FILIPPO CECCARELLI , la Repubblica 13/2/2011, 13 febbraio 2011
CIANO CACCIA AI DIARIO
«Se queste mie note vedranno un giorno la luce…». A proposito dei diari di Galeazzo Ciano, e della loro storia senza fine, si può iniziare in modo prosaico, sia pure in versi, per giunta attribuiti a Curzio Malaparte, che del ministro degli Esteri nonché genero di Mussolini fu buon amico. E dunque: «Nel trentanove, ultima annata buona,/ nel cuoio antico della sua poltrona,/ Ciano a Palazzo Chigi aveva inciso/ col temperino un profetico avviso:/ "Attenti al culo"». Per quanto rivelatosi drammaticamente vano, quell´auto-avvertimento trova riscontro in alcune carte dello spionaggio americano che all´avventurosa vicenda dei diari aggiungono pezzi di verità. Le ha scovate Mario J. Cereghino nei National Archives and Records Administration di College Park (Maryland) e rivelano come anche gli alleati sapessero dove Ciano conservava queste sue agende a Palazzo Chigi: «In una cassaforte collocata all´interno di un muro - scrive nell´agosto del 1944 il tenente colonnello Henry H. Cummings - alle spalle del suo tavolo di lavoro», dunque non lontano dalla poltrona di cuoio dell´epigramma. Di qui il ministro le tirava fuori e «era solito leggerne dei brani» ad alcuni selezionati ospiti.
Tra questi c´era proprio Malaparte. Nel suo rapporto al controspionaggio annota Cummings che nel 1942, quando la guerra cominciava a mettersi male e qualcuno suggeriva a Ciano di cercare rifugio all´estero, questi aveva confidato allo scrittore: «La pubblicazione dei diari non solo mi proteggerà da vendette politiche e da persecuzioni, ma finirà per riabilitarmi persino agli occhi dei miei avversari».
In realtà, quando gli americani iniziano a occuparsi di quelle carte, Ciano è stato fucilato alla schiena sette mesi prima, nel carcere degli Scalzi di Verona. Ma come si affretta a scrivere l´agente Usa, ha fatto in tempo a confidare che i diari sono al sicuro: ce li ha sua moglie, Edda Mussolini, che è riuscita a trafugarli in Svizzera, «sotto i vestiti, il che spiega come si fosse diffusa la voce che fosse incinta».
Gli americani ricostruiscono la traiettoria di quello che Ciano considerava il suo «tesoro più prezioso», «un´assicurazione sulla vita per Edda e i figli, al momento del collasso della Germania e della Rsi». In realtà il materiale è ampio e assai poco omogeneo, oltre che soggetto a ritocchi, riscritture, manipolazioni. Ma la guerra è ancora in corso e «nelle mani degli Alleati - fa presente Cummings - i diari diventerebbero un´arma politica immediata e di considerevole importanza». Così a ottobre di quello stesso 1944, da Washington, Dipartimento di Stato, parte un telegramma top secret diretto all´ambasciatore americano a Berna: occorre procurarsi «una copia microfilmata» di quelle carte, magari con l´aiuto dell´Oss di Allen Dulles, futuro capo della Cia, allora di base in Svizzera. In buona sostanza il dispaccio è la conferma di quella che Renzo De Felice, il massimo storico del fascismo, definirà anni dopo «un´accanita caccia» al tesoro. Perché anche i tedeschi, com´è ovvio, già prima dell´estate del 1944 si sono messi sulle tracce dei diari, pure andandoci molto vicini, anzi essendo già entrati in possesso delle annate 1937 e 1938 - anche se sono le cinque più recenti agende (gli anni dal 1939 al 1943), circa 1.200 pagine, che tutti vogliono specialmente agguantare, e il prima possibile. Meno ovvio è che nella spasmodica ricerca i nazisti procedono divisi. Da una parte ci sono le SS, cioè Himmler e Kaltenbrunner; dall´altra il ministro degli Esteri Ribbentrop, nemico personale del conte Ciano. Tra questi due gruppi di potere si colloca una figura ancora più complessa: una giovane (ventidue anni) e bionda agente dello spionaggio del Reich dalla doppia identità: Hildegard Burkhardt, alias Felizitas Beetz, che posta al fianco di Ciano durante la sua prigionia nel carcere degli Scalzi di Verona, dall´ottobre del 1943 fino alla fucilazione, finisce per volergli bene e opera per salvargli la vita: forse perché davvero ammaliata dall´indubbio fascino del prigioniero italiano; o forse perché ha già cominciato a fare il doppio gioco con lo spionaggio alleato a cui recherà i primi diari.
Sia come sia, appare evidente ciò che scrive Giordano Bruno Guerri nella sua bella biografia, Galeazzo Ciano: una vita (Bompiani, 1979): «A difenderlo solo due donne: la moglie, contro il padre e la madre; e una spia, Frau Beetz, contro la propria patria». In questo sforzo entrambi fanno leva sui diari. Edda minaccia rivelazioni spaventose ai tedeschi, ma intanto negozia con i loro nemici, scrive al duce suo padre, e con l´aiuto di Frau Beetz anche a Churchill e ai nazisti.
Pochi giorni prima della fucilazione la cordata delle SS sembra disponibile allo scambio. Parte l´«operazione Conte»: arrivano a Verona due ufficiali che dovranno prelevare Ciano per trasferirlo in Ungheria e poi in Turchia. Ma Hitler, forse avvertito da Ribbentrop, lo viene a sapere e salta tutto. Il plotone d´esecuzione esegue la sentenza. Ciano ha appena quarant´anni.
Dal gennaio del 1944 Edda dunque è in una clinica svizzera, fuori di sé, i medici temono che possa togliersi la vita. Allen Dulles si è già attivato. È una enigmatica coppia a indirizzarlo sulla pista buona: lei è una signora americana, a nome Frances Chollet, lui il corrispondente svizzero del Chicago Daily News. Sono in contatto con la moglie di Ciano e rivelano a Dulles che Edda «sta valutando la possibilità di consegnarli al governo americano o a quello britannico».
Inizia una estenuante trattativa. Il suo rapporto all´Oss di Washington, a missione compiuta, sembra il soggetto di un film in cui entrano in gioco intermediari, verifiche, fotografi, sospetti, dubbi, ripensamenti, quattrini e nobili aspirazioni. «Ma Edda insiste per parlare con me personalmente». Il 7 gennaio Allen Dulles si reca in macchina a Monthey (Valais) nella clinica. Notevole è lo studio psicologico di una donna che ha fatto tutto per salvare il marito dal padre, e si ritrova sola, vedova e con un´unica speranza in quei diari: «Edda - scrive a Washington Allen Dulles - era combattuta tra il desiderio di consegnarceli e la riluttanza a separarsi da ciò che considerava l´ultima possibilità di riabilitarsi, sia finanziariamente che personalmente. Voleva negoziare, ma senza porre condizioni che avrebbero potuto azzerare ciò che lei desiderava fosse considerato come un gesto nobile». E ancora: «Voleva lasciare la Svizzera, ma anche essere rassicurata sulla commercializzazione del manoscritto. Desiderava che l´aiutassimo a riabilitare la reputazione di Ciano. Voleva infine indipendenza finanziaria, ma al contempo non intendeva chiedere denaro. Desiderava un accordo. Tuttavia sentiva che, una volta concluso, si sarebbe messa totalmente nelle nostre mani». Al dunque: «Si è comportata con grande dignità e in maniera molto più ragionevole di quanto mi aspettassi. Sembra che le avversità le abbiano fatto bene».
L´ 8 gennaio 1945 nella stanza di Edda entra un fotografo, a nome Shacter, e con la supervisione dell´agente Tracey Barnes, inizia in fretta e furia il lavoro di fotocopiatura, che proseguirà la domenica seguente. Dulles anticipa a Edda 3.500 franchi svizzeri e sempre con un telegramma top secret avvisa i dirigenti dell´Oss che invierà i negativi a Washington, «ma per motivi di sicurezza conserverò qui le stampe fotografiche». Sono quelle che Cereghino ha trovato negli archivi nazionali britannici di Londra, l´anno scorso. Insieme ad alcune lettere di Edda a Dulles, rintracciate in America. Nella prima fissa le motivazioni della sua scelta: «I diari mi sono stati consegnati per riabilitare la memoria di Galeazzo Ciano, per vendicarne la morte e per contribuire alla lotta contro i tedeschi. Infine, per ristabilire la verità una volta per tutte». In un´altra, del giugno 1945, a guerra ormai finita, chiede aiuto, ma lo fa quasi parlando a se stessa, e in fondo a tutti gli italiani: «Mio padre ha pagato. Si è trattato dell´unica, logica conclusione di una vita straordinaria. Anche se non ce la faccio proprio a pensare allo spettacolo di Piazzale Loreto». Seguono parole molto sagge, valide allora e sempre: «In ogni modo, gli idoli non possono che cadere rovinosamente quando il popolo non crede più a loro. Vengono fatti a pezzi dalla medesima folla - stupida e cieca - che era solita adorarli. Come può capire, cerco di considerare il lato filosofico della questione. Per non crollare. Ma, per Dio, è difficile».