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 2011  febbraio 13 Domenica calendario

QUANDO LA VITA DA TOSSICO COMINCIA A SESSANT’ANNI


E c’era questa signora, girava senza meta apparente per il quartiere, anziana e malvestita e sempre con qualche sacchetto in mano, di quelle persone che parlano da sole e a volte imprecano e altre ti sorridono allegramente. Aveva gli occhi azzurri, un’espressione disperatamente simpatica, trovava sempre qualcuno me compreso che le allungasse qualche spicciolo. E niente, a un certo punto è sparita. Ho chiesto al giornalaio, lui ha risposto senza emozione. «Quella? Ah sì, è morta». Come morta? «Certo, morta. Qui, vicino alla stazione». E per che cosa? Per il freddo? «Ma no. Eroina. Overdose». Overdose.
PENSIONE IN VENA
E che ti credi, che è una cosa così rara? Certo, i più esposti al rischio di tossicodipendenza restano i ragazzini. Cocaina e pastiglie e sballi d’ogni genere si trovano facilmente, anche l’eroina è tornata in auge. E però c’è quest’altro fenomeno, certo meno analizzato anche perché è adesso che si sta affermando. Quello dei vecchi tossici, per dirla brutale proprio come fanno i ragazzi di piazza. Hanno sessant’anni, anche settanta, anche di più. Quasi sempre sono persone con decenni di tossicodipendenza alle spalle, ma non manca chi ha cominciato a farsi in età da pensione, magari una depressione, la solitudine. Per dire: Pietro D’Egidio, responsabile del Sert-Servizio per le tossicodipendenze di Pescara nonché segretario della federazione nazionale che raccoglie le associazioni che si occupano di dipendenze, conferma che «oggi, nei Sert, l’età media supera ampiamente i quarant’anni. Io ho molti pazienti in cura di età superiore ai sessanta, con alcuni che arrivano a settantacinque. E non è, questa, un’eccezione legata a Pescara, ma un trend che si sta affermando anche a livello nazionale».
E in realtà mica solo nazionale. Basta dare una letta alla relazione dell’Osservatorio europeo sulle droghe. Che conferma: «La fascia di popolazione che consuma droghe sta invecchiando, e poiché i programmi con farmaci sostitutivi mantengono sotto trattamento un maggior numero di persone, il numero dei pazienti più anziani sta aumentando». Nel senso: un tempo l’overdose per questioni mediche e anche di conoscenza della sostanza era più frequente. Oggi, fra metadone e servizi sociali, il tossicodipendente riesce sia pur in condizioni a volte penose a vivere più a lungo. Ancora dalla relazione: «In Europa, fra il 2002 e il 2005, la percentuale di pazienti con età uguale o superiore ai quarant’anni, che sono stati trattati per problemi legati all’uso di oppiacei, è più che raddoppiata, dall’8,6 al 17,6 per cento». E la previsione è che continuerà ad aumentare, fenomeno «in parte dovuto al numero di nati durante il baby boom, cioè fra il 1946 e il 1964, e al tasso superiore di consumo di sostanze in questa fascia generazionale».
PREOCCUPAZIONE
Un fenomeno che addirittura è diventato trama d’un famoso libro. E dunque, ne “La fata carabina” di Pennac, i protagonisti si calavano quelle che chiamavano «pillole della tristezza». E c’erano questi spacciatori che avevano deciso di cambiar clientela: basta ragazzini, molto meglio gli anziani, più che altro quelli che han perso ogni scopo nella vita. Con il protagonista Malausséne disposto a tutto pur di aiutarli a uscire dall’incubo. Passando poi dalla letteratura alla
cronaca, ogni tanto vien fuori il vecchietto spacciatore, tg e giornali se ne sorprendono. Giusto una decina di giorni fa ne hanno arrestato uno alle porte di Milano, ultrasettantenne, spacciava cocaina in una strada di campagna. E l’ha subito ammesso, in sostanza dicendo che «vendo perché così mi pago anche la mia, tiro cocaina da sempre». Vero, questo è un pluripregiudicato, ma ci sono anche quelli che invece lavorano in proprio, o sono in pensione dopo decenni di professione più che rispettabile.
Tanto più che Don Chino Pezzoli, fondatore delle comunità “Protezione umana”, conferma la tendenza. «Sì, anche da noi sono in cura molti tossicodipendenti avanti con l’età, soprattutto cocainomani e alcolisti, due problemi che spesso vanno in coppia. E aumentano anche i cosiddetti cronici, quelli che dopo tanti anni di stupefacenti e sostanze sostitutive tipo metadone hanno per l’appunto cronicizzato la tossicodipendenza». E in effetti si tratta sempre di persone «con una grande fragilità inferiore. La stessa fragilità che peraltro troviamo anche nei ragazzi più giovani».
Qualche anno fa, l’agenzia pubblicitaria londinese Abbott Mead Vickers Bbdo realizzò una campagna sul problema, dal titolo crudo: “Non c’è nulla come un vecchio tossico”. Le foto sono quelle che pubblichiamo sopra, in questa pagina. Non sappiamo se siano posate o reali, comunque questo è ciò che abbiamo visto accade anche nella realtà. Ogni commento è superfluo.