Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 20/2/2011, 20 febbraio 2011
TRANI: GIUDICARLO È (QUASI) IMPOSSIBILE
La solita smentita che non smentisce arriva all’ora di pranzo. A raccoglierla prontamente è l’agenzia di stampa Ansa. Dopo avere letto sul Fatto Quotidiano di ieri la notizia che la Procura di Roma ha chiesto di utilizzare le intercettazioni telefoniche dell’indagine di Trani per sostenere l’accusa contro Silvio Berlusconi, l’Ansa, invece di prendere atto, pubblica una nota surreale che cerca di smentirla. Senza riuscirci. Eppure non è difficile capire la portata della novità segnalata ieri dal nostro giornale: la Procura di Roma si è convinta che le telefonate del premier, per fare pressioni sui vertici dell’Agcom nel-l’autunno 2009 al fine di ottenere la chiusura di Annozero, sono penalmente rilevanti. Dopo la mossa della Procura di Roma, che ha chiesto al Tribunale dei ministri di chiedere a sua volta alla Camera di utilizzare quelle telefonate la possibilità di una richiesta di rinvio a giudizio per il premier è più vicina.
LA NOTA dell’Ansa nega questa realtà affermando che: “Nessuna decisione è stata presa dalla Procura di Roma in merito alla vicenda delle presunte pressioni che sarebbero state esercitate da Silvio Berlusconi sulla presidenza di Agcom per la sospensione del programma Annozero. Lo affermano fonti di Piazzale Clodio. Il premier è indagato per minacce e concussione. Al vaglio degli inquirenti ci sono le risultanze dell’indagine svolta dal Tribunale dei ministri ed, a breve, anche la trascrizione di alcune telefonate intercettate”. La nota anonima delle “fonti di piazzale Clodio” dell’Ansa (un’agenzia di stampa che dovrebbe cercare le notizie e non pubblicare smentite anonime) continua così: “Dopo la conclusione degli accertamenti fatti dal collegio competente per i reati ministeriali gli atti sono tornati alla Procura per le conclusioni di rito: queste potranno essere la richiesta di rinvio a giudizio dell’indagato o l’archiviazione del procedimento”.
L’Ansa, indotta in errore dalle sue fonti, non sa che:
1) gli atti dell’indagine su Berlusconi sono tornati in Procura dal Tribunale dei ministri ormai tre mesi fa;
2) le trascrizioni delle telefonate sono state fatte dalla Guardia di Finanza di Bari e sono nel fascicolo da quasi un anno;
3) le richieste possibili da parte della Procura di Roma, oltre alle due sopra descritte (archiviazione o giudizio) ne includono una terza: la richiesta di utilizzazione delle intercettazioni alla Camera dei deputati;
4) proprio questa è stata la scelta fatta, dopo un’attenta e ponderata discussione durata tre mesi, dalla Procura di Roma.
Ergo, come ieri è stato scritto dal Fatto (e non smentito dal procuratore Giovanni Ferrara) la Procura di Roma ha chiesto al Tribunale dei ministri di inoltrare al Parlamento la richiesta di utilizzare le telefonate del presidente del consiglio nel procedimento pendente contro di lui. Un atto quest’ultimo che, pur non rappresentando una richiesta di rinvio a giudizio segnala un’intenzione che va in quella direzione.
Per capirlo bisogna ripassare un po’ di procedura penale. L’indagine per concussione e minacce a corpo dello Stato nei confronti del premier ha di fronte a sé una strada lunga e tortuosa. Ora il fascicolo sta per planare a via Triboniano nel palazzo del Piacentini dove ha sede il tribunale dei ministri. I tre giudici che lo compongono la prossima settimana cominceranno a studiare il caso.
LA PROCURA in questa strana procedura ha solo la possibilità di chiedere ma sarà ora il Collegio dei reati ministeriali a decidere se inoltrare la richiesta di utilizzazione delle telefonate di Silvio Berlusconi, captate sull’utenza di Giancarlo Innocenzi nel 2009. I tre giudici conoscono tutte le carte ma probabilmente bisognerà attendere un mese per la decisione. I componenti del collegio infatti sono "giudici part-time" costretti a occuparsi delle questioni ministeriali solo una volta a settimana mentre nei restanti giorni continuano a far fronte alle loro cause ordinarie. Il presidente Eugenio Curatola e il secondo componente del Collegio, Alfredo Sacco, sono impegnati quotidianamente da una montagna di cause civili alla seconda sezione del Tribunale di Roma. Mentre il terzo componente, Pier Luigi Balestrieri, è il Gip di Tivoli che sta seguendo un difficile processo per omicidio. Se i tre giudici confermeranno (come è probabile) la richiesta della Procura di Roma, la palla passerà al Parlamento e per l’esattezza alla Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. La stessa Giunta che ha bocciato la richiesta di autorizzazione alla perquisizione del ragionier Spinelli, ufficiale pagatore di Silvio Berlusconi nel caso Rubuy, con tre voti di scarto. La decisione finale sulle telefonate di Berlusconi nel caso Agcom però sarà dell’aula . E solo se - con una decisione a sorpresa - la Camera concedesse l’autorizzazione all’uso delle telefonate, il fascicolo tornerebbe alla Procura per ripartire con la solita trafila. I pm romani dovrebbero a quel punto chiedere il rinvio a giudizio e il tribunale dei ministri potrebbe richiedere nuovamente alla Camera l’autorizzazione. Stavolta non per usare le telefonate ma per processare Berlusconi. Tra il Cavaliere e il processo insomma ci sono ben quattro passaggi parlamentari che lo mettono al riparo da sorprese. Il presidente del consiglio non rischia la galera per l’inchiesta nata a Trani. Al massimo, se fosse salvato dalla Camera con il diniego all’uso delle intercettazioni, rischierebbe la faccia. Ma quella l’ha già persa.