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 2011  febbraio 20 Domenica calendario

SALE LA PRESSIONE SULLA MONETA RUSSA

Ha fatto una corsa rapidissima. Da novembre 2010 è salito del 7% in termini nominali, e dell’11% in termini reali. Da inizio anno è la valuta che si è più apprezzata al mondo. Il rublo sembra non doversi fermare, anche se la Russia, in realtà, zoppica un po’.

È un po’ un paradosso, che solo la domanda di materie prime può spiegare. Non certo l’andamento dell’economia: la crescita - ricorda Jacob Nell di Morgan Stanley - ha deluso nel terzo trimestre del 2010, quando ha rallentato al 2,7% dal 5,2%, a causa di un cattivo raccolto e pesanti deflussi di capitali finanziari; è poi tornata ad accelerare nel quarto trimestre, ma il ministero dell’Economia ha stimato che la sua misura approssimata per la crescita si è ridotta dello 0,3% a gennaio.

L’inflazione è inoltre a livelli molto alti e minaccia di crescere: i prezzi degli alimentari ormai sono in rialzo del 12,9% annuo e l’indice complessivo del costo della vita raggiungerà presto le due cifre, a gennaio era già al 9,6 per cento. Questo surriscaldamento ha un’immediata conseguenza: il costo del credito dovrà salire, e rapidamente.

Il mese scorso, sorprendendo tutti, la banca centrale ha però lasciato i tassi invariati, al 7,75%, preferendo aumentare la riserva obbligatoria, la quota di depositi che le aziende di credito devono "parcheggiare" presso l’autorità monetaria. La Russia, tuttavia, non è la Cina dove queste misure sono ancora le più efficaci. «Secondo noi questa mossa avrà poco effetto sia sul livello di liquidità, e quindi sui tassi di mercato, sia sul ritmo di crescita dei prestiti», spiegano Antoliy Shal e Michael Trounce di JPMorgan, che prevedono quindi un rialzo dei tassi di 1,25 punti percentuali quest’anno.

L’economia è in ogni caso squilibrata e la politica monetaria in difficoltà. Tutto questo si traduce in pressioni contrastanti sul rublo, che la banca centrale vuole mantenere in una fascia compresa tra 33 e 37 (contro un paniere di valute). Ora è vicino quota 34, un livello di allarme che richiede quindi interventi sul mercato, l’accumulo di nuove riserve valutarie, già vicine ai 500 miliardi di dollari, e nuove, imperfette sterilizzazioni della liquidità così creata.

È una situazione non facile da gestire, quindi, e gli analisti sono infatti divisi. Il governatore Sergei Ignatyev ha parlato di un aumento dei tassi «molto probabile» per il 28 febbraio e Nell si aspetta quindi, «con grande convinzione», una stretta sia sul costo del credito che sulle riserve. Altri sono più cauti, soprattutto dopo l’annuncio - da parte del governo - di misure amministrative per contenere l’aumento dei prezzi, soprattutto sull’energia. Questa mossa potrebbe dare alla Banca centrale un po’ di tregua, almeno nel breve periodo. Restar fermi di nuovo può rivelarsi un azzardo, ma l’economia sta lanciando segnali discordanti. La produzione industriale di gennaio è salita fortemente, e il settore delle costruzioni ha fatto a dicembre, dopo mesi di stasi, un forte balzo; le importazioni sono aumentate, ma la domanda al consumo resta frenata dagli aumenti dei prezzi di beni importanti come gli alimentari e i carburanti e malgrado il forte aumento nominale dei salari (+10%).

Un’inflazione così alta richiederebbe sicuramente maggior determinazione, ma la stabilità dei prezzi, per la Russia, è un po’ un miraggio... Il destino del rublo dipenderà allora, malgrado l’illusione di Mosca di governare il cambio e l’economia, dagli investitori stranieri. Il loro orientamento «è mutevole - aggiunge Nell - dopo la cancellazione di tre offerte pubbliche iniziali, le Ipo di Chelpipe, Koks e NordGold - e l’annuncio della Barclays che uscirà dal mercato retail dove ha perso 244 milioni di sterline». Se le pressioni al rialzo dovessero calmarsi, quota 34 reggerà, come credono molti analisti; se invece la banca centrale, continua Nell, fosse costretta ad ampliare la banda di oscillazione, per esempio a 32-38, un ulteriore apprezzamento verso 32,5 è possibile.