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 2011  febbraio 17 Giovedì calendario

Piscitello RobertoCalogero

• Sant’Agata Militello (Messina) 13 luglio 1968. Ex magistrato (pubblico ministero a Palermo). Vicecapo di gabinetto al ministero della Giustizia • «[...] è uomo di destra e non fa mistero di questa sua posizione politica: è nato e cresciuto all’opposizione, c’è rimasto anche quando era in Procura, con Gian Carlo Caselli, Piero Grasso e Francesco Messineo. Non un rompiscatole ma una voce critica, fuori dal coro. “Poi, quando sono andato al ministero, ho sentito su di me un giudizio che era un pregiudizio: traditore. Un sito Web di Marsala, la città del Trapanese sui cui boss ho indagato a lungo, lo ha detto espressamente. Gli altri se lo sono detto e ripetuto fra di loro. Io per loro sono un traditore. Ma traditore di che? Io non ho tradito nessuno, non sono ‘uomo di appartenenza’. Ragiono con la mia testa. Tutto qui”. Missino da sempre, sin da quando portava i pantaloncini corti a Castel di Tusa, il paesino della provincia di Messina di cui è originario, Roberto Piscitello si è ritrovato spesso d’accordo con i “compagni” anche da ragazzino: “Da studente universitario occupai con loro la facoltà di Giurisprudenza. Io, unico ‘fascio’ in mezzo ai ‘rossi’. Mi accettavano, certo. Però mi consideravano sempre un diverso, perché non ero uno di loro. È successa la stessa cosa in Procura, a Palermo: ero spesso d’accordo con i colleghi di sinistra, ma mi consideravano un estraneo. La conferma l’ho avuta quando ho accettato l’invito di Alfano e sono andato a Roma [...] Quando ero magistrato preferivo lavorare sodo, piuttosto che teorizzare. Davamo la caccia al superlatitante Matteo Messina Denaro, che scriveva a Bernardo Provenzano, lamentandosi perché ‘qui stanno arrestando pure le sedie’. Al ministero, con Alfano, abbiamo proseguito quel lavoro. Con le misure antimafia più incisive dai tempi delle stragi [...] Con le confische post mortem. Togliere i piccioli ai mafiosi, dopo che gli hai tolto la libertà, è cosa che gli ergastolani non sopportano: l’idea di non poter lasciare nulla ai figli è tremenda, per loro”. [...]» (“Il Foglio” 19/8/2009).