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 2011  febbraio 20 Domenica calendario

LONDRA E LA SCHEGGIA DI CRISTALLO. IL GRATTACIELO SENZA PARCHEGGI

Solo 42 posti macchina, la metà dei quali per i portatori di handicap: è forse questa (al di la della trasformazione dello skyline urbano) la rivoluzione eccellente prodotta dalla Scheggia di Cristallo, the Shard of Glass, il nuovo grattacielo che Renzo Piano ha firmato a Londra, ottantasette piani per 310 metri di altezza che crescono al ritmo di 30 centimetri all’ora e che saranno pronti nel 2012. Ma l’architetto genovese, attualmente impegnato nella creazione dei primi tre edifici del nuovo campus della Columbia University e nella nuova Biblioteca di Atene, non sembra stupito più di tanto di questa apparente limitazione: «Fin dall’inizio, anche grazie all’insistenza dell’allora sindaco della città, Ken Livingstone il "Rosso", non abbiamo voluto parcheggi — dice —. Anche perché più se ne costruiscono, più macchine arrivano. A Londra l’hanno capito, forse bisognerebbe che cominciassimo a capirlo anche in Italia» . D’altra parte persino nell’appena concluso (coloratissimo) complesso di St. Giles, dalle parti di Oxford Street, Piano ha ridotto al minimo il numero dei posti auto: una ventina non di più. Nella Londra dei multimiliardari (dal magnate dell’acciaio Lakshmi Mittel al Sultano del Brunei, dal tycoon russo Leonid Blavatnik a Mark Owen dei redivivi Take That) l’ultima moda è quella della megacasa underground: quattro, cinque piani sotterranei ed extralusso rigorosamente underground. Ma, in fondo, altro non è che l’ennesima (costosa) stravaganza. Da tempo la città sembra aver invece preferito la ricetta proposta da Piano con la sua Shard: «È stato scelto un brown field, un’area industriale, da far rivivere. Stavolta è toccato ad una stazione dismessa, la London Bridge Station, che, spiega Piano, «poteva oltretutto contare su un incrocio di ben quattro mezzi di trasporto: sei linee ferroviarie, tre metro, sedici di bus più i taxi» . Così è stato quasi inevitabile «togliere i parcheggi» (quelli rimasti saranno silos di quattro strettissimi piani interrati) e annullare l’idea stessa di sosta «a lungo termine» . E i residenti? «Utilizzano altri parking, tutti comunque raggiungibili in pochi passi» . Le cifre della Scheggia (a cui il Financial Times ha dedicato ieri una intera pagina) sono eccezionali: un progetto della Sellar Property per la bonifica dell’intera area da 2 miliardi di sterline (400 milioni solo di costruzione); oltre 300mila metri quadrati abitabili; 56mila metri quadrati di vetro divisi per 11mila pannelli; 11.836 tonnellate di acciaio; 65.000 metri cubi di terra spostati, 52.000 metri cubi di cemento, 900 operai impiegati, 18 mila persone che ogni giorno utilizzeranno i 44 ascensori a disposizione. Ma quello che interessa Piano sembra essere altro: «La qualità principale di questo grattacielo è il suo mix funzionale» . Con una grossa parte dedicata agli uffici (dal secondo al ventottesimo piano) ma anche un hotel (lo Shangri La), appartamenti (dal 53 al 65esimo piano) e una serie di gallerie per «turisti» da cui si potrà godere la vista su Londra dal più alto grattacielo di Londra e dell’Europa Unita. D’altra parte al creatore del Centre Pompidou questa definizione di grattacielo non piace nemmeno poi tanto o almeno nella sua accezione più comune: «di solito si pensa immediatamente a qualcosa di freddo, di antipatico, di imposto e di malvisto dai cittadini» . Appunto per questo ha scelto la via della multifunzionalità mettendo insieme appunto coletti bianchi, residenti e semplici visitatori. E poco importa in fondo che, ad esempio, la gru più alta attualmente impiegata nella costruzione misuri 255 metri o che ci siano oltre 900 telecamere attive 24 ore su 24. Molto più importante, almeno per Piano, che la Shard serva da modello per altre metropoli, italiane comprese: «Non è più possibile allargarsi a macchia d’olio, le città devono imparare a crescere al loro interno e imporre nuovi comportamenti ai propri cittadini» . È l’idea della greenbelt, la «cintura urbana che non si allarga ma che si restringe» . Proprio come i parcheggi della Scheggia.
Stefano Bucci