arte non hanno più futuro” - Nicolas Kugel, lei è la quinta generazione di antiquari in famiglia insieme a suo fratello Alexis... «I miei avi hanno cominciato a San Pietroburgo, e da due generazioni ci siamo trasferiti a Parigi». Qual è la vostra specialità? «Mio padre e mio nonno soprattutto erano argentieri e mio padre in particolare si occupava di scatole d’oro. Adesso siamo più generalisti, abbiamo mobili, sculture, oggetti d’arte». Avete appena allestito nel vostro negozio una mostra, sul gusto antico, Roma e il Rinascimento. Com’è andata? «E’ stata curata da Pierluigi Pizzi e abbiamo avuto 16mila visitatori. La gente ha bisogno di più sicurezze, ecco che il classicismo e il gusto del classico si impongono di nuovo». Al Museo del Cairo sono state rubate alcune opere importanti che facevano parte della tomba di Tutankhamon. Che ne pensa? «Chi ha commesso il furto non sa che quegli oggetti non hanno valore di mercato. Se non sono stati distrutti torneranno prima o poi al punto di partenza. E’ evidente». Non potrebbe essere il furto perverso di qualcuno che vuole nascondere gli oggetti e tenerseli per sé? «Anche fosse il caso, gli oggetti torneranno nella prossima generazione». Le hanno mai proposto oggetti rubati nei musei? «Facciamo un mestiere ad alto rischio. Ho amici che hanno comperato oggetti rubati alle aste. Bisogna essere molto vigili sulla provenienza. Ci vorrebbe un sito web internazionale con tutte le informazioni sugli oggetti rubati, aggiornato continuamente». Ma se è così difficile piazzare le opere, perché tanti furti nei musei? «Per ignoranza, per stupidità. Pensiamo al famoso quadro “Il Grido” di Munch rubato e ritrovato; pensiamo alla saliera di Benvenuto Cellini rubata al Museo di Vienna e quindi ritrovata, oppure il famoso “Impression Soleil Levant”, il quadro di Monet che ha dato il nome al movimento dell’Impressionismo, rubato a Parigi al Museo Marmottan e poi anch’esso ritrovato. Recentemente a Parigi c’è stato un furto molto importante al Museo d’Arte Moderna, hanno rubato un Léger, un Matisse, un Picasso ma è evidente che torneranno». Però non sono ancora stati trovati. «Non ancora, ma certo torneranno. La più grande protezione è che le opere d’arte siano invendibili e pubblicate». E gli antiquari? «Certo, io sono stato derubato ma ho ritrovato gli oggetti. Penso che il furto delle opere d’arte non abbia futuro e quindi penso che vi saranno sempre meno oggetti rubati. Ci sono troppi problemi. Chi ruba è meglio che cerchi cose più facili, come i denari». Come va oggi il mercato delle opere d’arte antiche? «C’è una clientela di giovani collezionisti che si rendono conto del fatto che la qualità delle opere d’arte antiche è straordinaria anche perché hanno saputo attraversare il tempo e questa è una garanzia rispetto per esempio all’illusione della speculazione che c’è nell’arte contemporanea. Penso che il futuro delle opere antiche sarà sempre più prospero. E il collezionismo si rinnoverà». Chi sono questi giovani collezionisti di cui parla? «Giovani che capiscono che nella ricerca della qualità di un’opera ci sono molte soddisfazioni che non si possono trovare nell’arte contemporanea che è invece una corsa efferata». Però anche nell’antico ci sono mode, come nel contemporaneo... «Sì, ma la qualità è oggettiva e la quantità limitata, perché molti oggetti escono dal mercato comprati dai musei». Qual è la moda di oggi sul mercato dell’antico? «Domanda difficile, ma di solito sono le mostre importanti che creano interesse intorno a quell’epoca o a quell’artista. Forse nell’arte moderna c’è un concetto nazionale più forte. Gli italiani vogliono un Fontana, gli americani un Warhol, ma la bella scultura romana è trasversale e può essere comprata da clienti di qualsiasi nazionalità. I mobili francesi del diciottesimo secolo sono un mobilio internazionale e come tali sono stati concepiti». La gente cosa cerca di più? «Io vendo un po’ di tutto, dato che sono un generalista. Quello che conta di più è la qualità. Oggi i clienti sono esigenti, tutto deve essere perfetto, ciò che è mediocre non interessa». E il lavoro con suo fratello Alexis? «Io sono il maggiore, mio fratello ha più pazienza con i libri e la ricerca, è un grande storico dell’arte, io forse ho più pazienza con la gente». Non è sempre facile vendere... «No, e noi vendiamo per poter comprare, è una forma di dongiovannismo e di desiderio costante». Nei periodi di crisi la gente investe? «Mio padre vendeva molte scatole d’oro negli anni ’50 e ’60 perché la gente aveva paura della guerra fredda e i mobili sono difficili da trasportare, da muovere. Non vi sono regole generali e ognuno ha la sua percezione individuale, è difficile quindi mettersi al posto di ogni cliente».