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 2011  febbraio 16 Mercoledì calendario

La rabbia e il petrolio - Petrolio e gas, antisemitismo ed estremismo religioso, collegamenti con la Lega Araba e amicizie con gli Stati Uniti

La rabbia e il petrolio - Petrolio e gas, antisemitismo ed estremismo religioso, collegamenti con la Lega Araba e amicizie con gli Stati Uniti. Alla base dell’onda dilagante di proteste che dal Nord Africa ha raggiunto il Medio Oriente ci sono le ragioni che animano i conflitti di sempre. Eppure oggi, nel 2011, un sentimento di rabbia comune collega le proteste, da Algeri a Teheran. ELEMENTO COMUNE. Tunisia, Algeria, Egitto, Yemen, Siria, Giordania, Bahrein, Iran. Questi Paesi sono accomunati da un elemento importante: un’età media delle popolazioni che si aggira sui 20 anni. Ed è su questi giovani che si è abbattuto il peso della crisi, un mix micidiale di disoccupazione e caro-vita che, sommato a una latente insofferenza nei confronti di regimi pluridecennali e spesso corrotti, ha fatto esplodere i detonatori delle rivolte. «Le rivolte contro i regimi», ha confermato a Lettera43.it Vittorio Emanuele Parsi, esperto di questioni mediorientali della Cattolica, «nascono tutte da un malcontento che sta emergendo dal basso, tra i giovani che vivono sotto la pressione di un futuro precario. I ragazzi non possiedono nulla e hanno pochissime prospettive di lavoro. Sono mediamente istruiti, sanno usare i social network, conoscono i diritti umani e sanno come si vive in un Paese democratico maturo». Dal Nord Africa al Medio Oriente, a cambiare, invece, sono gli scenari economico-politici. C’è l’Algeria, un mega giacimento di gas naturale, che vende risorse ai Paesi occidentali ma che si ritrova lo stesso a fare i conti con redditi da fame e carenza cronica di lavoro. Poi c’è la piccola, laica e istruita Tunisia i cui cittadini da anni si confrontano con "il sogno americano" importato dai turisti stranieri. DISTINGUO ECONOMICI. La Libia, tra le agitazioni dei vicini, sembra invece un gigante dormiente: la produzione di petrolio e di gas è tra le più alte al mondo. Poi c’è l’Egitto che finora ha campato di commercio di gas e petrolio, incassando gli aiuti che gli americani stanziavano a Hosni Mubarak per la sua pace con Israele. E ancora lo Yemen, il Paese più arrabbiato di tutti: nonostante la ricchezza di petrolio, è il più povero della lista e quello con la disoccupazione più elevata. «Per questo», ha spiegato a Lettera43.it Karim Mezran, direttore del centro studi americani a Roma e docente di studi mediorientali alla John Hopkins University, «rappresenta la vera polveriera e il rais Ali Abdullah Saleh è probabilmente il prossimo a saltare».