Giuseppina Manin, Corriere della Sera 13/02/2011, 13 febbraio 2011
«LA VITA IN UN GIORNO»: IL FILM GIRATO DA 80 MILA VIDEOAMATORI —
La data fissata era il 24 luglio 2010. Un sabato di luna piena. Spettacolo consueto e straordinario. Come le vite di tutti noi che in quello stesso giorno ci siamo svegliati, abbiamo lavorato, amato, sofferto, sognato... Forse ci siamo sposati, forse ci siamo lasciati, abbiamo assistito alla nascita o alla morte di qualcuno. Insomma, un giorno sulla Terra, uguale e diverso da tutti gli altri. E con una pallida Luna su un cielo nero inizia e chiude La vita in un giorno, 24 ore di vita sul nostro pianeta, catturate da migliaia di occhi sparsi nel mondo. Primo esperimento nella storia di un film girato da un’anonima e smisurata comunità di filmaker chiamati all’appello via web da Ridley Scott (che lo ha prodotto con You-Tube) e dal regista Kevin Macdonald. Ciascuno a filmare dal suo osservatorio privato un frammento di quel 24 luglio e caricarlo su YouTube. Più di 80 mila i video arrivati (2300 dall’Italia, sesta per adesioni), in tutto 4500 ore di materiali da 197 Paesi. Un magma di immagini, le più disparate, che ha richiesto un lavoro di selezione furibonda. Dal quel caos, il demiurgo Macdonald ha estratto 331 clips, 90 minuti di film, montati sui ritmi del giorno e della notte, scanditi dalle risposte ad alcune domande degli organizzatori: cosa ami, di che hai paura, cos’hai in tasca, cosa ti fa ridere? Presentato lo scorso gennaio al Sundance Film Festival, “ Life in a Day” ieri è approdato alla Berlinale, sezione Panorama. E chi volesse, può divertirsi a esaminare su “ youtube. com/lifeinaday” il resto dei contributi. Ma tornando alla magica luna di questa cronaca planetaria, la sua luce svela uomini e animali ronfanti, elefanti che si godono un bagno notturno, un ragazzo che ulula come un lupo mannaro, un muezzin che alza la sua preghiera da un minareto. Una quiete incantata interrotta dai tenui colori dell’alba. Sveglie e galli lanciano ovunque i loro allarmi: è tempo di alzarsi. Piedi di tutto il mondo uniti, umani e animali in marcia frenetica verso il nuovo giorno. Prime colazioni d’ogni tipo, giornali freschi per tutti. Anche per chi sta in un letto d’ospedale, la maschera d’ossigeno sul volto, il monitor a controllare un cuore matto. La nascita del giorno ne porta con sé altre: un bimbo, un cucciolo di giraffa, un pulcino, tutti a far capolino nello stesso istante. Cuccioli oggetti d’amore. Ma la domanda “ cosa ami” provoca esiti sorprendenti. Accanto a Dio, Allah, le donne e il denaro, figura persino un frigorifero. Un giovane confessa timidamente di amarne un altro, un macho pretende dalla sua donna la genuflessione quotidiana. A far paura sono le stesse cose: Dio, Allah, le donne, l’omosessualità vista stavolta come malattia. La cultura di chi non si conosce. E la morte, la solitudine, la perdita di chi si ama. Nelle tasche globali infine c’è di tutto: dagli occhiali in 3d al rosario, dalle pastiglie per sopravvivere a un osso per pulire i denti, dalle pistole alle siringhe. Indimenticabili alcune presenze. Il ciclista coreano che da nove anni pedala intorno al mondo pregando per l’unificazione delle due Coree, il piccolo lustrascarpe peruviano che al suo computerino studia la storia e la matematica, la giovane madre che lotta contro il cancro, la bimba acrobata che si infila il casco per arrampicarsi in cima a una piramide umana. Scende un’altra notte. Su una spiaggia dei giovani accendono i fornelli a decine e decine di mongolfiere che si alzano nel buio. E vanno a confondersi con le stelle. Sempre ieri, un altro scampolo di vita vissuta arriva, senza bisogno del web, dal fronte italiano. Gianni Di Gregorio, già a Berlino due anni fa con Il pranzo di Ferragosto propone ora il seguito ideale con Gianni e le donne. Titolo che, date le nostre cronache politiche, si presta a battute dalla stampa estera. «Ben vengano, sarei felice di mostrare un’altra Italia, un altro modo di vedere le donne» , commenta l’attore-regista, per la seconda volta alle prese con un’ingombrante figura materna. Valeria Bendoni, che ne è fantastica interprete, non è qui per via del freddo ma si fa viva ogni momento: «Mi chiama per chiedermi se sono coperto abbastanza, per ammonirmi di non fumare… Proprio come mia madre» , sospira. Affinità scoperte al primo incontro. «Dopo dieci minuti già mi schiavizzava. In modo gentile, s’intende: Gianni caro, ti spiacerebbe…» . Se la madre originale è morta 15 anni fa, la copia conforme ne continua le imprese, sempre più prepotente: «Mia madre mi ha fatto diventare matto, ero a suo perenne servizio, buttava il denaro dalla finestre per le feste con le amiche e non pagava mai un conto. Se appena mi ribellavo mi minacciava di lasciare tutto ai preti. Ma era così simpatica, così seduttiva, che ero felice di esser la sua vittima. Neanche con i film riesco a esorcizzarla. Mi sa che dovrò affrontarla in un terzo capitolo» .
Giuseppina Manin