GABRIELE ROMAGNOLI, la Repubblica 15/2/2011, 15 febbraio 2011
INCOMPRESO ZAMPARINI IL NAPOLEONE FRIULANO PRIGIONIERO DELLE SUE URLA
L´excusatio non petita gli è venuta dal cuore e dai polmoni: «Non sono pazzo!», ha gridato Zamparinic. Non lo è, ma lo fa. Anche in questo campionato 2010-2011 guida la classifica dei presidenti da legare. Non è soltanto l´uomo della domenica, dopo lo sfogo contro l´allenatore, è quello di tutte le sante settimane. Quando il Palermo vince è merito suo, quando perde è colpa di Delio Rossi.
Che una volta è «uno dei migliori tecnici d´Europa», un´altra «deve imparare ad ascoltare», «non conosce la fase difensiva» e, peggio di tutto, «come i suoi colleghi, si crede un´icona». Non l´ha ancora esonerato e non l´ha ancora riassunto, come gli piaceva fare (rivolgersi a Guidolin e agli altri 27 ex). Con lui (amato e difeso dalla città) il rapporto sadomaso si è fatto più intenso: una frustata e una carezza dopo ogni partita. Anche se Zamparinic non la vede mai, non in diretta. Per non irritarsi passeggia in una delle sue tenute, dialoga con il pappagallo e aspetta il resoconto del vice Miccichè. Sulla base del quale esterna a caldo, poi si vede la registrazione e riesterna a freddo.
È una stagione alla grande, la sua. Scandita, come si conviene, da andate e ritorni. Ha lasciato ufficialmente il calcio l´11 novembre scorso, dopo un arbitraggio considerato scandaloso in Milan-Palermo 3 a 1. Ha annunciato l´intenzione con parole chiare: «Smetto, è un mondo di merda!». Poi ha emesso un comunicato più tortuoso da cui si apprendeva che aveva «incaricato un advisor», che i valori sportivi erano «sempre più spariti», che auspicava «gare dove con reciproche garanzie di equità e lealtà possano sempre vincere ad armi pari e i migliori». Intraducibile anche per la Gialappa´s. Ma la decisione di mollare restava «netta». Tra virgolette anche nell´originale. A significare: non tanto. Non proprio. Manco morto. Infatti è ancora qui. Nel frattempo ha minacciato di trasferirsi all´estero: una volta in Austria e un´altra in Sicilia (testualmente: «abbandonando l´Italia che tanto prende e poco dà»). Ancor più ferale la minaccia di dedicarsi alla politica, con una lista tutta sua e una posizione ben definita: «né a destra, né a sinistra», «accanto alla Lega, che è il solo partito per la gente», «lontano dalla Lega, perché nel lungo periodo non paga», né con Berlusconi («ha dato disoccupazione e tolto libertà»), né con Tremonti («è diventato comunista»). Una specie di tea party, a cui era l´unico invitato.
Un uomo solo al comando. Incompreso. Anche perché: incomprensibile. Quando parla. Quando agisce, l´obiettivo è piuttosto chiaro: fare soldi. Zamparinic è un immigrato al contrario. Friulano, ha gestito il Venezia, ma quando ha capito che non avrebbe potuto costruire lo stadio si è trasferito a Palermo. Dove, ma pensa, vuol costruire lo stadio. Nell´attesa tira su centri commerciali. Quest´anno gli si è accesa la luce dell´Est e compra qualsiasic calciatoric gli capitic: Ilicic (nell´intervallo di una partita di Europa League), Bacinovic, Andelkovic. Alla prima buona prestazione proclama: «Ora vale il triplo!». In effetti è così. Il suo Palermo, va detto, ha un ottimo bilancio, perché poi lui rivende, incassa, ripiana. Certo, a vedere quel che è successo con Cavani (e prima ancora con Toni) l´affare vero lo fa chi compra. Quest´anno ha messo insieme un buon attacco (anzi «ottimissimo») e una difesa che va in nazionale (però «inguardabile»). Voleva la Champions «come minimo». Come massimo: la luna, non fosse, teme, «che ci è già arrivato Lotito».
Appena esce fa un guaio: è andato dai bambini dello Zen e ha litigato con il collega del Palermo Rugby, facendosi querelare. È andato a Benevento e lo volevano arrestare. Va in tv e sbotta come Raimondo Vianello ma senza ironia: «Quelli giocano, e io pago!». Si sente emarginato: «Ho chiamato Nicchi, all´associazione arbitri: si è offeso», «Ho chiamato Beretta in lega: non mi ha risposto». Lo tradiscono anche i presagi: «Mi son svegliato di colpo, ho guardato la sveglia, eran le 3 e 33, ho capito che ne avremmo vinte tre di fila». In hoc signo vinces? Era solo notte fonda: ha perso con la Fiorentina. Si è incupito: lassù qualcuno non lo ama. Fermate il mondo, vuole scendere. Trattando con gli arabi ha scoperto che sono lenti, lentissimi: «Vanno al ritmo della natura, che non è stupido». Ma non rallenta, non può. Rozzi ci ha lasciato, Gaucci è espatriato (lui sì) a Santo Domingo con la badante giovane, Lotito, dopo l´allunaggio, tace. Con la giugulare in fiamme, a far da sponda a Biscardi è rimasto soltanto Zamparinic, prigioniero del ruolo. Non è pazzo. Dice di sé: «Anche Napoleone ha perso qualche battaglia».