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 2011  febbraio 15 Martedì calendario

LE CIME AL VERDE

La rivolta viene dall´alto, dai paesi di montagna con cento anime, dai comuni con 2000 abitanti che di vivere nei casermoni a fondovalle non vogliono saperne. Gente abituata al rigore invernale, poche parole e ancor meno lamenti, ma questa volta, dicono, è veramente troppo. Così dai borghi arroccati parte la rivolta dei sindaci dei 4200 piccoli comuni montani. Uniti contro il governo: «che ha azzerato i fondi alle comunità e quello che dà ai singoli comuni nel 2011 come una tantum è una beffa, un´elemosina: un euro per abitante». E loro hanno deciso: quei soldi li renderanno o li daranno in beneficenza. Impossibile far qualcosa per i tuoi 88 cittadini se ti arrivano 77 euro l´anno.

«Noi rimandiamo indietro i soldi, magari di tasca di nostra per non danneggiare il paese, oppure li versiamo in beneficenza. Accettarli no. Sarebbe un´umiliazione per di più inefficace, perché con i 150 euro che mi dà lo Stato in un anno che ci faccio per i miei 200 abitanti? Non metto a posto neanche dieci metri di strada, né pago chi aiuta a spalare la neve che blocca le vie e un servizio di scuola bus neanche a sognarlo», sbotta il sindaco di Valprato in Piemonte.
Parlano con foga i sindaci, ma con i dati alla mano di quello che considerano una resa, uno schiaffo alla montagna vera e ai suoi abitanti da parte dello Stato. Raccontano del fondo per aiutare le comunità montane che in dieci anni è passato dai 340 miliardi del 2001 ai 90 milioni del 2009, fino all´azzeramento totale deciso con la Finanziaria dell´anno scorso. «Eppure siamo gli unici enti che si sono ridotti di numero da 350 a 220, che hanno dimezzato le poltrone e i cui amministratori lavorano gratuitamente. Lo Stato ci dimentica, non considera che la montagna può essere un´occasione di ricchezza per tutto il Paese, che può essere una vera risorsa per l´economia nazionale puntando sulla green economy».
La montagna costituisce il 54% del territorio nazionale, produce circa il 17% del Pil nazionale, e non è gestita ovunque allo stesso modo, ci sono realtà produttive ed efficienti, in cui la comunità montana ha una funzione essenziale per garantire attività e servizi (trasporti locali, difesa del suolo, forestazione) che un piccolo comune d´alta quota o anche di collina non sarebbe in grado di fornire al cittadino. Ma tant´è, tra Finanziaria, crisi e tagli, storie di comunità montane a venti metri dal mare, qualche cattiva gestione, la realtà è che i fondi sono arrivati a zero. E per il 2011 è stato deciso di distribuire come una tantum 16 milioni di euro. Direttamente ai comuni montani, ripartendo la cifra in base al numero degli abitanti, senza considerare il territorio amministrato.
«Il risultato è che così i centri a fondovalle più abitati e già meglio organizzati avranno più finanziamenti, mentre alla montagna vera, quella sopra i mille metri, andranno solo le briciole», sottolinea Enrico Borghi, 43 anni, presidente dell´Associazione nazionale delle comunità montane e sindaco di Vogogna, 1.700 abitanti nella Val D´Ossola, nella lista dei borghi più belli d´Italia. Un villaggio per il quale con 2.500 euro potrà fare ben poco. E così il cahier de doléances racconta del comune di Ingria nel Canevese che riceverà 57,49 euro per i suoi 47 abitanti, Ribordone 88,82 euro per 77 cittadini, mentre in Lombardia Brumano ha avuto 94 euro per gli 86 residenti e Cassiglio 118,96 euro per 124 elettori.
«Nomi di paesi sconosciuti ai più, eppure sono proprio loro, gli italiani che resistono nei borghi ad alta quota e mantengono le terre coltivate, i sentieri puliti, che impediscono il dissesto idrogeologico, il disastro ambientale di cui poi pagherebbero lo scotto anche, e soprattutto, a valle. Andrebbero aiutati, favoriti, non penalizzati come invece accade. Altro che politica in difesa della montagna, della sua realtà e dei suoi prodotti: questo è un invito allo spopolamento, a prendere la valigia e trasferirsi altrove. Io allo Stato quei 380 euro glieli rimando, di tasca mia perché non voglio danneggiare gli abitanti del paese». Il piemontese Danilo Crosasso, sindaco di Ronco, nelle valli di Orco e Soana, è netto ma ancora più drastico è il primo cittadino di Valprato, Silvano Crosasso, che si vergogna «di essere italiano se il governo è capace di trattare in questo modo i cittadini che vivono in montagna».
Quello che non va proprio giù, al di là dei fondi azzerati che toccherà alle regioni integrare come e quando possono, è la ripartizione dei soldi per singolo comune in base al numero di abitanti. «È un vero assurdo. Ci impedisce di fare economie di scala, i finanziamenti a pioggia si perdono nel nulla, sono soldi buttati, soldi di tutti che finiscono sprecati». Ermano Pasini, sindaco di Provaglio Val sabbia, in provincia di Brescia, e presidente delle comunità lombarde, è furibondo proprio per questo motivo. «Noi ci siamo sempre associati in modo da garantire servizi di qualità anche nei piccoli paesi: così con un solo ragioniere itinerante riusciamo a dare un servizio in più comuni. Ed è quello che bisogna fare quando si hanno territori vasti da amministrare con pochi abitanti: bisogna unirsi, dimezzando i costi, per garantire ugualmente servizi, qualità della vita. Altrimenti hanno ragione a trasferirsi a valle. Ma se questo accade, è tutta l´Italia che ci perde. Nessuno saprà che farsene di pochi euro».
Gli anni scorsi, quando i soldi arrivavano alle varie omunità montane - e in Lombardia per due anni non si sono neppure visti - i fondi venivano impegnati per una strada, un borgo, l´anno dopo c´è chi ha costruito una sciovia per attirare turisti oppure un centro sportivo per i ragazzi, ha pagato gli spalatori o lo scuolabus, organizzando la raccolta rifiuti e i servizi comunali. «Ma soldi a pioggia sono soldi buttati, un vero spreco», commenta Oreste Giurlani, sindaco di un piccolo comune e presidente dell´Unicem Toscana, mentre calcola che se dallo Stato una volta arrivavano venti milioni, nel 2011 saranno meno di due e questo significherà «aumentare le tariffe, far pagare di più le famiglie».
Eppure la montagna è un´occasione di ricchezza per tutti. Una volta era considerata un´economia marginale, ora va ripensata in termini di servizi e di nuove realtà produttive, dicono i tecnici. Perché è lì che nascono servizi ambientali fondamentali per il paese, come la qualità delle acque: quelle in pianura dipendono dalla montagna. Oppure la sicurezza idrogeologica. Per il presidente nazionale delle comunità montane, Enrico Borghi, la green economy è la chiave di volta. «L´anidride carbonica ci costa 5 miliardi di euro l´anno di mancato raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Contando gli oltre 10 milioni di ettari di foreste quasi tutte ad alta quota, si capisce come le comunità siano una risorsa capace di farci risparmiare miliardi di multe e far guadagnare chi vive in montagna». E poi c´è la produzione idroelettrica e di energia eolica, ci sono le biomasse. Senza dimenticare il turismo sostenibile, il made in Italy dei prodotti alimentari tipici. «Insomma, la montagna come risorsa, e non terra da colonizzare e sfruttare».