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 2011  febbraio 13 Domenica calendario

IL VIMINALE PUNTA A INVIARE AGENTI IN TUNISIA —

Un accordo, anche temporaneo, per l’invio di un contingente di polizia italiana in Tunisia che collabori con le autorità locali e ripristini i controlli sulle coste. Si muove con questo obiettivo l’attività di Viminale e Farnesina, ma l’assenza di interlocutori nel governo di Tunisi ne rende complicata la realizzazione. Gli appelli all’Unione Europea sono al momento caduti nel vuoto e questo potrebbe presto costringere il ministro dell’Interno Roberto Maroni a derogare a quella linea di fermezza mostrata sino ad ora. La scelta, ribadita anche ieri, di tenere chiuso il Centro di Lampedusa vuole inviare un messaggio esplicito: «L’Italia affronta l’emergenza umanitaria, però non modificherà la sua politica sull’immigrazione clandestina» . Ma di fronte agli arrivi continui e alle migliaia di clandestini che si ammassano sull’isola è possibile che si debba fare marcia indietro già prima di giovedì prossimo, quando la decisione sull’utilizzo della struttura sarà affidata al comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza. Del resto il silenzio dell’Europa dimostra come a livello internazionale si ritenga che — almeno in questa fase— debba essere l’Italia a farsi carico della gestione di chi scappa dall’Africa. La Tunisia è al collasso, ma ad allarmare gli apparati di sicurezza è il fermento in tutto il Maghreb, con l’Algeria che rischia di precipitare nella stessa crisi e l’Egitto dove la situazione non appare affatto stabilizzata. Dai porti e dalle spiagge delle coste settentrionali fuggono intere famiglie, moltissime donne con i loro bambini. Fuggono anche i criminali, evasi nelle scorse settimane dalle carceri lasciate senza sorveglianza. Ed è stato proprio questo a convincere il prefetto Rodolfo Ronconi, direttore del Dipartimento Immigrazione, sulla necessità di procedere alle identificazioni formali anche in questo momento di massima allerta, in modo da poter concludere nel più breve tempo le procedure e ottenere i lasciapassare ai rimpatri quando sarà ripristinato il governo. Già mercoledì prossimo, durante l’incontro fissato tra Franco Frattini e il suo collega tunisino, si potrà capire se esista ancora una rappresentanza governativa o se gli attuali ministri in carica abbiano soltanto ruoli di facciata. I segnali, anche diplomatici, giunti in queste ore avvalorano l’ipotesi che la Tunisia sia fuori controllo sia per quanto riguarda il governo, sia per quanto riguarda gli apparati di polizia e intelligence. Ed è stato questo uno dei motivi che ha convinto sulla necessità di dichiarare per decreto l’emergenza umanitaria. Il provvedimento approvato ieri consente di rilasciare permessi temporanei a chi dimostra di poter poi ottenere lo status di rifugiato e di snellire le procedure per l’alloggiamento di chi arriva. Nelle strutture governative sono disponibili seimila posti, ma esiste il rischio forte che possano diventare insufficienti entro pochi giorni. E dunque il provvedimento approvato ieri dal governo serve anche a reperire nuove strutture, sia pur temporanee. Nessuno lo dice ufficialmente, ma lo spettro che si sta materializzando è quello degli inizi degli Anni 90 con l’esodo dall’Albania che portò nel nostro Paese decine di navi con a bordo migliaia di immigrati clandestini. I sistemi di monitoraggio del mare sono certamente diversi da allora perché tecnologicamente più avanzati, però in molti Stati del Nordafrica c’è ormai la guerra civile e questo potrebbe agevolare anche la partenza di grosse imbarcazioni vista l’assenza totale di sorveglianza. I mezzi della Marina militare italiana, della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza sono costantemente in acqua ormai da giorni per la vigilanza di questa nuova rotta che si è aperta con la Tunisia, ma sono obbligati al soccorso e le regole di ingaggio impediscono che possano fermare la traversata dei pescherecci e delle altre imbarcazioni, come invece si continua a fare nel tratto di Mediterraneo di fronte alla Libia. In queste ore sono arrivate rassicurazioni dalle autorità di Tripoli sul rispetto del «Trattato di amicizia» che ha finora impedito le partenze dai porti e dalle spiagge libiche, ma il timore è che il regime del colonnello Gheddafi possa avanzare nuove richieste all’Italia e all’Europa per continuare l’attività si sorveglianza. E l’eventuale apertura di questo ulteriore fronte rischia di portare alla paralisi la gestione di una situazione che appare già gravissima.
Fiorenza Sarzanini