Alberto Arbasino, Corriere della Sera 16/02/2011, 16 febbraio 2011
LE LICENZE POETICHE DEL GIOVIN SIGNORE. TORNA A FIORIR LA ROSA DEL PRECETTORE
Verso la fine dell’Ottocento, i miei nonni acquistarono (dai d’Adda di Casatisma, si diceva) una tenuta agricola nel Casteggiano, con una casa dove passammo gli anni peggiori della guerra. Ma i vecchi del vicinato parlavano di un antico proprietario «tudesc» , subentrato a certi frati che si comportavano malissimo con le donzellette, dalle piccionaie all’infernot. Poi, da una revisione catastale, risultò che invece questa Rivetta ci era stata venduta dai conti Khevenhüller. Menzionati in un titolo famoso di Giorgio Caproni, perché un loro governatore austriaco di Milano aveva promulgato un editto contro una misteriosa belva campestre. Basta però consultare l’edizione Ricciardi delle Poesie e Prose di Giuseppe Parini, ed ecco spiegato che l’ode Alla Musa viene cagionata dal matrimonio di Febo d’Adda e Leopolda Khevenhüller, e dalla gelosia dell’anziano precettore. Musa, mentr’ella il vago crine annoda a lei t’appressa; e con vezzoso dito a lei premi l’orecchio; e dille; che t’oda anco il marito: -Giovinetta crudel; per che mi togli tutto il mio D’ADDA, e di mie cure il pregio, e la speme concetta, e i dolci orgogli d’alunno egregio? Costui di me, de’ geni miei si accese pria che di te. Codeste forme infanti erano ancor, quando vaghezza il prese de’ nostri canti. Ei t’era ignoto ancor quando a me piacque. «Donna contro donna, in un’amabile scena di gelosia, in un boudoir, niente di male, non dà scandalo» , commentava l’indimenticabile Carlo Emilio Gadda. «Per di più la Musa è vergine, mentre nella realtà chi è vergine d’amore è lui, il vecchio prete tabaccoso che geloso di giovane sposa diverrebbe subito ridicolo» . «E cosa proverà il Centauro Chirone sentendosi dimenare sulla "irsuta schiena"il ragazzetto Achille che si presume poco vestito e che "scorrea con aiovanile -man pel selvoso mento"?» . (Riecco il memorando Ingegnere, a proposito del prosieguo di «Torna a fiorir la rosa» nell’ode «La Educazione» , per il fanciullo Carlo Imbonati, futuro consorte di Giulia Beccaria, madre del Manzoni). «Per forza il carme deve terminare tentando di salvare il possibile: il giovane diverrà un buon soldato di Maria Teresa, permettendo ai professori del futuro di salvare col Parini anche se stessi» . Ma l’età dell’acne non dura a lungo. E la gelosia del vecchio precettore diventa impotenza mondana quando i «gloriosi alunni» lo abbandonano; E ormai Giovin Signori passano ormai Ie nottate in festini aristocratici ove i subordinati non vengono certo ammessi. Or dove, ahi dove senza me t’aggiri, lasso! da poi che in compagnia del sole t’involasti pur dianzi a gli occhi miei? Qual palagio ti accoglie; o qual ti copre da i nocenti vapor ch’Espero mena tetto arcano e solingo; o di qual via l’ombre ignoto trascorri, ove la plebe affettando tenton s’urta e confonde? Altro che sontuosa imagerie mitologica e neoclassica, qui. L’autore del Giorno sembra procedere parallelamente alla pittura di Hogarth. «Ma al piè de’ gran palagi— là il fimo alto fermenta; — e di sali malvagi — ammorba l’aria lenta» ... Ne «La salubrità dell’aria» si addensano umor fracidi e rei, aliti corrotti, vaganti latrine... E li nota una viaggiatrice romana amante di Alessandro Verri, la Sparapani Roccapadule, della famiglia che sciaguratamente vendette a un duca scozzese i «Sette Sacramenti» di Poussin (già di Cassiano dal Pozzo) per acquistare fossili e ninnoli alla moda illuminista: «In Milano generalmente si costumano i fienili nell’ultimo piano delle case e palazzi. E nelle cantine si tiene lo stabbio a macerarsi per ingrasso dei terreni. Questo produce un puzzo per tutta la città, e si vede dalle ferrate delle cantine il fumo che sorte dallo stabbio» . (Ma fra «l’ombre ignoto trascorri» si può anche scorgere un’allusione a probabili after hours di Giovin Signori in localacci plebei). Amante di Pietro Verri fu invece un’altra dama romana, la Ottoboni, maritata a un Serbelloni notoriamente impotente, e nave-scuola per numerosi Giovin Signori milanesi. Per lei, scrisse il Parini (citato da Carlo Dossi): «Cari figli, non piangete — che se nati ancor non siete — non potendo vostro padre— vostra madre vi farà» .
Alberto Arbasino