Khaled Fouad Allam, Il Sole 24 Ore 15/2/2011, 15 febbraio 2011
E SE GLI USA AVESSERO LA SOLUZIONE?
La partita che si sta giocando in Medio Oriente, sia nella fascia araba che in quella iraniana, è molto importante, perché nei prossimi mesi e anni determinerà l’assetto politico del mondo arabo e islamico. Pochi giorni fa ho scritto su queste pagine delle tensioni che avrebbero potuto innescarsi in un piccolo paese come il Bahrein, costruito sull’anomalia di una popolazione a maggioranza sciita governata da secoli da un sultano sciita, con un primo ministro che è lo stesso da quarant’anni; in effetti oggi vi sono stati scontri fra polizia e manifestanti, perché la popolazione sciita rivendica una maggiore partecipazione politica. L’Europa non pare consapevole di quanto sta accadendo. Tra i pochi che sembrano aver misurato la portata degli eventi c’è il ministro Roberto Maroni, che ha parlato di un nuovo crollo del muro di Berlino.
L’effetto di quanto accade si sta propagando anche nella fascia iraniana: a Teheran vi sono state manifestazioni e l’arresto del leader dell’opposizione Karroubi. Nonostante l’appoggio dell’ayatollah Khamenei alle manifestazioni di piazza Tahrir al Cairo, i giovani iraniani e l’opposizione sanno bene che, come recita un detto arabo, il leone anche se prende la maschera della colomba rimane leone. Ma in tutti questi eventi qualcosa sembra sfuggire a troppi analisti: il ruolo degli Stati Uniti, che sono consapevoli di come la contestazione delle masse arabe vada pensata in funzione della questione iraniana. Negli ultimi anni si sta giocando il ruolo della futura potenza regionale del Medio Oriente: l’Iran o la Turchia?
L’Iran è sciita, la Turchia è sunnita. È di fondamentale importanza per Washington mantenere il proprio ruolo di potenza strategica attraverso il sunnismo: la crescita dell’egemonia sciita in tutta la fascia mediorientale e anche nei paesi del Maghreb – in Marocco, ad esempio, vi è stato un tentativo di penetrazione sciita attraverso alcuni gruppi fondamentalisti islamici – spiega come gli Stati Uniti, ritenendo inopportuno innescare una guerra contro l’Iran (che comporterebbe una guerra contro gli sciiti, dal Libano al Bahrein e ad altri paesi) cerchino di utilizzare le masse arabe per innescare una reazione a catena dal Maghreb fino all’Iran. Il potere degli ayatollah potrebbe così venire destituito dalla forza della piazza.
Contrariamente a ciò che si pensa, gli Stati Uniti hanno una strategia nel Medio Oriente; sanno ad esempio come la competizione tra sunniti e sciiti si stia evolvendo in un paese come la Siria, dove si è assistito ad una gara fra Iran e Turchia su chi facesse i più ingenti investimenti economici. La Siria e il Libano sono il terreno di sperimentazione per i futuri assetti politici dell’equilibrio tra sunniti e sciiti e del mondo islamico in generale.
Gli Stati Uniti hanno capito che per l’equilibrio strategico del pianeta è necessario attenuare l’antagonismo tra sunniti e sciiti; essi hanno ancora bisogno dell’Arabia Saudita, ma potranno mantenere l’alleanza saudita solo se riescono a frenare la corsa dell’Iran all’egemonia sul mondo arabo e islamico.