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 2011  febbraio 24 Giovedì calendario

PIU’ CHE IL CUORE È LA PANCIA VUOTA A RIEMPIRE LE PIAZZE ARABE

Le rivoluzioni hanno spesso una matrice ideologica. Ma le rivolte scoppiano generalmente quando la fame richiama nelle piazze, insieme agli studenti universitari, il popolo minuto delle periferie, i disoccupati, gli operai a cui il salario non garantisce più una decorosa sopravvivenza. Quelle di Tunisi, del Cairo e di Alessandria sono scoppiate quando l’aumento dei consumi nei paesi emergenti (Cina, India, Brasile), insieme alla carestia nelle campagne della Repubblica Popolare Cinese, ha provocato la brusca impennata dei prezzi delle derrate alimentari.
Quello del grano è cresciuto nel 2010 del 50 per cento e il pane, nei negozi egiziani, costa il 25 per cento in più di quanto costasse agli inizi dell’anno scorso. Nei paesi importatori, come la Tunisia e l’Egitto, questi aumenti hanno avuto un impatto immediato sul livello di vita delle famiglie in cui il 75 per cento del reddito è assorbito dagli alimentari. La folla di piazza Tahrir chiedeva democrazia e libertà, ma la scintilla della rivolta è stata principalmente alimentare.
La fuga di Zine el-Abidine Ben Ali da Tunisi e le dimissioni di Hosni Mubarak non hanno ridotto il prezzo del pane, ma hanno avuto effetti devastanti sulle economie nazionali. Le fabbriche hanno smesso di produrre. La borsa del Cairo ha perso 5 miliardi di dollari in due giorni e ha chiuso. I turisti sono fuggiti soprattutto dall’Egitto, dove i mesi invernali sono particolaimente redditizi. Secondo Omar Suleiman (il generale dei servizi segreti che Mubarak aveva nominato vicepresidente) il lucro cessante del turismo egiziano ammonterebbe a 1 miliardo di dollari. Ancora più grave, per molti aspetti, sarebbe l’esodo dei capitali nazionali e intemazionali: una somma difficile da calcolare, ma non inferiore ai 350 milioni di dollari al giorno.
Non è tutto. Le due crisi nordafricane hanno colpito come un’onda sismica l’intera regione. Non penso soltanto alle manifestazioni giordane, yemenite, agerine, e a qualche fiammata negli emirati del Golfo. Penso agli effetti economici e sociali. Il prezzo del petrolio ha raggiunto i 100 dollari al barile. Molti governi arabi cercheranno di evitare il contagio egiziano e tunisino aumentando i salari e i sussidi pubblici. Ma l’aumento della spesa pubblica, in queste circostanze avrà soltanto l’effetto di aggravare la crisi economica.
Non tutti sono esposti agli stessi rischi. L’Algeria, la Libia e i paesi del Golfo possono contare sul petrolio e sul gas e hanno maggiori disponibilità finanziarie. Ma tutti guarderanno all’Occidente e in particolare all’Europa. Aumenterà il numero di coloro che cercheranno di emigrare. Aumenteranno le richieste di aiuti e finanziamenti. Il ministro degli Esteri italiano propone un nuovo piano Marshall. Ma il piano Marshall richiede impegni finanziari che oggi appaiono difficili se non improbabili...
A proposito: che cosa è accaduto dell’Unione mediterranea voluta da Nicolas Sarkozy, di cui il presidente francese e Mubarak erano rispettivamente, fino alle dimissioni del secondo, presidente e vicepresidente? Qualcuno conosce, per parafrasare Henry Kissinger, il suo numero di telefono?