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 2011  febbraio 13 Domenica calendario

E MOURINHO INVENTÒ IL COACHING NEURONALE

«Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio» – copyright José Mourinho – è l’esergo in copertina di L’alieno Mourinho (Isbn Edizioni) scritto da Sandro Modeo, saggista e collaboratore del «Corriere della Sera» e delle pagine sportive del «Guardian». Il volume tenta di dimostrare la non casualità dei successi dell’allenatore portoghese: importanti, numerosi e concentrati nel tempo. Lo fa, com’è lecito aspettarsi, appoggiandosi ad alcuni riferimenti biografici ma più che altro dispiegando una raffinata conoscenza degli strumenti psicologici, della filosofia, delle neuroscienze e della storia. Si comincia dal ricordo di alcuni illustri predecessori di "Mou": Bela Guttman, l’allenatore ebreo-ungherese del Benfica campione d’Europa nel ’61 e ’62; Arthur Jorge, anche lui portoghese, anche lui vincitore di una Champions nel 1987 ma allenatore- laureato, esperto di musica e pittura, autore di versi sperimentali. Modeo rievoca partite leggendarie, contesti storici, ambienti psicologici e sociali. Quando deve spiegare l’interesse di Mourinho per le neuroscienze, lo mette a confronto con «l’unico vero precedente», il colonnello Labanovskij allenatore della grande Dinamo Kiev degli anni 80 coadiuvato dal consulente e bioingegnere, Anatoly Zelentsov. Nel confronto ha modo di spiegare la teoria dell’uomo neuronale di Pierre Changeux, mettendola in relazione all’ottica coincidente di Gerald Edelman. Si appoggia poi alle ricerche di un altro portoghese, il neuro scienziato Antonio Damasio che, non a caso, firma una ricca introduzione a Questioni di metodo, uno scritto sulle metodiche di training e coaching di Mourinho, metodiche nelle quali Damasio riconosce le implicazioni neurobiologiche delle sue acquisizioni sul cervello. È con questi argomenti che spiega «l’induzione all’errore del presidio sacchiano». Modeo interpreta anche gli atteggiamenti da «professionista della persuasione» di Mourinho riferendoli al lavoro dello psicologo sociale e cognitivo Robert B. Cialdini. Ma c’è modo anche di parlare di Tiziano, Giotto e Piero della Francesca, di Nuno Goncalves e della Missa pro defunti di Duarte Lobo. Non inganni la concentrazione di riferimenti colti, nel volume di Modeo si parla più che altro di calcio, di schemi, di giocatori, di aneddoti gustosi (la presenza del «tifoso interista» Alfred Hitchcock alla finale di Vienna 1965 di Coppa dei Campioni: Inter-Real 3-1). Modeo critica l’atteggiamento diffidente degli addetti ai lavori nel nostro paese che sempre «si compatta in una base tecnicamente approssimativa, sclerotizzata da decenni in un formulario che vorrebbe essere disincantato ed è solo opacamente e cupamente reazionario».

«Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio». È vero per il calcio com’è vero per la politica, per l’economia, la scienza, la letteratura, la musica. Guardiamo alla politica – aldilà delle miserie odierne – e leggiamo la stessa base tecnicamente approssimativa, compiaciuta, sclerotizzata da decenni nello stesso formulario. Gli scienziati, troppo spesso, si interrogano tra di loro. Alcune pagine di "cultura" sembrano scritte apposta per non essere lette che dal capo-servizio del giornale concorrente. Se chi ne sa di calcio ne sapesse anche un po’ di letteratura; se chi ne sa di politica si incuriosisse anche di neuroscienze... Insomma se ci si riappropriasse tutti di una visione "umanistica" del sapere e delle pratiche forse riusciremmo a fare qualche passo in avanti nella comprensione del mondo. E riusciremmo a goderci meglio anche una «bella partita!».