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 2011  febbraio 20 Domenica calendario

IO LA TRIBÙ E L’UTOPIA

Appena tornata da Berlino, Luciana Castellina è in partenza per Bari. Per le 24 ore romane ha in programma: l’intervista con noi, una seduta di agopuntura, una strigliata ai redattori di cinemaeuropa.org, il quotidiano online di cinema che dirige, il pranzo con Ginevra Bompiani per definire le presentazioni della sua ultima fatica, e, se ce la fa, un drink con l’idraulico dell’editrice a cui «il libro è piaciuto moltissimo». Un’agenda degna di una manager della City, che l’ottantunenne fondatrice del «Manifesto» – che ha appena pubblicato per Nottetempo il suo diario di «iniziazione politica» La scoperta del mondo – spiega così: «Se non fossi sempre in attività mi sparerei: non è vero Fefè?». Il cagnolino che le tiene compagnia nel luminoso appartamento dei Parioli drizza le orecchie ed emette uno verso a metà tra uno starnuto e un abbaio: è pazzo di lei. Nulla di sorprendente. La sua padrona, con quegli occhi nocciola da cerbiatta e l’ardore della rivoluzionaria, tra le sedi del Pc e del Pdup, via Tomacelli e il Parlamento europeo, ha conquistato «compagni» e avversari di tutto il mondo.

L’appartamento ne conserva ancora le tracce: «Vedi quel bel manifesto?», chiede indicando il poster di una festa dell’Unità degli anni Quaranta, «l’ha disegnato un mio ex fidanzato e me l’ha regalato quando ho fatto 80 anni».

Chissà se anche lui partecipa al Natale di casa Castellina. È tradizione, infatti, che per le sante festività ex mariti, fidanzati, nuove mogli, figli naturali e non, si riuniscano tutti intorno alla tavola della giornalista. «Ricordo che qualche anno fa la nipotina dell’attuale moglie di Alfredo (Reichlin, ex marito di Castellina e padre dei suoi figli, ndr), già compagna del figlio di un mio ex fidanzato, è andata da mia madre e le ha chiesto: "Nonna mi spieghi io e te come siamo parenti?". Lei rispose: "Siamo parte della stessa tribù, piccola"».

Luciana Castellina è convinta che la tribù «sia un’evoluzione della famiglia», un «segno di civiltà». Il primo marito, ex dirigente del Pci e attuale membro della direzione del Pd, Alfredo Reichlin, compare per la prima volta in La Scoperta del mondo e nella vita di Luciana nel febbraio del 1944, quando con Luigi Pintor fa irruzione al Liceo Tasso e minaccia con la pistola il preside che voleva impedire lo sciopero degli studenti. «Mi sono innamorata di Alfredo perché era bello e intelligente – racconta –, anche se all’inizio non mi fidavo di lui: lavorava all’Unità, quella che chiamavamo la "marina del Partito", noi della Fgci eravamo la "fanteria", i plebei, e avevamo una grande diffidenza nei confronti degli intellettuali». Poi è arrivata la fiducia, e con essa il desiderio di avere figli: «Sentivo l’urgenza della maternità perché avevo il terrore che potesse succedermi qualcosa da un momento all’altro», spiega. «Poiché allora non c’erano figli senza matrimonio, sposai il cronista dell’Unità».

Da quell’unione comunista sono nati due assi del libero mercato: Pietro, che insegna economia alla Luiss di Roma e scrive di mercati finanziari, e Lucrezia Reichlin, membro del cda di Unicredit e docente alla Lse di Londra. I genitori avevano per loro altri progetti: «Negli anni Settanta, a un certo punto, cominciammo a pensare che per essere buoni politici bisognava saperne di economia: Lucrezia studiò a Modena, perché la facoltà era focalizzata sull’economia politica mentre Roma era legata al commercio». Solo che invece di diventare la nuova generazione della sinistra italiana, Pietro e Lucrezia sono oggi due economisti fedeli al mercato: «Litighiamo spesso, più con Pietro che con Lucrezia: la questione di genere c’è anche tra madre e figlio».

È per i nipoti, i due figli di Pietro, e la piccola cinese figlia di Lucrezia («ha aumentato il livello di internazionalità in famiglia», dice) che Castellina ha trasformato il suo diario di adolescenza in un libro di 266 pagine che raccoglie tutto l’entusiasmo, la freschezza e la paura di una bambina che vedeva il mondo cambiare. «Voglio che sappiano come vivevo io e a cosa pensavo quando avevo la loro età», spiega. Nel diario c’è l’amicizia con Anna Maria Mussolini, la confusione per un’Italia dove i confini tra fascismo e antifascismo sono ancora labili, l’odio per i tedeschi e per le amiche della nonna che aspettano la fine della guerra giocando a bridge, la scoperta del partito, i viaggi in autostop e i rimproveri di Giuliano Pajetta. E c’è il seno che non vuole spuntare: «Le tette sono il dramma della mia adolescenza, una frustrazione che mi ha perseguitata fino ai 16 anni: ai primi balli del dopoguerra ero una solo una "piatta" con cui nessuno voleva ballare». Il libro si chiude con l’iscrizione «vera e propria» al Pci, che arriva nel 1947. «Da quel momento in poi, le vicende che accadono smettono di essere la mia storia: diventano una storia collettiva, un progetto che va oltre le individualità, la narrativa di un gruppo». Tanto che il legame sentimentale con Lucio Magri, «un compagno con cui condividevamo idee e cause», come il rapporto con Rossana Rossanda, «una donna molto rigorosa e seria ma con un lato profondamente tenero e dolce», sembrano più legati al Leviatano che fu il «Manifesto» che a relazioni intime, uniche. Non trattiene la gioia ricordando quei tempi difficili: «La nostra giovinezza è stata più felice di quella dei miei figli, per non parlare di quella dei miei nipoti: eravamo al centro di una rivoluzione, tutto era possibile». La frase «un altro mondo è possibile» è oggi lo slogan dei social forum che Castellina segue, da dirigente Arci, in tutto il mondo. «Siamo tornati all’utopia», dice. Ma, alla faccia della società liquida e della democrazia su internet, Castellina una soluzione ce l’avrebbe. E si chiama Partito.