Gianfrancesco Turano, L’espresso 24/2/2011, 24 febbraio 2011
ANGELUCCI RE DI CARTA
Lo statuto della Fondazione San Raffaele, istituita dalla famiglia Angelucci nel 2000, recita: "La Fondazione non ha scopo di lucro. È apolitica ed apartitica, nell’intento di offrire il proprio contributo e la propria fattiva opera nell’ambito della cooperazione internazionale". Con ferrea inconsequenzialità rispetto ai suoi principi, la fondazione controlla l’Editoriale Libero, dove il tandem Vittorio Feltri-Maurizio Belpietro si esercita ogni giorno in un’opera politica e partitica. E l’internazionalismo cooperativo è roba da comunisti. Per fortuna c’è la questione del lucro. In quel campo, il deputato Pdl Antonio Angelucci e i suoi tre figli cercano di tenere fede agli impegni di non guadagnare con le loro avventure nell’editoria giornalistica. Finora, esclusi i contributi pubblici, "Libero" e "il Riformista" sono costati circa 40 milioni di euro. E il tassametro continua a girare.
Il percorso più recente porta a Bari, dove ha sede la "Gazzetta del Mezzogiorno", uno dei tasselli fondamentali nella partita a scacchi fra gli editori di centro-destra. Qui la Fondazione San Raffaele non c’entra. L’operazione ha il timbro della Finanziaria Tosinvest, holding italiana degli Angelucci con controllo in Lussemburgo. Qualche giorno fa, Tosinvest ha formalizzato l’acquisto del 51 per cento del 30 per cento di Edisud, che pubblica il quotidiano pugliese. Suona complicato? A sciogliere il mistero dei numeri, suona insensato. La famiglia si è caricata 17 milioni di euro di debiti verso Edisud di un costruttore locale con un nome da commedia all’italiana, Vito Fusillo. In cambio, Tosinvest si ritrova la quota di minoranza (la metà del 30 per cento) di una società controllata al 69 percento da Mario Ciancio Sanfilippo. Non proprio un tipo facile. L’editore della "Sicilia" di Catania ed ex presidente della Fieg ha dato il benvenuto ai nuovi venuti dicendo: "Accolgo la notizia con piacere. Per quanto riguarda il futuro del quotidiano non cambia nulla. Le linee editoriale e di programmazione restano invariate". Ciancio, in fase di riposizionamento politico su sponde terziste, ha voluto dire che a casa sua comanda lui e che forse venderà la maggioranza del giornale. O forse no. In ogni caso, il prezzo delle sue quote è stabilito a quota 110 milioni. Gli Angelucci non intendono mettere tutti questi soldi per un giornale che vende 40 mila copie, in discesa di oltre il 10 per cento sull’anno precedente. Però pensano di avere una carta segreta da giocare. La quota comprata da Fusillo contiene il diritto di prelazione sulla maggioranza di Edisud.
La marcia su Bari trova ragione nel fatto che 11 delle 25 cliniche private del gruppo Tosinvest sono in Puglia. E gli Angelucci ci tengono a una buona stampa e a un buon rapporto con le istituzioni locali. Soprattutto dopo essere stati coinvolti nelle vicende giudiziarie sulla sanità in Puglia, con decine di milioni di euro della Tosinvest messi sotto sequestro dalla Procura del capoluogo.
La "Gazzetta del Mezzogiorno" è un prodotto che aumenta il tasso di eccentricità nel portafoglio editoriale degli Angelucci. Senza contare l’esperienza conclusa all’"Unità", il quotidiano regionale pugliese arriva dopo "il Riformista", nato dal mensile "Le Ragioni del Socialismo" e dunque dall’ala migliorista ex Pci, e dopo "Libero", che ha basato il suo successo di vendite sulla fedeltà cieca e assoluta alla linea di Silvio Berlusconi. "Libero" e "Riformista" figurano nel quadro patrimoniale di Finanziaria Tosinvest che valuta le due testate al prezzo complessivo di 22,5 milioni di euro, anche se "Libero" sul mercato ne vale 150 e "il Riformista" forse zero.
Entrambi i quotidiani sono rimasti impelagati in un’indagine dell’autorità per le comunicazioni (Agcom) che potrebbe avere conseguenze pesanti sulla contabilità passata e futura.
"Libero" ha incamerato contributi dal Dipartimento dell’editoria della Presidenza del consiglio per 12 milioni di euro nel 2008 e nel 2009 e si aspettava di incassarne altri 6 per l’esercizio in corso. L’Agcom ha bloccato il bonifico per il 2010, ha multato di 100 mila euro gli Angelucci e ha messo le premesse per una restituzione dei 12 milioni già segnati su due anni di conti, chiusi in sostanziale pareggio soltanto grazie alla generosità statalista. L’arrivo di Feltri, che ha scontato i tre mesi di sospensione dopo la sentenza dell’Ordine dei giornalisti per il caso Boffo, finora è sempre stato garanzia di buoni risultati diffusionali. Ma al momento risulta ancora non assegnata la quota del 20 per cento che Editoriale Libero dovrebbe mettere a disposizione dello stesso Feltri e di Belpietro in cambio del loro lavoro per dieci anni. Lavoro retribuito anche in stipendi, s’intende.
L’arrivo di Feltri ha sancito la fine di ogni rapporto societario con i fratelli coltelli del "Giornale". La Tosinvest ha venduto già nel 2009 la sua piccola partecipazione nell’Ase, l’editoriale di Alessandro Sallusti, attuale direttore del quotidiano controllato da Paolo Berlusconi e dalla Mondadori. Anche Visibilia 2, ex concessionaria di "Libero" fondata da Tosinvest insieme con Daniela Garnero Santanchè, è stata ceduta in toto al sottosegretario all’Attuazione del programma e messa al servizio del "Giornale" dallo scorso settembre.
Il capitolo del "Riformista" è altrettanto controverso. La testata è di proprietà della Finanziaria Tosinvest. La gestione del quotidiano è affidata alla cooperativa Edizioni Riformiste che, dalla fine di dicembre, si sta trasformando con l’uscita dell’ex direttore Antonio Polito e di Vito Nobile, manager in quota al gruppo Tosinvest. La cooperativa di edizione paga agli Angelucci un canone di affitto di 200 mila euro all’anno secondo un contratto che è in scadenza nel 2011. Nello stesso contratto, e con la stessa scadenza, gli Angelucci si sono impegnati a versare alla coop 3,8 milioni all’anno sotto la voce "valorizzazione della testata", cioè una somma quasi 20 volte superiore all’affitto incassato da Tosinvest. La holding dichiara inoltre di avere speso 7,5 milioni di euro per il rilancio del quotidiano di via delle Botteghe Oscure.
Non è finita. Il "Riformista" ha iscritto a bilancio 2,5 milioni di euro di contributi pubblici nel 2008 e nel 2009, con la speranza di fare lo stesso nel 2010. L’Agcom ha messo in questione il diritto della testata ai contributi sotto diversi profili. In primo luogo il versamento da parte della Tosinvest, che da solo equivale al 40 per cento dei ricavi, mostra la dipendenza del quotidiano da una società commerciale e non da un ente o da una coop come richiede la legge. Poi c’è la questione della diffusione. Il quotidiano ha dichiarato circa 40 mila copie diffuse e 12 mila copie vendute, sopra il minimo di diffusione richiesto dalla legge (25 per cento). In realtà, sembra che il giornale non riesca a raggiungere quota 2 mila di venduto.
Di certo, se il ricorso della Tosinvest al Tar dovesse fallire, il gruppo di Emanuele Macaluso, candidato a entrare nella cooperativa, non si farà carico dei 5 milioni di euro da rispedire nelle casse di palazzo Chigi. Insomma, fra "Riformista" e "Libero", per gli Angelucci ci sono 17 milioni da restituire e 8,5 di mancato incasso. Oltre 25 milioni di euro in totale dal 2008. Decisamente, meglio le cliniche.n