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 2011  gennaio 20 Giovedì calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 76 - COSTITUZIONE A NAPOLI

Mi pare che questa volontà dei siciliani di separarsi da Napoli confermi quella sua tesi, che la storia è fatta o dalla guerra dei poveri contro i ricchi o da quella delle periferie contro il centro. Massimo, a Roma, era disperato. «Padre Ventura [era palermitano] ha scritto una brochure onde la Sicilia si separi! dicendo che l’Austria è forte appunto perché composta di Stati con costituzioni separate!!!!! E questa è la forte tête de l’endroit», «Dalla conoscenza che ho della Sicilia ove sono stato tre volte, mi pare poter giudicare che l’aristocrazia tenda alla separazione, perché diverrebbe padrona, o almeno più importante di quello che fosse finora. Il Popolo vi tende per solo e puro odio de’ Napoletani» , «l’Inghilterra lavora in tuttociò, e dobbiamo far opera onde la nostra integrità nazionale non sia intaccata neppure da influenze, protezioni o garanzie estere» , «l’Italia deve tendere, anche con sacrifici parziali a tutte le maniere d’unità, finché venga ad ottenere l’unità completa ed assoluta». C’era qualche nome famoso tra questi insorti? La Masa, Rosolino Pilo, Giacinto Carini (tutti e due di 27 anni). Ruggiero Settimo era stato messo alla presidenza del Comitato. Crispi, che faceva l’avvocato a Napoli e aveva 29 anni, s’era imbarcato per la Sicilia il giorno 13. La diplomazia premeva perché la finissero, il generale Di Majo, che comandava la guarnigione, mandò a chiedere al Comitato rivoluzionario che cosa volessero. Quelli risposero: Parlamento a Palermo e far funzionare la vecchia costituzione mai abrogata. Il re concesse che l’isola avrebbe avuto un’amministrazione sua e che i futuri funzionari sarebbero stati siciliani. Quegli altri insistevano che volevano parlamento e costituzione. Ripresero i combattimenti fino a che i borbonici furono cacciati dai trinceramenti del Molo, di Santa Lucia e dei Quattro Venti. Intanto s’erano rivoltati Messina e il Cilento.

E a Napoli? Erano cominciati subbugli pure a Napoli. La sera del 26 «il Giornale delle Due Sicilie, diretto da Filiberto Scrugli, esce a Napoli con intonazione chiaramente italiana» (Comandini). Il 27 «uno stuolo di mille e più sediziosi radunatisi lungo la strada di Foria si avanza con molto popolo prezzolato per le vie delle Pigne, de’ regi Studi e di Toledo, accresciuto da individui della guardia nazionale, gridando ovunque: “Viva l’Italia, Pio IX, il Re e la Costituzione”» (Del Pozzo). Comandini: «A Napoli nella mattinata una imponente dimostrazione con bandiera tricolore (celeste, rosso e nero) al grido “Viva Pio IX, viva l’Italia, evviva la Costituzione” va dal largo della Carità all’Università; il generale Statella, comandante le truppe, da prima trattienla, poi parla alla folla calmandola; e va a riferire al re le condizioni dello spirito pubblico. Il re ordina lo sparo dei tre colpi di cannone d’allarme e l’innalzamento della bandiera rossa sui forti».

Come mai «celeste, rosso e nero»? Erano i colori della carboneria. Del Pozzo scrive che, a sentire sparare da Sant’Elmo, i dimostranti si spaventarono e scapparono da tutte le parti. «La truppa esce da’ quartieri e percorre la città la quale rimane all’intutto deserta di popolo; le porte de’ palagi e le botteghe sono chiuse; tutto cangiasi in un momento in profondo silenzio e solitudine» . E però: «Intanto alcuni individui si presentano al Re chiedendo uno statuto» (Del Pozzo) e «Ferdinando accoglie poi domande scritte invocanti la costituzione. La sera radunasi presso il re il Consiglio di stato» (Comandini). Il governo viene destituito, il ministero della Polizia abolito e fuso con gli Interni. Ma, il giorno 28 (28 gennaio 1848), mentre il re «riceve cortesemente una deputazione di cittadini ai quali fa graziose promesse» (Comandini), a Catania si costituisce un Comitato generale presieduto dall’avvocato Merletto, e a Messina «i più autorevoli cittadini, per invito di Palermo, raccolgonsi nelle sale della Borsa e chiamano il popolo alle armi ». Ferdinando aveva già concesso una mezza autonomia all’isola, la Guardia civica, una nuova legge sulla stampa, l’amnistia. Nella notte tra il 28 e il 29 gennaio, «il Re, chiamato a consiglio il nuovo Ministero, intesi alcuni generali, discusse le urgenze e le timorose rimostranze, [...] promette infine di concedere pel bene pubblico e per la tranquillità del Regno uno statuto» (Del Pozzo).

La costituzione? Sì. Il re più disprezzato d’Europa, quello da cui andavano in vacanza gli zar di Russia… Aveva anticipato tutti. La costituzione sarebbe stata emanata entro dieci giorni sulle seguenti basi: «il potere legislativo apparterrà al Re con due camere, una di Pari eletti dal Sovrano, e l’altra di Deputati scelti dagli elettori: la Religione cattolica sarà la dominante, senza tolleranza di altri culti: la persona del Re sacra, inviolabile e non responsabile: la guardia nazionale sarà organizzata: la stampa libera, soggetta però a legge repressiva per tuttocciò che può offendere la Religione, la Morale, l’Ordine pubblico, il Re, la Famiglia reale, i Sovrani esteri e le loro famiglie, nonché l’onore e gl’interessi particolari» .