Khaled Fouad Allam, Il Sole 24 Ore 19/2/2011, 19 febbraio 2011
L’ONDA DI MALESSERE DA BLOG E RAP
Michel Houllebecque, nel suo suggestivo romanzo La carte et le territoire vincitore del premio Goncourt 2010, fa capire come internet, più di ogni altra tecnologia, abbia mutato completamente il nostro rapporto con il territorio; così un piccolo e sconosciuto angolo del pianeta può diventare il centro di un evento in grado di sortire un effetto devastante su equilibri che sembravano consolidati. È quello che è accaduto in Tunisia: da una piccola località, Sidi Bouzid, la rivoluzione "degli umiliati" ha raggiunto la capitale Tunisi e si sta diffondendo all’intero mondo arabo.
Quanto sta avvenendo non ha alcun precedente nella storia di quest’area; nel mondo arabo l’occidente si aspettava piuttosto una rivoluzione da parte degli islamisti, perché hanno organizzazione e inquadramento, ideologie ben consolidate e strategia. Ma è accaduto qualcosa di completamente diverso, che ancora sfugge alle analisi: e forse gli unici ad aver avuto sentore di qualcosa sono stati gli statunitensi, tastando il polso dei blogger egiziani. Il mondo dei blogger nel mondo arabo rappresenta un vero e proprio giornalismo parallelo: con le reti dei social network, essi sono già stati all’origine dello sciopero nazionale in Egitto nella primavera 2008. Le Fondazioni americane studiano con attenzione questo fenomeno, e pochi sanno che un gruppo di questi blogger è stato invitato dalla National Press Foundation a passare una settimana a Washington per osservare lo svilupparsi dell’ultima campagna elettorale americana, e addirittura monitorare l’ultima settimana della campagna e l’Election Day in cui vinse Obama. Quindi gli Usa hanno compreso l’impatto politico e sociale che può avere l’attività degli internauti nel mondo arabo. In Italia una piccola casa editrice, la Odoya, ha pubblicato un volume dal titolo Un Hussein alla Casa Bianca: cosa pensa il mondo arabo di Barack Obama; vi si analizza la visione del mondo arabo sugli Usa di Obama, sviluppata e diffusa attraverso i nuovi strumenti informatici di comunicazione.
Nella società contemporanea il sondaggio d’opinione appare superato quando si vogliano valutare i possibili sviluppi di una situazione, o per capire sentimenti, sensazioni e psicologia di una popolazione giovane come quella del mondo arabo. E in effetti in Europa siamo sorpresi, perché non misuriamo ancora la portata dell’esplosione demografica: la rivolta - rivoluzione? - in corso nel mondo arabo è dovuta al fatto che lì i giovani sono molto più numerosi degli anziani. È una situazione opposta a quella europea, dove invece la popolazione è sempre più vecchia: è difficile fare una rivoluzione a sessanta o a settant’anni. I giovani si sono dunque impadroniti di quel nuovo strumento nato in occidente, ma hanno aggiunto qualcosa: non lo hanno utilizzato soltanto come mezzo di comunicazione e di informazione, ma anche come mezzo di trasformazione, usando ciò che i linguisti chiamano un "doppio registro". Il video, girato su un telefonino, del giovane tunisino immolatosi gridando dinanzi alla casa del governatore locale «Il tuo popolo è morto!» (Shaab al mat!) è riecheggiato nelle coscienze dei giovani arabi come le canzoni dei loro rapper; il più famoso rapper tunisino, Hamed Ben Amor, nel suo testo più celebre Al General - rai lebled parla delle condizioni disumane in cui vive un intero popolo:«Noi viviamo nella sofferenza come cani». È una canzone che si è diffusa da Tunisi al Cairo, contribuendo a creare una coscienza collettiva della necessità di una ribellione.
È un cambiamento generazionale ed epocale; e questa rivoluzione non ha un vero e proprio sfondo ideologico. Ma c’è anche un altro fenomeno, sottovalutato da molti: che la contestazione politica, in realtà, si è sviluppata al di fuori della stessa politica, attraverso il mondo associativo, quello che chiamiamo "terzo settore" o settore informale. In essi la società civile si è costruita al di fuori dello stato, perché erano l’unica fonte di ossigeno per creare un’alternativa democratica alle dittature.
Sembra dunque che i tradizionali veicoli delle idee stiano scomparendo; l’intellettuale impegnato, che sia laico o islamista, in questa fase pare avere poco impatto. Il mondo globale è tutto questo, mescola le carte; e sembra che la storia fissi le sue scadenze dove meno le si aspettava. Certo, non si deve scordare che ogni contestazione o rivoluzione deve poi trasformarsi in istituzioni; ma questo è un altro capitolo della storia.