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 2011  febbraio 21 Lunedì calendario

«GAY E SUCCUBE DELLA MADRE». IL DURO HOOVER SECONDO CLINT — J

Edgar Hoover, il primo direttore dell’Fbi, avrebbe pagato molto per avere un caso come il Rubygate. Minorenni, stelline, prostitute, donne in vendita, ricatti, filmati, politici, passioni e debolezze sessuali. Lui ci ha costruito il suo potere e la sua fama guidando il Bureau dal 1924 al 1972. Teneva le persone in pugno con dossier, bisbigli, pettegolezzi, foto compromettenti e buone informazioni. Ma era ben attento a proteggere i suoi affari personali. Hoover non voleva essere messo in discussione. Era lui a condurre il gioco. Teneva sotto scacco i presidenti, dava la caccia ai comunisti, metteva in galera i banditi e teneva d’occhio il dissenso. Con la legge o senza. Una scheda «confidential» ed eri segnato per sempre. Adesso Hollywood, in qualche modo, risponde. Clint Eastwood sta girando un film dedicato alla vita di Hoover dove si rilancia la teoria che il direttore dell’Fbi fosse gay, legato da un complesso rapporto con il suo assistente, Clyde Tolson. Il grande Clint però non vuole buttarla sullo scandalo: l’omosessualità del super poliziotto sarà trattata senza cadere negli stereotipi. O meglio, questo è quello che promettono. Per il ruolo di J. Edgar è stato scelto Leonardo DiCaprio, Armie Hammer è Tolson e l’affascinante Naomi Watts veste i panni di Helen Gandy, la segretaria personale di Hoover. La sceneggiatura è invece curata da Dustin Lance Black, un nome che dovrebbe essere una garanzia per un film di livello. Sulle inclinazioni sessuali di Hoover si è sempre speculato. Già negli anni 40 c’era chi osava alludere. Ma senza farsi sentire troppo perché lui— il boss— avrebbe potuto reagire in modo duro. Una biografia, uscita nel 1993, ha raccontato persino di un Hoover in abiti da donna e tacchi alti per partecipare a orge omosex. Rivelazioni che gli estimatori di Edgar hanno sostenuto fossero calunnie. Magari di qualcuno all’interno dell’agenzia che aveva un conto aperto con il capo o non era stato promosso. I dirigenti dell’Fbi, ovviamente, hanno sempre negato dando la colpa ai tabloid: hanno buttato fango, sono tutte invenzioni, spazzatura diffusa da criminali. A tanti è parso strano il modo di comportarsi di Hoover con Clyde Tolson, per lungo tempo il suo vice. Sempre insieme, al Bureau come in vacanza, al ristorante e nei locali alla moda. Vestivano in modo uguale e pensavano in modo uguale. Li hanno anche sepolti vicini. Una macchina da guerra impegnata nella difesa della sicurezza americana e del potere più grande, «la conoscenza dei fatti» . Una coppia capace di distruggere i nemici degli Stati Uniti ma anche chi era considerato pericoloso o scomodo. Raccoglievano una «storia» attraverso una fonte o con una vera indagine, poi la usavano al momento opportuno. E’ così che avrebbero messo in giro la voce che il candidato Adlai Stevenson fosse gay. E ancora peggio hanno fatto sul conto della first lady Eleanor Roosevelt. Avevano messo insieme un file compromettente su una sua presunta relazione lesbo. Ora che è passato tanto tempo, la mano di Eastwood proverà a tracciare un profilo inedito. Dopo tonnellate di film sul coraggio dei G-Men— gli agenti con la pistola— chiamati a dare la caccia a gangster e spie, l’obiettivo indagherà sul presunto grande segreto di Hoover e anche sui rapporti tra l’agente numero uno e sua madre. Nulla di strano, se non fosse che hanno atteso così tanto.
Guido Olimpio