BRUNO QUARANTA, Tuttolibri La Stampa 19/2/2011, 19 febbraio 2011
A colazione con Boris Biancheri
“Anche a me è apparso un Gattopardo” - Infine accade che ci si sieda a tavola con un ambasciatore. Al Narratore, nella Recherche , tocca quando ancora andava a giocare agli Champs-Elysées. «La prima volta che Norpois pranzò in casa nostra...». Il marchese Norpois, il diplomatico stimato da Bismarck per la sua intelligenza. Nell’Italia 2011, dell’ambasciatore si è ospiti, in Palazzo Clerici, secentesca-settecentesca dimora milanese affrescata da Tiepolo, ora sede dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), di cui è presidente Boris Biancheri, tra le feluche che hanno illustrato il Bel Paese nel mondo. Madre russa, padre ligure, vocato quindi ad abitare sia l’immensità, sia l’osso di seppia, scoprendo nell’albero genealogico la diplomatica vocazione del cittadino universale, Boris Biancheri è tra gli ultimi ambasciatori-umanisti, diplomazia e letteratura strettamente correlate, la diplomazia che è «accordare il mondo», la letteratura che è - una lezione calviniana - «legiferare il caos». Lo studio di Boris Biancheri è «spazioso ed elegante» come quello del Presidente, la figura estatica e ferma di respiro casoratiano intorno a cui lievita L’elogio del silenzio , romanzo fresco di stampa, permeato di pensiero, cucito con il filo di una logica tenace, la clarté avant tout. Sull’ambasciatore vigila il ritratto di Cavour, il demiurgo che contraddice i Gattopardi, il Principe Salina e i suoi epigoni, fedelissimi interpreti dell’adagio: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Ambasciatore, Lei discende per li rami di Tomasi di Lampedusa, ne è il nipote. «Morì nel 1957. Ebbi modo di conoscerlo. Andavo a trovarlo nella dimora di Palermo. Un uomo misterioso, di una cultura smisurata. Non fece nulla per l’intera vita. Solo negli ultimi tre, quattro anni agì, dando frutti copiosi e sublimi: dal Gattopardo alle lezioni di letteratura francese e inglese ad uso di una ristretta cerchia amicale. In breve tempo componendo millequattrocento pagine...». E’ un Gattopardo il suo Presidente: «Sognava un mondo immobile». In un libro precedente, «L’ambra del Baltico», lei osservava che il Gattopardo prefigura «la rovina non di una città ma di un’isola intera». Forse di un Paese, il nostro? «Forse dell’intero Vecchio Continente. L’ Economist , nei mesi scorsi, non ha esitato a definire gattopardesca la situazione dell’Europa». «Il Gattopardo» e l’Europa... «L’editore Grasset ha lamentato un vuoto nella cultura francese. Manca un’opera che rischiari la parabola di Tomasi di Lampedusa. Me ne ha chiesto la biografia. Ho tergiversato, tergiverso. L’esistenza di un signore tanto a lungo inesistente... Ma l’impresa mi tenta, potrebbe essere l’occasione di risalire l’albero genealogico». Risaliamolo... «Ebbene. Arrivai a Tomasi di Lampedusa attraverso la nonna materna. Era una famosa cantante di musica da camera, fine Ottocento. Brahms compose per lei quattro lieder. Aveva trentadue anni quando, accompagnata da Brahms, si esibì alla corte di Vienna. Sposato un gentiluomo baltico, si trasferì a Stomersee. Ma lì si annoiava. Chiese a nonno Boris di portarla a Pietroburgo, lei abituata alle capitali, ai teatri, ai salotti. Ne frequentava la casa un diplomatico italiano. Nacque l’amore, pare casto. Morto Boris nel 1917, la nonna si risposerà. Il nuovo marito, Pietro Tomasi della Torretta, era lo zio di Tomasi di Lampedusa. La sorella di mia madre ne diverrà la moglie». Sua madre, a sua volta, sposerà un diplomatico ligure. La Liguria degli scrittori... «Francesco Biamonti e Nico Orengo. Biamonti, ovvero un visionario supremo del paesaggio. E Orengo. Ero amico del padre, Vladi. Vedevamo quel ragazzo correre sulla spiaggia. Vladi si domandava: “Che cosa ne sarà di lui?”. Nico si rivelerà un’anima irrefrenabile ed autodistruttiva». Nico amava la natura come Felix, il deuteragonista dell’« Elogio del silenzio». Felix appassionato di insetti e, fra gli insetti, in primis, di farfalle. Kafka, Nabokov... «Ai vertici nella mia biblioteca. Kafka è il silenzio, l’artefice e il custode della parola necessaria. Nabokov mi attrae come tutti coloro che hanno conosciuto l’esilio: da Brodskij a Auden. E poi: ci ha dato il più bel libro d’amore dell’ultimo secolo e mezzo, Lolita . Un amore non eterodosso, “insolito”? Appunto. Potrebbe forse scuoterci una coppia borghese che ha percorso le stagioni mai conoscendo un’increspatura?». Il Presidente del romanzo sarà ammazzato. La morte violenta e la sua fedeltà somma al «quieta non movere» richiamano alla memoria Moro, la tragedia di Moro annunciata da Sciascia. «Indubbiamente è un personaggio moroteo. Come Sciascia è tra gli autori - pochi - del Novecento italiano che ammiro: con Tomasi di Lampedusa, Pirandello, Cesare Pavese. Avevo una ventina d’anni quando uscì Il mestiere di vivere . A lungo ho pensato di modellare un assetto intellettuale su quel diario. Nel segno di un’inquietudine che sento profondamente mia, la spinta che inesorabilmente conduce a cambiare, fisicamente e intellettualmente. La stessa dimensione dell’esilio mi è affine per questo motivo. Ho alle spalle ventisette traslochi, dalla Grecia a Tokyo, da Londra a New York... A proposito...». A proposito? «Un libro che mi è specialmente caro: Sotto il vulcano di Malcolm Lowry. Vi si narra di un console che approda in un luogo immaginario, non propriamente un esilio, ma è come se lo fosse. Finirà in burrone, ve lo butteranno. Ecco: è la prima volta che stabilisco un nesso. Il destino del console è simile a quello di Bendicò, il cane del Gattopardo , che troverà riposo in un mucchietto di polvere livida, suggellando la rovina di un’epoca». La tecnica di governo del suo Presidente era «sopire...». Un verbo manzoniano, il Conte zio... «Manzoni non lo rileggo da chissà quanto. Mi è capitato di riaprirlo per effettuare un controllo: la tale citazione, il tale episodio...». A signoreggiare nel suo scaffale è invece Chateaubriand. Il Barone, nell’«Elogio del silenzio», ne fa omaggio a Felix. «Straordinaria la sapienza di Chateaubriand. Ha raccontato il mondo con equilibrio, cura e imparzialità. Le Memorie d’oltretomba - lo affermo nell’ Elogio - sono le più grandi e illuminanti dopo l’età classica. Non c’è pagina che non contenga una profezia, non c’è rigo che non abbia in sé un insegnamento». Profezie. Lei è stato presidente della Fieg, la federazione editori giornali. Di Felix, che succederà al Presidente, nell’« Elogio» si dice: «Anche lui odiava i giornali». «Il futuro dei giornali? La domanda mi suggerisce una riflessione su comunicazione-democrazia. Da Wikileaks ai tea party americani alle elezioni di vario genere che si succedono di continuo in Europa. E’ la comunicazione di massa a dettare l’agenda, via via oscurando, mettendo in secondo, terzo piano le esigenze della politica. Come arrivare a una conciliazione, a un equilibrio?». Chateaubriand, un diplomatico. Ulteriori diplomaticiscrittori che considera? «Il console Stendhal, va da sé, Saint-Exupéry, Paul Morand. E Malraux: lo incontrai, un politico-comédien, un avventuriero (in politica)». Felix sulle orme del Presidente sino a un certo punto. Allorché si imporranno, sospingendolo a levarsi la maschera del potere, le domande insopprimibili: «Cosa è la libertà? Cosa è la verità?». Si medita (anche) sul nostro Paese avanzando nell’«Elogio». Come lo valuta, Lei che lo ha scrutato da lontano e da vicino? «Eccezion fatta per i beni di lusso, è migliore di quanto non si creda, in ogni campo». «Il mondo non può cambiare faccia in maniera indolore - affermava Chateuabriand -. Ma non saranno singole rivoluzioni; sarà la grande rivoluzione che va verso il suo compimento...». «E’ l’idea russa...». Le si può affiancare la certezza crociana, secondo cui la storia è storia della libertà. Conviene? «Mi piace, mi piacerebbe crederlo».