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 2011  febbraio 16 Mercoledì calendario

USCITA MALDESTRA

Tutto questo chiasso sulla sentenza della Cassazione in merito all’ado­zione di una bambina russa da parte di una donna italiana single, io non lo ca­pisco. O forse mi sembra di capire an­che troppo bene il retropensiero di chi ha sparato la notizia in modo capovol­to, travisandola, come se la Corte di Cas­sazione avesse inaugurato una nuova e rivoluzionaria stagione giurispruden­ziale ammettendo per la prima volta i single ad adottare bambini.
La Cassazione, sul punto preciso, ha det­to il contrario. Ha detto che l’adozione dei minori, italiani o stranieri, non può esser riconosciuta alle persone singole. E infatti non ha accolto, ma rigettato l’i­stanza. È rimasto ammesso, esatta­mente com’era prima, un rapporto di natura diversa, che in gergo i giuristi chiamano «adozione mite» e che asso­miglia a un affidamento durevole, ma senza lo status di figlio legittimo. L’ana­lisi delle norme del nostro ordinamen­to è stata precisa e puntuale, e oltretut­to nel solco di precedenti decisioni, u­na delle quali (che risale a più di cinque anni fa) è perfettamente identica nella motivazione e nel dispositivo: l’adozio­ne è possibile da parte di coniugi uniti in matrimonio, e non da parte di single.
Nulla di nuovo sotto il sole. Ma allora, come è nato il clamore? Chi l’ha montato, e perché? È che l’ultima frase della sentenza, proprio nella co­da, dice che la Convenzione di Stra­sburgo del 1967 lascia al legislatore na­zionale la facoltà di ampliare l’adozio­ne legittimante, se volesse ammettervi i singoli. Qualcuno ha visto in questa coda la scintilla per accendere il falò di una rivoluzione, l’auspicio, l’invito, il monito al Parlamento, l’apertura e l’e­sigenza e chissà che altro. Ieri sera la Cassazione ha emesso un comunicato per dire che il senso non era quello, niente sollecitazioni né pretese. Inu­suale procedura di pompiere su un in­cendio da altri inventato?
Per la logica giuridica, è del tutto vero che la Convenzione di Strasburgo non obbliga e non vieta e lascia liberi i legi­slatori nazionali, e la frase in sé non fa una grinza, così. Solo che appiccicata lì, a decisione presa, a discorso finito, co­me una zeppa, può sembrare davvero u­na specie di ammiccamento, da far sbia­dire poi con la logica del signor Vene­randa. Ben diversamente la Cassazione del 2006, citata oggi da questa come la fonte del pensiero finale, aveva difeso proprio la libertà di divieto, perché «l’ammissibilità in via di principio del single all’adozione legittimante, oltre ad accendere non infondati dubbi di legit­timità costituzionale, vanificherebbe quanto previsto dall’attuale normativa» e così «snaturando profondamente l’i­stituto ». La frase di oggi è monca. Non è sbagliata, ma è monca, e dunque è an­cora più sbagliata perché inganna.
Il legislatore ’potrebbe’, lo sapevamo già da prima, senza che Strasburgo s’im­mischi. Ma non lo farà, perché non vio­lerà la propria Costituzione. Né tradirà l’obbedienza ai Trattati che impongono in tutte le scelte il best interest del bam­bino, rispetto al quale non è paragona­bile il desiderio di un singolo alla infini­ta offerta di accoglienza di madri e pa­dri adottivi in lista d’attesa. Da noi, la stessa legge d’impianto sull’adozione ha per titolo ’Diritto del minore a una famiglia’. Non dice «all’assistenza», di­ce alla famiglia. E famiglia è quella de­finita nell’articolo 29 della Costituzio­ne. La Cassazione lo sa, e ha deciso in modo conforme, ed è quel che conta. Poteva risparmiarsi quell’uscita malde­stra, tutto qui.