Mario Platero, Il Sole 24 Ore 15/2/2011, 15 febbraio 2011
I TAGLI MIRATI DEL PRESIDENTE
Tagli mirati o tagli a tutto campo? Il bilancio 2012 presentato ieri da Barack Obama ha l’ambizione di ridurre quanto più possibile la spesa pubblica nel breve termine, sacrificando voci di spesa a lui care, per salvare alcuni «investimenti per il futuro». I repubblicani chiedono invece tagli di spesa «fissi» per ogni categoria di spesa e hanno già criticato il presidente per non aver affrontato questioni più di medio lungo termine che rischiano di lasciare gli Stati Uniti addirittura fino al 2021 in una posizione di debitore netto internazionale. È attorno a queste due posizioni che si è animato già ieri un conflitto politico fra democratici e repubblicani nella Capitale, con un occhio già saldamente mirato alle prossime presidenziali. Fra i dati salienti di questo documento di 3000 pagine: la proiezione di un tasso di crescita del 2,7% per l’anno in corso e del 3,6% per il prossimo anno, con tassi di disoccupazione che resteranno elevati per l’anno in corso, attorno al 9%, per poi migliorare fino all’8,6% per la fine del 2012.
«Questo bilancio mette il paese sulla via giusta per riequilibrare i conti e conferma il mio impegno per dimezzare il disavanzo entro la fine del mio primo mandato», ha detto ieri mattina Obama durante una visita in una scuola di Baltimora per sottolineare l’importanza di bilanciare i tagli con investimenti ad esempio nell’educazione. Una posizione di fondo che trova riscontro nei dati, nelle tabelle e nei capitoli di spesa di questo bilancio 2012, il Blue Book, inviato ieri mattina al Congresso. Il presidente prevede per l’anno fiscale che comincerà il primo di ottobre un bilancio federale di 3.730 miliardi di dollari e un disavanzo pubblico di 1.100 miliardi di dollari, già di 500 miliardi di dollari inferiore rispetto a quello dell’anno in corso.
Sembrerebbe a prima vista un progresso importante, visto che, sempre ieri, le stime aggiornate per il disavanzo 2011 sono salite a quota 1.600 miliardi di dollari, pari all’11% del Pil, un record che non si registra dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ma il risparmio dipende semplicemente dal reinserimento di un contributo sociale in busta paga, congelato una tantum per l’anno in corso, per stimolare la domanda delle famiglie e restituire vigore all’economia, circa 500 miliardi di dollari. Il presidente ha anche proposto un taglio cumulativo delle spese per i prossimi dieci anni di 1.100 miliardi di dollari. Questi tagli derivano in gran parte dal congelamento per cinque anni delle spese discrezionali non legate alla sicurezza che i repubblicani vorrebbero invece tagliare. Complessivamente per l’anno fiscale 2012 si prevede di colpire 200 programmi federali con un risparmio di 33 miliardi di dollari. Ma si concede agli stati una moratoria di due anni per rimborsare il debito sui contributi disoccupazione. 78 miliardi di dollari saranno tagliati dal Pentagono e tagli saranno apportati a un fondo per aiutare i poveri a riscaldare le case d’inverno, si taglieranno anche i "Pell Grants" per l’estate, programmi per concedere coperture dei costi scolastici per i più poveri: «Sono tutte cose a cui tengo moltissimo – ha detto sempre ieri Obama – ma occorre dare il buon esempio». Il suo obiettivo: ridurre l’attuale rapporto defict Pil dall’11% attuale al 5-7% l’anno prossimo. Nel 2018 il rapporto scenderà secondo le previsioni al 2,9%, un disavanzo considerato sostenibile.
«È vero, c’è il buon esempio, ma il problema strutturale resta aperto», dichiara l’economista Allen Sinai. «Il rischio è che fra qualche anno ci ritroveremo punto e a capo». Secondo Sinai Obama in questo bilancio non ha tenuto conto della raccomandazione della commissione bipartisan che chiedeva di affrontare nodi chiave: l’aumento dell’età pensionabile, o forti riduzioni di alcuni programmi sanitari che saranno sempre più oberati dai costi con l’invecchiamento della popolazione. Il risultato è che se i disavanzi cominceranno a scendere con il 2012 e continueranno nel 2013, riprenderanno poi a salire nel lungo termine. Il debito pubblico ad esempio continuerà a salire fino al 2021 aggiungendo fino a 7.200 miliardi di dollari al debito federale, che resterà un problema. E si torna alla dicotomia fra lungo e breve termine, che è poi il dilemma di ogni politico.