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 2011  febbraio 16 Mercoledì calendario

TRA I CONTRABBANDIERI DI UOMINI DI SFAX IMBARCHI PRENOTATI AL TELEFONO E LISTE D´ATTESA - SFAX

La strada per il sogno è un viottolo di sabbia rossa che si snoda fra le piante di salicornia, fino alle acque del golfo di Gabès. Fra gli stormi di fenicotteri e gabbiani si vede il blu. C´è già un´auto ad aspettare: stasera, con tutta probabilità, un barchino traghetterà verso un peschereccio il suo carico di esseri umani, i loro stracci, le loro illusioni. Siamo a Bayada, periferia sud di Sfax, sul litorale tunisino. Centotredici chilometri più avanti c´è l´avamposto dell´Europa, la costa di Lampedusa, la terra promessa per migliaia d´immigranti di mezza Africa.
Fuggono dalla povertà, dall´incertezza, o magari da una vita senza prospettive eccitanti. «Voglio arrivare in Francia, sono un buon cantante di rap, posso fare fortuna a Parigi», dice al telefono Sami, 23 anni, in attesa della chiamata. È inserito in una vera e propria lista d´attesa, come l´amico Taher, che vuole raggiungere a Padova i cugini.
Capitan Bahri alza orgoglioso l´agenda, mostra le pagine piene di numeri: «Mi chiamano tutti, vogliono andare dall´altra parte del mare, si affidano a me». E lui raccoglie la fiducia, ma anche i risparmi di chi sogna l´Europa: 2.000 dinari per i tunisini, circa 1.000 euro, e fino a 6.000 dollari per i disperati che chiamano da dentro i confini della Libia. È una somma enorme, in questa parte del mondo. Ma capitan Bahri alza le spalle. «I soldi si trovano». Lui è un ex pescatore riciclato nel contrabbando di persone. Ma non si limita a pilotare la barca: ha organizzato un sistema raffinatissimo che gli permette d´incassare senza eccessivi rischi. Grazie al passaparola, raccoglie un certo numero di adesioni, che di fatto corrispondono a "quote" della barca. Quando il numero degli aspiranti è sufficiente («Ne carico duecentocinquanta», dice Bahri), lui parte per Gabès, compra una barca da pesca fra gli 11 e i 20 metri, pagandola da 40 a 70mila dinari (35mila euro) ma non registra il passaggio di proprietà. Compie l´operazione con mezzi altamente tecnologici: Gps, meteo sul computer. Finito il trasporto, la barca scompare nelle acque del Mediterraneo. E il padrone originale, quello che l´ha venduta sottobanco a Bahri, ne denuncia il furto.
E le misure promesse dal governo ad interim per fermare l´esodo? Il capitano sorride per l´ingenuità della domanda. «Basta pagare. Un bakshish, una mazzetta per le guardie. Anche loro hanno famiglia». Nel porto di Sfax i militari della Guardia costiera non aprono bocca con la stampa, dall´esterno l´impressione è che anche loro aspettino ordini e, nel frattempo, tirino avanti senza eccessi di zelo.
È vero che dopo le partenze da Zarzis, nel sud, il porto a poca distanza dal confine libico è controllato dalle forze armate, con blindati in ogni incrocio importante. Ma le coste tunisine sono estese, e l´attrazione dell´Europa è forte. A Gabès si aspetta la notte giusta per partenze in massa, si parla di diverse centinaia di persone in attesa negli alberghetti o in sistemazioni di fortuna. Ancora una volta è capitan Bahri a chiarire lo scenario: «Si parte da dove è possibile. Zarzis è pattugliata? Imbarchiamo la gente a Sousse, a Monastir, a Mahdia. Oppure a Djerba, a Cercina, dove proprio non c´è nessuna sorveglianza». La destinazione è l´Italia, non solo perché è vicina, non solo perché è la porta dell´Europa, ma perché, garantisce lo scafista, «gli italiani sono buoni».