Il Sole 24 Ore 21/2/2011, 21 febbraio 2011
È IL TRIONFO DELLA LEGGE DEL RINVIO
Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di questi è il regno dei cieli (Matteo, 5, 10). Se alla massima evangelica c’è da prestare fede, significa che gli italiani si candidano per un posto in Paradiso. Nel frattempo, però, si scaldano alle fiamme di un inferno sempre più rovente. La giustizia civile è sempre più un’autentica sciagura nazionale. Anche se a guardare i notiziari a reti unificate l’emergenza sembrerebbe un’altra: processo penale, anzi un unico processo, quello a Silvio Berlusconi. Ma per un giorno mettiamolo da parte, e proviamo a recitare la lezione che ci impartiscono le cifre.
Primo: l’arretrato non arretra. Nella relazione del presidente della Cassazione durante l’apertura dell’anno giudiziario affiora un dato stabile: 0,8% in meno di procedimenti pendenti dal giugno 2009 al giugno 2010. Ma se puntiamo i riflettori sulle corti d’appello il saldo è tutto in rosso, perché da quelle parti il contenzioso civile lievita del 4,8%. Poi, certo, in Italia i numeri sono sempre ballerini, dipende dall’orchestra: quella diretta dal ministro Alfano suona una musica più allegra, con l’arretrato in flessione del 3,8%. Il motivo sta nel periodo di riferimento, che nel caso di specie si limita a un semestre (quello con la performance migliore).
Secondo: le riforme non riformano. Eppure nel luglio 2009 è entrata in vigore la revisione del processo civile, salutata a colpi di cannone dal governo. Ma evidentemente i cannoni hanno sparato a salve. Come mostra per esempio il flop del rito sommario di cognizione, che avrebbe dovuto rendere più agili le cause devolute al tribunale in composizione monocratica: fin qui la sua applicazione viaggia sotto il 10% delle nuove controversie. Per venirne a capo dovremmo usare le forbici invece del cucchiaio, dovremmo tagliare, non aggiungere. Forbici sui procedimenti civili, dato che se ne contano in tutto 34, ciascuno con il suo tratto fisiognomico, con i suoi tic, con la sua lingua ostrogota. Forbici sui nostri 1.292 tribunali, perché la dispersione è in sé una disfunzione. Forbici sulle troppe regole vigenti, che alimentano l’insicurezza dei rapporti giuridici, e alimentano il contenzioso. Dopotutto il nostro paradosso è questo: il vuoto di diritto deriva in realtà da un recipiente troppo pieno.
Terzo: a ogni avvio corrisponde un rinvio. Ne è prova l’istituto della conciliazione obbligatoria, che avrebbe dovuto rullare sulla pista il 20 marzo prossimo. Invece il milleproroghe ne ha rinviato il decollo al 20 marzo 2012: campa cavallo. Per quale ragione? Perché se in Italia la giustizia cammina a passo di lumaca, le lobby corrono da sempre come lepri, e alla fine della corsa bloccano la strada all’avversario. Veto players, ecco il loro nome di battesimo. E in questo caso l’altolà giunge dagli avvocati, che non hanno alcuna voglia di lasciare un posto in tavola agli ultimi arrivati, i mediatori civili. Sicché il governo ha mediato a propria volta, senza cancellare la riforma, cancellandone però l’applicazione.
Diceva Rivarol: «Non aver fatto nulla è un terribile vantaggio, ma non bisogna abusarne». E infatti il IV gabinetto Berlusconi non ne abusa. Ma sta di fatto che le sue energie si rivolgono verso altri traguardi, meno pedestri delle baruffe giudiziarie che gli italiani innescano sul pianerottolo di casa o tamponando in autostrada. Quali? La separazione delle carriere fra giudici e pm, la responsabilità dei magistrati, il doppio Csm, le immunità della politica. Venerdì scorso il consiglio dei ministri ha approvato, unanime, la relazione del ministro Alfano sulla riforma costituzionale della giustizia. E il testo normativo? Rinviato al prossimo consiglio dei ministri. Eccola infatti l’unica legge sempiterna in materia giudiziaria: la legge del rinvio.