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 2011  febbraio 19 Sabato calendario

L’ALBERGO È UN INDICE DI FIDUCIA

Narrano le leggende bancocentrali che Alan Greenspan - il non più leggendario ex-presidente della Fed - fosse un appassionato di indicatori esoterici, di indici precursori delle grandi tendenze del ciclo. Si trattasse del consumo di cartoni da imballaggio o dei prezzi della canapa, andava a scovare negli angoli più reconditi del gran corpaccio dell’economia americana i segnali deboli o forti dei punti di svolta.

In Italia non c’è nessun aruspice con eguale passione. Volendo, tuttavia, si possono indagare, di tanto in tanto, le virtù di indicatori parziali ma potenzialmente significativi. Uno di questi sta nelle presenze: le presenze alberghiere. Indice significativo non solo della salute di un settore importante quale è il turismo, ma anche, e forse soprattutto, degli umori profondi dei cittadini. Viaggi e soggiorno sono un consumo, tutto sommato, voluttuario, e quando vi si indulga vuol dire che ci si sente più sicuri, che si ha voglia di fare qualcosa di diverso, in una parola, si parva licet, di vivere meglio.

Naturalmente, anche il prezzo ha la sua parte. E scorrendo la storia statistica delle presenze è possibile guardare anche la storia valutaria: le due grosse svalutazioni della lira, nel 1993 e nel 1995, hanno portato a un’impennata dei visitatori internazionali. Ma cosa è successo negli anni recenti della Grande recessione? Non è un caso se negli ultimi due anni, nel 2008-2009, le presenze in Italia, sia di italiani che di stranieri, sono nettamente cadute. Ma, a conferma del fatto che gli italiani rinunciano a molto ma non alle vacanze, la caduta delle giornate di presenza è stata meno pronunciata per i clienti nazionali che per quelli stranieri. E gli ultimi dati? Queste confermano le avvisaglie di ripresa: gli italiani - dicono le rilevazioni Istat - a cavallo dell’anno, fra Natale e l’Epifania, sono tornati in forza ad albergare. E l’incremento è il più forte da vent’anni, a parte l’anno eccezionale (il 2000) del Giubileo.