Guido Olimpio, Corriere della Sera 14/02/2011, 14 febbraio 2011
E ORA SCATTA LA CACCIA AL TESORO DI MUBARAK —
Dove è il tesoro del Faraone? E il denaro sottratto dalla cricca? Gli egiziani rivendicano i beni trafugati, chiedono aiuto nella caccia ad un bottino consistente. Si è parlato di 50-70 miliardi di dollari, di ville, di società. Fonti di intelligence vanno al ribasso: da un minimo di 2 miliardi ad un massimo di 5. A queste somme aggiungono circa 6 miliardi di dollari frutto di tangenti e commissioni finite nelle tasche di personaggi vicini al potere. Cifre pazzesche per l’Egitto, dove c’è chi porta a casa due dollari al giorno. La Svizzera ha annunciato il congelamento di conti legati al deposto presidente e la Gran Bretagna ha auspicato un’iniziativa internazionale per segnalare movimenti finanziari sospetti. Sembra che il clan Mubarak abbia spostato i «risparmi» negli Emirati. Una mossa identica a quella dei familiari del tunisino Ben Ali e sulla quale sta lavorando anche l’Fbi. Gli analisti, quando si parla del tesoro, fanno una distinzione. Lui, il raìs — sostengono — ha vissuto senza troppi fasti ma ha lasciato fare alla famiglia. Nei documenti diffusi da Wikileaks— ormai citati ogni volta che cade un dittatore— i diplomatici americani riportano le notizie, non sempre controllabili, sugli affari della moglie del presidente, Suzanne, e i figli Gamal e Ala. Attorno un branco di «squali» che oggi cerca di prendere le distanze con ridicoli annunci sui giornali. E pensare che fino a cinque giorni fa, nei colloqui con Omar Suleiman, alcuni di loro maledivano i giovani dimostranti. La figura chiave del sistema era Gamal, punto di contatto tra il potere — quale capo del comitato politico del Pdn, il Partito democratico nazionale — e l’imprenditoria. Dopo aver lavorato alla Bank of America in Inghilterra ha fondato una società le cui azioni sono di proprietà di un fondo con base a Cipro. Un’altra pista conduce a Panama. Gamal ha stabilito un rapporto solido con la Efg-Hermes, la più grande banca di investimenti egiziana. Inoltre, con il fratello Ala, ha messo in piedi un impero che spazia dal turismo all’agricoltura. Si è poi parlato di palazzi e residenze che i Mubarak avrebbero acquistato nel corso degli anni. Sono di nuovo fonti americane — citate dal New York Times — a ridimensionare. Gamal Mubarak è proprietario di una townhouse (casa a schiera) nel quartiere di Knightbridge a Londra. Qualcuno sostiene che l’avrebbe venduta per 18 milioni di dollari, ma non c’è traccia di alcun contratto e testimoni hanno segnalato la presenza, in tempi recenti, di Gamal. Hosni Mubarak) possiede, invece, la villa dove si è rifugiato a Sharm El Sheikh. È inserita in un complesso realizzato da Hussein Saleh. Imprenditore, amicone del raìs, ha avuto problemi con la giustizia dopo aver truffato il Pentagono— 8 milioni di dollari— sulle spedizioni militari in Egitto. Un precedente che non gli ha impedito di continuare a concludere affari. Saleh fa parte della «muta di squali» . Deputati del Partito nazionale democratico che grazie alla tessera e ai legami personali con il clan hanno potuto acquisire posizioni di monopolio. Un processo favorito dalla liberalizzazione dell’economia decisa da Mubarak negli Anni 90. Terre demaniali sono state vendute a prezzi irrisori e sono servite poi per le classiche speculazioni edilizie. Le banche hanno concesso prestiti generosi ai predestinati. Le autorità hanno sorvolato sulle regole. E per tanti è stata la cuccagna. Ahmed Ezz, in stretti rapporti con Gamal e membro del Parlamento, è diventato il re dell’acciaio. Un uomo che incarna il simbolo della corruzione: i dimostranti hanno bruciato la sua immagine insieme a quella del raìs. Ma non era certo l’unico. Gli oppositori citano il deputato Ibrahim Kamal, l’ex ministro Abul Einen e Hisham Talaat Mustafa. Quest’ultimo era in prigione per un delitto che ha fatto notizia. Ha ingaggiato un killer per uccidere la sua amante, la bellissima cantante Suzanne Tamim. La rivoluzione lo ha salvato. Mustafa è evaso dopo l’assalto della folla al penitenziario.
Guido Olimpio