Dario Di Vico, Corriere della Sera 17/02/2011, 17 febbraio 2011
SE A FRENARE SULLE QUOTE ROSA CI SIMETTE UNA DONNA
Alzi la mano chi, almeno una volta, per argomentare la modernità dell’Italia non ha fatto (orgogliosamente) ricorso al seguente argomento: alla testa degli industriali abbiamo un presidente donna! Ebbene nelle ultime 48 ore è accaduto qualcosa di sorprendente. Proprio il presidente-donna, al secolo Emma Marcegaglia, martedì scorso ha firmato assieme ai suoi colleghi (maschi) di Ania e Abi una lettera in cui esprime forti perplessità sui tempi della legge per l’ingresso delle donne nei consigli di amministrazione. La norma conosciuta con il nickname di «quote rosa» , in discussione al Senato, prevede che sia di sesso femminile almeno il 30% dei consiglieri. Confindustria, Abi e Ania chiedono (perché in zona Cesarini?) di introdurre la modifica nel giro di due o tre rinnovi, grosso modo aspettando altri dieci anni. La cosa singolare è che il pronunciamento delle associazioni è arrivato 24 ore dopo una dichiarazione di Corrado Passera, banchiere a cui non fa certo difetto la prudenza, che invece aveva auspicato le quote rosa. Ce n’è dunque abbastanza perché i/le supporter del «fattore D» gridino al tradimento e mettano sul banco degli imputati proprio Marcegaglia, anche perché nei Cda ci sono tanti uomini ma sempre gli stessi. I giornali finanziari si divertono ogni anno a pubblicare la top ten degli onnipresenti e se qualcuno di loro rinunciasse a un paio di poltrone il capitalismo italiano non ne morirebbe.
Ma siccome fare esercizio di realismo non è pratica che ci spaventi, è giusto che si sottolineino i rischi di una scelta radicale come quella delle quote. Reputiamo utile che la legge debba prevedere una clausola di salvaguardia o deroga che potrebbe scattare a fronte di documentati problemi di applicazione? Un legislatore intelligente non dovrebbe aver paura a inserirla (in Norvegia l’han fatto) ma una cosa è la cautela, altra è l’abiura. Siamo d’accordo o no — come ha sostenuto Confindustria negli ultimi anni — che l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro (e nella sua governance) può rappresentare da subito un potente contributo al nostro Pil? Parafrasando i film in bianco e nero viene da dire che gli scettici parlino ora o mai più.
Dario Di Vico