DARIO PAPPALARDO , la Repubblica 14/2/2011, 14 febbraio 2011
IL 17 MARZO DI LATERZA "PORTIAMO A SCUOLA STORICI E FILOSOFI"
La vera Unità d´Italia si è fatta a scuola e a scuola va raccontata. Ha pensato questo Giuseppe Laterza, quando, parlando con gli storici della sua casa editrice, si è accorto che il ministero dell´Istruzione non aveva preso nessuna grande iniziativa nazionale per l´anniversario dei 150 anni. E allora – aule chiuse o no per il 17 marzo – l´iniziativa l´ha lanciata lui con il cugino Alessandro Laterza. Qualcuna il 15, qualcun´altra il 16 o il 17 marzo, dieci scuole italiane, a Roma, Torino, Genova, Bologna, Bari, Milano, Palermo, Firenze, Napoli e Vicenza, si apriranno alla città (dal pomeriggio fino a tarda sera) per celebrare L´Italia unita a scuola. Raccolti attorno alle cattedre e tra i banchi, parteciperanno, con docenti e studenti, cinquanta personalità, tra cui: Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Emilio Gentile, Luca Serianni, Franco Cardini, Sergio Romano, Ilvo Diamanti, Lucio Villari; il programma sarà definito a inizio marzo. Di certo, in ogni scuola si affronterà un tema (da "Lavoro" a "Legalità e libertà"), ci saranno confronti, ma anche concerti musicali e proiezioni di video.
«Abbiamo pensato: apriamo la scuola ai cittadini. Facciamo della scuola un luogo dove discutere dell´Unità d´Italia», racconta Giuseppe Laterza, reduce da tre settimane di incontri con presidi e professori dal nord al sud del Paese. «Pensavamo di fare tutto il 17. Poi, quando il governo con un certo "tempismo", si è ricordato che quel giorno doveva essere una festività, alcune scuole ci hanno chiesto di anticipare al 15 e al 16». Dopo ancora, il ministro Gelmini ha parlato di scuole aperte il 17. «Le due di Roma e Torino, comunque andrà a finire la faccenda, resteranno aperte per l´occasione – precisa Laterza –. Per tutte si tratterà di un´occupazione festosa».
Perché la scuola?
«Perché nelle scuole si è fatta l´Italia e soprattutto si sono fatti gli italiani. Al momento dell´Unità, solo il 3-4% della popolazione conosceva la nostra lingua. Grazie alla scuola, siamo diventati, da sudditi analfabeti, cittadini in grado di rivendicare il diritto di voto. E poi ancora oggi gli insegnanti, sottopagati ed emarginati dai mezzi di comunicazione, costituiscono un fattore di unificazione: in un tempo come quello che viviamo, fanno sì che questo Paese resti in piedi».
Come si racconta l´Unità nel momento in cui i miti risorgimentali e l´idea di nazione vengono messi così in discussione?
«Noi pensiamo di ridiscutere l´italianità senza tabù, senza retorica. Non ci siamo posti formalismi, né problemi di equilibrismo politico o di lottizzazione dei contenuti. Le ragioni per essere italiani vanno riconquistate ogni giorno: l´italianità non è un feticcio che non si può discutere. Per questo, nelle scuole ci saranno storici come Maurizio Viroli, sostenitore di un patriottismo repubblicano mazziniano, ma anche come Alberto Banti, che sostiene l´impossibilità di rifarsi ai miti risorgimentali, ormai troppo lontani dalla nostra società. Un riferimento unico però ce l´abbiamo ed è il presidente Giorgio Napolitano».
Con la sua idea crede di sostituirsi a una scarsa iniziativa del ministero dell´Istruzione?
«No, non voglio sostituirmi a nessuno. Anzi, io sono riuscito solo a organizzare una collaborazione con dieci scuole. Invito Einaudi, Feltrinelli, il Mulino, Zanichelli a fare lo stesso. L´editore ha doveri civili. Chi fa il mio lavoro ha un privilegio enorme e deve restituire questo privilegio alla società. Tutti i giorni cerchiamo di promuovere anche iniziative che non abbiano un riscontro commerciale. Lo stato di perdurante ignoranza del nostro Paese non è un problema di cui ci si possa solo lamentare. La classe politica ha colpe più grandi, ma tutti siamo chiamati. Non bisogna solo protestare, ma anche agire e darsi da fare».
La manifestazione coinvolge scuole di tutto il Paese. Di città più vicine alla Lega e di altre, del sud, che si confrontano con problemi differenti da quelle del nord...
«Non mi sono posto il problema della Lega. Ho risposto a domande specifiche delle singole scuole, con loro ho scelto i temi. A Roma, per esempio, hanno chiesto di trattare il federalismo e ho chiamato Lucio Villari per questo. La politica non c´entra niente: la scuola è il luogo dell´unità. Ma tengo a precisare che non ci saranno solo dibattiti. Non si terranno esclusivamente "lezioni", ma anche altri tipi di interventi gestiti dai docenti: gli studenti intervisteranno i cittadini sulla "loro" storia. Chiederanno agli italiani dove erano durante piazza Fontana o il rapimento Moro. Produrranno filmati e materiali che poi raccoglieremo sul nostro sito Internet. Nel programma indicheremo solo l´orario di inizio, tra le 15 e le 16, poi si andrà avanti in libertà, anche con concerti, proiezioni di filmati, letture. La grande storia di Raitre fornirà a ogni scuola un video di riflessione. A Torino, dove si parlerà di lavoro, saranno proiettate le interviste agli operai Fiat degli anni Cinquanta».
Nel confrontarsi con le scuole in queste settimane, ha scoperto qualcosa di nuovo?
«Non immaginavo – ed è una mia colpa – di trovare delle energie così vive nella scuola italiana. Così come mi ha sorpreso la grande disponibilità dei cinquanta, autori Laterza e non, che hanno risposto subito "sì" alla richiesta di partecipare. Così, per una volta si incontreranno, a scuola, persone che tra loro non si incontrano mai».