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 2011  febbraio 15 Martedì calendario

I girasoli di Van Gogh stanno appassendo - I gialli luminosi dei quadri di Vincent van Gogh si stanno lentamente spe­gnendo

I girasoli di Van Gogh stanno appassendo - I gialli luminosi dei quadri di Vincent van Gogh si stanno lentamente spe­gnendo. È la triste notizia data da un gruppo di ricer­catori europei, fra cui mol­ti italiani, e apparsa ieri sulla rivista Analytical Chemistry : «Le sfumatu­re del giallo, tipiche della vibrante pittura di van Gogh e di altri im­pressionisti come Pissarro, Manet e Reinoir, sono a rischio», spiega Costanza Miliani, ricercatrice del­l’Istm­ Cnr e coautrice dello stu­dio, perché quei gialli sono a base di cromato di piombo e hanno una scarsa stabilità chimica e fotochi­mica, «che si manifesta nel tempo con un marcato imbrunimento». I pittori del XIX secolo erano stati at­­tratti dalle possibilità espressive dei pigmenti di nuova formulazio­ne prodotti grazie all’evoluzione della chimica di sintesi, ma alcuni di questi pigmenti hanno mostra­to nel tempo una maggiore – e dele­teria - reattività rispetto agli agenti atmosferici come luce, temperatu­ra e umidità, rispetto ai materiali naturali dell’arte tradizionale. Notizia tristissima, perché il «giallo van Gogh» ha emozionato e continua a emozionare chiun­que lo guardi con partecipazione emotiva. Lo ha dimostrato il suc­cesso della recente mostra al Vitto­riano (aperta fino al 20 febbraio), lo ha confermato il successo della performance teatrale di Paola Ve­neto, La discesa infinita , rappre­sentata pochi giorni fa dalla «Picco­la Compagnia la Luna e sei soldi», proprio al Vittoriano. E noi non vo­gliamo che quei gialli si spengano. A costo di sembrare pazzi. Come “pazzo” fu definito van Gogh an­che a causa di quei colori allucina­ti. Da più di un secolo psicanalisti e psichiatri si sono addirittura divisi in due scuole: i francesi dicono che van Gogh era epilettico e i tedeschi che era schizofrenico. Poi ci sono centinaia di altri che hanno avan­zato una quantità incredibile di ipotesi sofisticate. Ne elenco solo alcune: colpo di sole cronico o in­fluenza del giallo, epilessia psico­motoria, dromomania, eccitazio­ne maniacale, desiderio di castra­zione, omosessualità inconscia di tipo masochista e passivo, intossi­cazione da essenza di trementina. Infine, persino febbre gialla, a giu­stificare tutto quel giallo nei dipin­ti. Per me, che in un libro su van Go­gh­ho aggiunto un punto interroga­tivo dopo Follia , sono sciocchez­ze. La cosiddetta follia di van Gogh fu un prodotto – anche – della de­nutrizione e dell’eccessivo uso di assenzio: sentite cosa disse il 24 marzo 1889, con una semplicità commovente, al dottor Rey che lo rimproverava di avere bevuto trop­po alcol: «Lo ammetto, ma per rag­giungere l’alta nota gialla che ho raggiunto quest’estate ho dovuto montarmi un poco». Alcol, sì, ma soprattutto il frutto di un dolore estetico/esistenziale. Ho trovato un’impressionante somiglianza in un passaggio della Nausea di Jean-Paul Sartre (1938) e in una lettera di Vincent al fratel­lo Theo, quasi mezzo secolo pri­ma. Scrive Sartre, nel suo romanzo sull’esistenzialismo: «Quella radi­ce. Tutto in rapporto a essa era as­surdo. Assurda. In rapporto ai sas­si, ai cespugli,all’erba gialla,al fan­go secco, all’albero,al cielo.Assur­da, irriducibile. Niente, nemmeno un delirio profondo e segreto della natura poteva spiegarla. Davanti a quella grossa zampa rugosa, né l’ignoranza né il sapere avevano importanza. Il mondo delle spiega­zioni e delle ragioni non è quello dell’esistenza.Quella radice esiste­va, e in un modo che io non potevo spiegarla». Van Gogh aveva scritto: «Se si di­segna un salice come se fosse un essere vivente, e in definitiva lo è ve­ramente, tutto il resto segue con fa­cilità. Basta concentrare l’attenzio­ne su quell’unico albero finché non si è riusciti a infondergli la vita. Volevo esprimere qualcosa della lotta della vita sia in quella pallida e sottile figura di donna come pure nelle radici nere, contorte e nodo­se. O meglio: visto che ho cercato di riprodurre fedelmente la natura come io la vedevo, senza farci su della filosofia, in tutti e due i casi, involontariamente, si vede qualco­sa di quella lotta. Sia nella figura che nel paesaggio vorrei esprime­re non una malinconia, ma il dolo­re vero». Van Gogh ci mostra la disperata, violenta, volontà di esistere della natura, e la esprime soprattutto at­traverso quel colore. Il giallo dei campi di Van Gogh è lo stesso gial­lo accecante di chi guarda dritto il sole nel pieno della sua luce. È il so­le che si trasferisce sulla terra nelle spighe di grano, con una forza e una brutalità che affascinano noi come affascinavano Vincent. I mie­titori, nei suoi quadri, sono come travolti da quell’urto,che assume i movimenti delle onde del mare. In­somma, credo che la chimica c’en­tri poco con l’emozione che ci dà quel giallo, ma ora bisogna assolu­tamente salvarlo. I primi risultati suggeriscono, per una cupa legge del contrappasso, di proteggere le pitture dagli UV, ovvero proprio da quella luce solare che volevano esaltare. Confidiamo che la scien­za possa fare di più. Spesso è capa­ce di emozionarci anche lei.