Sergio Luzzatto, Il Sole 24 Ore 20/2/2011, 20 febbraio 2011
«SE NON ORA QUANDO» E PRIMO LEVI
Fra le tante cose belle della manifestazione, che ha visto scendere in piazza – domenica scorsa – donne e uomini
d’Italia offesi dalla sozzura delle nostre cronache politico-giudiziarie, è stata la scelta dello slogan: Se non ora, quando? Felicissima scelta, e non solo perché lo slogan si è rivelato, alla prova dei fatti, efficace nel mobilitare centinaia di migliaia di persone. La scelta è stata felicissima anche perché ha rappresentato un omaggio, trasparente quanto estemporaneo e originale quanto giudizioso, alla figura e all’opera di Primo Levi.
Impossibile sapere, naturalmente, quanti fra gli italiani scesi in piazza abbiano letto il romanzo eponimo, pubblicato da Einaudi nel 1982. Ma questo, al limite, conta poco. Conta di più la fondamentale corrispondenza – foss’anche per una postuma eterogenesi dei fini – tra lo spirito della manifestazione di domenica e il messaggio del romanzo di Levi. Romanzo dedicato a tutt’altre faccende che le fornicazioni lecite o illecite di un presidente del Consiglio della Repubblica italiana: alla resistenza contro il nazifascismo di un pugno di ebrei ashkenaziti scampati alla Soluzione finale. Eppure romanzo che contiene, quasi ad apertura di pagina, citazioni che sembrano fatte apposta per parlare all’Italia di oggi.
«Non siamo diventati partigiani per le nostre idee politiche», si legge in un dialogo di Se non ora, quando?; «combattiamo soprattutto, perdonami la parola grossa, per dignità». Sono parole che potrebbero essere state pronunciate dai manifestanti italiani di domenica scorsa. Anzi: sono parole (a cominciare dalla «parola grossa») che quei manifestanti hanno pronunciato per davvero.
Se non ora, quando? è l’unica opera di Levi dove i personaggi femminili abbiano un rilievo comparabile a quello dei personaggi maschili. E anche questo suona giusto, viene a taglio per l’Italia di oggi, segnata da un nuovo protagonismo delle donne. Così, un quarto di secolo dopo la sua morte, Primo Levi – lo scrittore della dignità – ci parla, ci raggiunge, ci accompagna verso l’uscita del baratro in cui siamo caduti.