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 2011  febbraio 14 Lunedì calendario

IN CASA STRATEGIE ANTI SPRECHI

(due pezzi) -
L’inflazione ha superato il 2% a gennaio, sotto la spinta di alimentari e benzina. Le polveri sottili non smettono di assediarci. Da negozi e supermercati sono spariti gli shopper di plastica, ma il nodo rifiuti resta irrisolto. Tre buoni motivi per riflettere sui comportamenti quotidiani e sulla necessità di una correzione di rotta: come spendere con più oculatezza, ridurre gli sprechi e aiutare l’ambiente? In effetti molto si può fare già all’interno delle mura domestiche, sul fronte alimentare (o degli acquisti in genere) e su quello energetico.
Avanzi quotidiani
Vasetti di yogurt e cespi di insalata che passano direttamente dal frigorifero al bidone. Abiti acquistati e mai indossati che restano appesi nell’armadio per anni. Rubinetti lasciati gocciolare per incuria o disattenzione. Luci accese in tutte le stanze e standby che non si staccano. Vassoi di salumi o ciotole di frutta intonsi ma destinati all’immondizia perché nessuno, al supermercato o al self-service, li ha comprati. Lo spreco è un fantasma che accompagna i gesti di tutti i giorni ma che resta spesso invisibile: basti pensare che – secondo il dossier sullo "Spreco alimentare in Italia" realizzato per Last Minute Market – ogni anno se ne va nell’immondizia il 3% del Pil italiano. Si calcola che circa 600 euro l’anno a famiglia di alimenti non consumati prima della scadenza che finiscono in spazzatura.
Si stanno però moltiplicando azioni e propositi volti a porre un freno all’usa-e-getta (e a volte neppure usa). Ad aprile ad esempio (dal 16 al 23) si svolgerà la 2ª edizione di "Porta la sporta" (promossa da Associazione dei comuni virtuosi, Wwf, Italia Nostra, Tci, Adiconsum e patrocinata dal ministero dell’Ambiente), per sostenere l’utilizzo della borsa al posto dei sacchetti monouso ma anche per diffondere, con eventi e iniziative, la cultura delle 4 R (rifiuta, riduci, riusa, ricicla). A Milano è partito "Ridere in casa", acronimo del progetto "Riduzione degli sprechi in casa", ideato dall’università Milano-Bicocca per trasformare lo spreco in risorsa ed educare al consumo sostenibile, riducendo del 50% gli sprechi di cibo e di acqua.

Contromosse
Il taglio allo spreco parte da tante, piccole azioni di ogni giorno. A partire dalla spesa che va calibrata sulle effettive esigenze, visto che, secondo l’associazione dei consumatori Adoc, nel 67% dei casi dietro lo spreco c’è una spesa eccessiva e nel 24% la mancata attenzione alla data di scadenza. Quindi, meglio andare al supermercato con una lista (e rispettarla), dotarsi di borsa termica per riporre gli alimenti deperibili. Poi c’è la corretta organizzazione del frigorifero: introdurre gli alimenti in modo razionale; evitare che poggino sulle pareti, in particolare su quella di fondo, così da permettere una corretta refrigerazione; mettere in evidenza i prodotti più vicini al termine di scadenza (e senza voler acquistare assolutamente il prodotto con la scadenza più lontana se si sa che lo consumeremo a breve). Ma attenzione, come ricorda Assolatte, non buttare via uno yogurt o una mozzarella perché appena scaduti: se conservati in modo corretto, continuano a essere buoni per qualche giorno. E si può anche riscoprire (o imparare) l’arte di cucinare con gli avanzi (come insegnano diversi libri o i blog su ricette e consigli).

Meno imballaggi
Collegato al tema della spesa, c’è quello degli imballaggi: ricordarsi di portare sempre con sé una sporta riutilizzabile, visto tra l’altro che i nuovi shopper biodegradabili costano fino a 10 cent l’uno. Preferire, se si acquistano prodotti confezionati, packaging non complessi: si produrranno meno scarti e la raccolta differenziata sarà più facile. Chi ha pazienza potrà scegliere di comprare sfuso o alla spina (limitatamente ad alcune merceologie, come pasta o detersivi): meno rifiuti e scontrino più basso anche del 30 per cento.

Altri settori e stili di vita
Le strategie anti-sprechi non riguardano solo la dispensa. Abiti, scarpe, mobili, oggetti in buono stato ma che non ci va più di tenere (o che non ci stanno più in casa) possono trovare uno sbocco diverso dalla discarica: mercatini dell’usato e baratto sono soluzioni diffuse per rimettere in circolo cose di seconda mano (ma non ancora spazzatura) o rinnovare parte del vestiario o del mobilio senza affollare armadi e stanze.
Anche rivedere alcuni stili di vita può aiutare a evitare sprechi e produzione di rifiuti e spese inutili: perché ad esempio comprare un trapano anziché ricorrere al noleggio quelle tre o quattro volte che servirà? Affittare le cose che si useranno sporadicamente (nell’auto la formula si chiama sharing) è una opzione che sta prendendo sempre più piede e che, in fin dei conti, consente anche di ottenere qualche risparmio.

Energia e acqua
Ma è nell’ambito energetico che si può ottenere il maggiore ritorno in termini di lotta agli sprechi (privati e collettivi) e di rispetto ambientale. A sollecitare gli utenti verso comportamenti responsabili è arrivata (dal luglio 2010) la bioraria, il sistema per il quale la luce costa più di giorno e meno la notte, il week end e nei festivi. Sono ormai 20 milioni le famiglie coinvolte (si veda l’articolo sotto): ora il risparmio si aggira su poche decine di euro all’anno, ma dal 2012 (quando la differenza fra le due fasce orarie sarà più marcata del 10% attuale) evidenti saranno gli effetti dei buoni e dei cattivi comportamenti. Per prepararsi, quindi, attenzione all’ora di utilizzo degli apparecchi, alla classe e alla collocazione degli elettrodomestici, al tipo di lampadine utilizzate. Senza dimenticare gli stand by: gli apparecchi collegati alla rete elettrica spenti o non in uso consumano l’11-13% di tutta l’elettricità della famiglia, per una spesa di 50–60 euro all’anno. E un terzo di quelli in vendita - secondo uno studio del gruppo Erg del Politecnico di Milano – non rispetta ancora la direttiva europea sui limiti di potenza assorbita in modalità stand by. Due semplici rimedi per evitare che tv o pc continuino a consumare energia anche da spenti: dotarsi di una banale ciabatta con interruttore o ricordarsi di staccare la spina.

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ANCHE AL RISTORANTE E AL SUPERMERCATO SI SALVANO GLI AVANZI -
Ristoratori che consentono di portare a casa quel che avanza dalla cena, associazioni che raccolgono l’invenduto in supermercati e mense, aziende che "salvano" gli scarti: attorno al concetto di riduzione degli sprechi si sta muovendo un mondo fatto di iniziative pubbliche e private.
Ristorazione
Molte sono le iniziative anti-sprechi rivolte ai privati nell’ambito della ristorazione. A Milano ad esempio è nata la prima rete di esercizi "ad avanzi zero": i 25 aderenti al progetto "Il buono che avanza" mettono a disposizione del cliente un sacchetto per riporre e portare a casa il cibo e la bottiglia di vino non terminata.
In un centinaio di locali è operativa l’iniziativa Buta Stupa ("bottiglia stappata" in dialetto piemontese): le bottiglie non finite sono consegnate al cliente confezionate in un elegante sacchetto. In campo anche l’Associazione dei sommeliers, che propone ai ristoratori, con la campagna "Portami via", una wine bag per consentire agli avventori di uscire con quel che resta del vino ordinato (e pagato).
Solidarietà
Nell’ambito del pianeta solidarietà, in Italia il progetto più rodato per il "recupero" degli alimenti è il Last minute market (Lmm), lo spin-off accademico dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, che in una quarantina di città italiane mette in relazione le imprese che hanno eccedenze alimentari con enti ed associazioni caritative che le utilizzano. Ad esempio, nel 2010 i supermercati Coop Adriatica hanno destinato in solidarietà quasi 830 tonnellate di prodotti, in favore di 115 associazioni, per un valore di 3,5 milioni di euro. Lmm ha anche lanciato il marchio di certificazione "Spreco zero" destinato a locali e punti vendita. «Questo brand "certifica" l’adozione di una serie di strumenti, procedure e sistemi di controllo, che garantiscono un uso efficiente delle risorse e una gestione dei rifiuti ispirata ai principi di prevenzione, riutilizzo e riciclo» spiega Matteo Guidi, socio fondatore di Lmm. Il primo ad aver ottenuto il marchio è l’Alce Nero Caffè bio di Bologna in quanto rispetta una serie di buone pratiche per il risparmio energetico, la separazione dei rifiuti, la riduzione di sprechi e il completo utilizzo del cibo (le eccedenza sono cedute gratuitamente alla locale mensa di Santa Cecilia).


Molte altre iniziative funzionano a livello locale. Come "Pasto buono", un progetto di solidarietà per ora attivo nel genovese sostenuto da "Qui foundation", che l’anno scorso ha permesso il recupero dalla ristorazione di oltre 15mila pasti caldi a favore dei bisognosi. A Ferrara, in 6 mesi di attività, il servizio "Ancora utili" – che raccoglie i medicinali non scaduti provenienti dalle donazioni di privati, ambulatori e ospedali e li distribuisce a favore degli enti no profit – è riuscito a raccogliere quasi 4mila confezioni di farmaci per un controvalore di oltre 35mila euro.
Le aziende
Anche le aziende si stanno dando da fare per trasformare i possibili scarti in una risorsa: anziché distruggere gli alimenti prossimi alla scadenza, o quelli ritirati dal mercato perché magari pack o marchio sono cambiati, li vendono a negozi come "Quel che c’è" (operativo a Milano e online), veri e propri stockisti del food, dove si fa spesa di prodotti di marca risparmiando almeno il 50%.
E poi ci sono nuovi progetti per valorizzare gli scarti di lavorazione, trasformandoli da rifiuti in risorse. Ad esempio, a Biella tosature e lane meno pregiate vengono ora utilizzate per produrre pannelli fonoassorbenti, tappeti e borse grazie a un progetto della Camera di commercio locale; nel grossetano il progetto Med-Laine ha recuperato le lane delle razze ovine autoctone utilizzando fondi Ue. Un gruppo di produttori dei Presidi Slow Food ha creato Iomiamo, linea di cosmetici biologici ottenuta dai residui di produzione dei più qualificati prodotti agroalimentari emiliani, come il mosto dell’aceto balsamico di Modena.
Infine l’Enea ha messo a punto una tecnologia che consente di valorizzare tutte le componenti chimiche del siero di latte destinandole alla produzione di prodotti ad alto valore aggiunto, come integratori alimentari a base di sieroproteine.