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 2011  febbraio 16 Mercoledì calendario

I BISOGNI NON LE IDEOLOGIE LA MICCIA DI PIAZZA TAHRIR

Dopo essere stati al bando per 50 anni, i Fratelli musulmani fonderanno un partito e uno dei loro è entrato nella commissione, insediata dai generali, per elaborare la nuova costituzione che dovrebbe essere pronta tra una decina di giorni per poi essere sottoposta a un referendum. Queste due notizie dovrebbero bastare agli esperti: in Egitto siamo nell’anticamera di uno stato fondamentalista. Non è certamente d’accordo con questa visione il generale Mohammed Tantawi, che ha liberato l’Egitto da Mubarak. E neppure Wael Ghonim, il manager di Google, che insieme al movimento laico "Sei aprile" ha appena incontrato i vertici militari. Ma anche i Fratelli musulmani smentiscono: «Non è nei nostri obiettivi uno stato islamico, crediamo nella piena uguaglianza tra cristiani e musulmani e tra uomini e donne. Non abbiano intenzione di abrogare il trattato con Israele», mi diceva ieri Essam el Eryan, esponente riformista nel Consiglio che dirige il movimento. Ma anche questo non basterà agli affilati analisti che imputano ai Fratelli musulmani un doppio linguaggio, ricordando quello ambiguo di Khomeini che nell’esilio di Neuaphle le Château raccontava ai giornalisti quello che volevano sentirsi rispondere. Però sono passati 32 anni e bisognerebbe aggiornarsi. Khomeini non è certo in cima alla hit parade delle giovani generazioni, piuttosto informate sul regime iraniano, come su quello saudita. Le grandi rivoluzioni degli anni 70 e 80 - come da noi - appartengono alla storia dei loro genitori.

Ci sono alcuni punti fermi in queste rivolte:

1) Le nuove generazioni non sono interessate a questioni ideologiche, chiedono ai regimi di andarsene perché corrotti e inefficienti: «degage», «erhal», vattene. Gli slogan religiosi non entrano mai nelle manifestazioni. Sono individualisti e pragmatici, vogliono soddisfare bisogni concreti, non utopie.

2) Questo non significa che la protesta sia laica ma che la religione viene vissuta più sul piano personale che come ideologia politica. Gli stessi giovani dei Fratelli musulmani sono sfuggiti alle direttive dei capi per unirsi ai laici, trascinando la parte più conservatrice del movimento. Possono essere credenti e fondamentalisti ma separano le rivendicazioni politiche da quelle religiose.

3) I giovani arabi sono nazionalisti e si richiamano alla bandiera. Non sono iper-nazionalisti ma patriottici: la prova è che nessuno evoca più la "teoria del complotto" americano o ebraico per sottolineare i fallimenti del mondo arabo. Da Tunisi, al Cairo a Teheran, nessuno brucia la bandiera americana o israeliana.

4) Anche l’ideologia pan-arabista non ha più presa: ogni paese si concentra sui suoi problemi, riconoscendo la particolarità di ogni situazione.

5)La richiesta di democrazia non è basata su modelli di importazione e non ha niente a che vedere con i programmi di Bush nel 2003. Anzi quella propaganda rendeva più difficile le cose perché legata all’intervento militare in Iraq. Paradossalmente l’indebolimento dell’influenza degli Usa in Medio Oriente ha favorito il pragmatismo di Obama e la domanda locale di democrazia.

6) I movimenti islamici sono cambiati. I più radicali si sono dedicati alla Jihad internazionale ma non hanno base sociale o politica. Al-Qaeda è assente dalla piazza. I partiti o i gruppi fondamentalisti di oggi hanno successo solo se risolvono i problemi: le nuove generazioni non danno assegni in bianco a nessuno proprio perché più informate e istruite di prima. Sono i leader che seguono i giovani e le loro richieste pressanti, non il contrario.

E tutto questo, infine, fa paura anche a noi, a governi complici dei dittatori, in un Occidente non più scintillante vetrina del benessere che si ostina a camminare con gli occhi rivolti al passato.