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 2011  gennaio 19 Mercoledì calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 75 - LA RIVOLTA DEL SUD

Mi dia un esempio di questi voltafaccia. Ma, per esempio, Del Carretto, il capo della polizia. Da giovane aveva cospirato da carbonaro, poi aveva ferocemente perseguito i patrioti, adesso s’era a un tratto ammorbidito, andava in giro dicendo che bisognava capire, concedere… Re Ferdinando lo mise su una nave - che se ne andasse a Genova - ed ebbe la faccia tosta di tirar fuori di galera Carlo Poerio, il più prestigioso dei liberali, per nominarlo capo della polizia! Si può essere più scettici di così sul genere umano?

E Poerio accettò? Siamo nelle Due Sicilie, regno dell’inimmaginabile. Un re bigotto e scettico, una burocrazia tutta «corruzione, pigrizia, approssimazione, prepotenza, disordine» (Galasso). Con Reggio Calabria s’era quasi mossa (e venne subito spenta) Messina. Intanto - metà settembre - bisognava far partire dalla capitale tre colonne per prevenire moti in Abruzzo, nella Capitanata e nell’area Avellino-BovinoBari-Lecce. A Napoli - mentre si stanno celebrando i processi a quelli di Reggio (metà novembre) - «uno stuolo di giovinastri presso la Reggia di sera, terminando la banda musicale, si disperde gridando “Viva il Re, viva Pio IX”» , il 22 «alcuni borghesi e popolani all’una di notte si dirigono dal palazzo della Nunziatura verso quelli de’ Ministeri di Stato gridando: “Viva Pio IX, viva l’indipendenza italiana”; ivi però si disperdono» , quindi il 14 dicembre «un terzo tentativo di sconvolgimento ha luogo in Napoli in via Toledo, ad un’ora di notte con grida sediziose. Alcuni agitatori sono arrestati» ...

Chi parla? Cronaca di Luigi Dal Pozzo, anno 1857, integrata adesso da Giuseppe Galasso nel suo monumentale studio sul Regno delle Due Sicilie: «A Napoli manifestazioni anche il 24 come il 22 novembre, dinanzi alla Nunziatura con le stesse “grida sediziose”; agitazioni si ebbero nella capitale in quasi tutti i giorni seguenti; [...] al Luogotenente venne presentata una petizione al Re che, firmata da migliaia di cittadini, chiedeva la formazione della Guardia Nazionale...»

Il re? In quel momento il re diceva di no. Il 2 ottobre fece fucilare 47 persone. Molte altre erano state giustiziate a Gerace, dopo i fatti di Reggio. Fu allora organizzata una congiura per ammazzarlo mentre andava a Portici. Tutti scoperti. Gli archivi di polizia rigurgitavano di delazioni. Il popolo non riusciva a star fermo, correva all’impazzata in ogni direzione. Galasso: «Il movimento era più importante delle idee per le quali ci si muoveva e dei loro semplici contenuti».

Fino alla rivoluzione di Palermo. Siamo sempre nel regno dell’inimmaginabile. La rivoluzione venne annunciata con tanto di data e ora. Il 9 gennaio (9 gennaio 1848), un manifesto redatto da Francesco Bagnasco: «Il giorno 12 gennaio, all’alba, comincerà l’epoca gloriosa dell’universale rigenerazione» . Il giorno dopo, altro manifesto che confermava l’appuntamento del 12, precisava che l’adunata era prevista in piazza della Fieravecchia, avvertiva che qualunque altra indicazione di luogo doveva intendersi come manovra della polizia. I borbonici non ci volevano credere. Invece il 12, giorno di compleanno del re, ecco effettivamente i ribelli in azione, alla Madonna del Cassero Pietro Amodeo spara un colpo in aria, l’avvocato La Masa di anni 28 pronuncia un gran discorso, suonano le campane di Sant’Orsola e della Gancia, le botteghe chiudono in fretta, cominciano i combattimenti, la cavalleria regia nelle vie di Toledo e Maqueda è dispersa, arriva altra gente da Misilmeri, Villabate, Termini, Monreale, Parco, Roccadifalco, Belmonte, vengono occupati i commissariati di polizia, l’Ospedale San Francesco da Paola, il palazzo di Giustizia, la caserma di Santa Civita vicino a Porto San Giorgio. Sorprendono un procaccia dello stato con 26 mila scudi e lo rapinano. Altri soldi si ottengono da una sottoscrizione che frutta seimila ducati. Si costruiscono le barricate. Il giorno 14 aderiscono alla rivoluzione i potenti locali, il magistrato municipale, il pretore borbonico, il corpo decurionale. Viene calmierato il prezzo del grano, il barone Tasca apre i magazzini perché il popolo si serva. Il 16 arrivano da Napoli cinquemila soldati, invadono la città, bombardano dal mare con nove navi. Fuga generale dei ribelli nelle campagne vicine, ma quelli che non si spaventano pigliano due cannoni, ne armano un altro portato da Bagheria (roba del 1820), e controbombardano i borbonici. Altre armi erano state fornite da una nave inglese nel porto. Gli inglesi stavano dalla parte dei ribelli? Gli inglesi avevano cattivi rapporti con Ferdinando. Ferdinando aveva tentato di farli fuori nel commercio degli zolfi facendo un accordo in esclusiva con una compagnia francese. Erano storie di dieci anni prima, ma che a Londra non avevano dimenticato. Gli inglesi spingevano i siciliani sulla via da loro preferita, quella dell’indipendenza da Napoli.