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 2011  febbraio 13 Domenica calendario

Splendori (pochi) e miserie (molte) del rock - Suo padre era il tecnico del suono che registrò le memorie di Chur­chill e che considerava Elvis (e persino Robert Mitchum) un maniaco sessuale

Splendori (pochi) e miserie (molte) del rock - Suo padre era il tecnico del suono che registrò le memorie di Chur­chill e che considerava Elvis (e persino Robert Mitchum) un maniaco sessuale. Per reazione Nick Kent cadde preda dell’incantesimo del rock e ne divenne uno dei critici in­glesi più brillanti (dalle colonne di New Musical Express ) raccontan­done in prima persona miserie e splendori. Kent conobbe i Rolling Stones quando non erano nessu­no ma provocavano già l’isteria ses­suale di massa («mentre suonava­no una rag­azzina mi puntò un tac­co a spillo alla gola intimandomi di cederle il posto in prima fila»); fre­quentò Bowie; fu picchiato da Sid Vicious.La sua vita è un’avventura raccontata senza sconti in Apathy for the Devil (editore Arcana, in uscita il 23 febbraio), che sposa let­teratura e disperazione. Per Kent la scintilla fu il tema dei Magnifici sette di Elmer Bernstein; violini, ritmo mariachi e melodia vivace. Ne fu sconvolto anche se «quel mondo che mi ammaliava non brillava per senso di pericolo ed eccitazione». Quel mondo che invece si aprì con i Beatles, perché nei loro brani«la sofisticazione del­­l’arte si fondeva con l’impatto vi­scerale del pop di massa ». Manca­va la cattiveria, l’edonismo, ma quelli arrivarono coi Rolling Sto­nes. Nel ’63 un fan salì su un picco­lo­palco e afferrò una gamba di Jag­ger, che se ne liberò schiantando­gli l’asta del microfono sul viso che cominciò a schizzare sangue e den­ti. «Una cerimonia voodoo finaliz­zata­a risvegliare la libido dell’ado­lescente bianco», commenta Kent. Nel ’66 scoprì il Dylan elettrico con The Band, «la prima volta che osservai gli effetti della droga: i suoi discorsi erano impacciati, la musi­ca così alta che sembrava di esser in una stanza con un jet che scalda i motori». La droga che distrugge il rock. Si capisce dai primi show dei Pink Floyd dove Syd Barrett ha gli occhi come degli zaffiri che pian piano si riempiono di presagi col­mi di sventura. La droga ha distrut­to persino John Lennon: anche nel­lo s­ballo bisogna esser professioni­sti e l’unico era Jimi Hendrix. «Pie­no di acido tirava fuori i trucchi del chitarrista selvaggio. Era la sfronta­tezza sessuale e le ragazzine attor­no al palco erano così arrapate da cercare di toccargli i genitali». Quanti di noi hanno sognato con le canzoni di Cat Stevens? Non cer­t­o Kent che lo ricorda come il trova­tore hippie e mistico da cameretta diventato il nuovo messia dei sensi­bili. Faceva impazzire le giovani donne borghesi: «Era così sdolci­nato che mi faceva male ai denti. Oggi è noto come un devoto musul­mano, ma ai tempi gli giravano at­torno più donne che a Sinatra». Nel 1975 iJethroTull erano sultet­to del mondo e con l’America ai lo­ro piedi. Kent li accompagnò in Usa ma non ne era affatto entusia­sta: «Ian Anderson usa il flauto per dare un tono mellifluo al suo gene­rico rock blues. Prima suonava per studenti che non si lavano, poi è sal­tato sul rock progressivo con ma­drigali elettrici abbelliti da testi che parlano di lascive nobildonne che frustano il sedere di giovani stallie­ri ». Come può piacere questa roba a uno il cui idolo è Iggy Pop? Kent c’era quel luglio del ’72 al King’s Cross Cinema di Londra quando Iggy e gli Stooges suonarono per pochi intimi. «Si piegò a toccare il pavimento con la testa e poi lanciò il corpo in avanti.Mentre precipita­v­a eseguì a mezz’aria un salto mor­tale. Atterrando con una piroetta continuò a strisciare tra i piedi del pubblico come un rettile».E che di­re dei Led Zeppelin?: «Imbattibili, neanche gli Who al loro picco pote­vano competere. Erano i Cavalieri dell’Apocalisse che inventavano l’idea di punk rock al testostero­ne ». Eppure erano strafatti e anda­vano in giro senza limousine né bo­dygu­ard ma solo con il manager Ri­chard Cole e il gigantesco impresa­rio Peter Grant ( come dire la mafia russa in sole due persone) che un giorno, dopo un concerto di Elvis a Las Vegas, posò il suo enorme dere­tano su una poltrona in cui era se­duto il fragile padre di Presley ri­schiando di schiacciarlo. Naturalmente uno così ha preso le sue belle batoste. La sua invasio­ne negli studi di Bob Marley non andò troppo bene. «Mi accolse con un sorriso da tagliagola e mi disse “rasclaat” che significa “sac­co di merda” in giamaicano. Han­no creato la figura di Marley come un mistico semidio, ma il mio in­contro mi fece capire che era un fi­glio di buona donna». Entrano di diritto nella storia le catenate che si beccò da Sid Vicious. Malcolm McLaren- secondo Kent- assoldò una squadra di hooligan che scate­nava risse ai concerti. Una notte, al 100 Club di Londra, Vicious assalì Kent colpendolo alla testa di stri­scio. Il mandante era McLaren: «Non riusciva a vedere i musicisti se non come gente in affitto per soddisfare le sue ambizioni da pap­pone ». Eppure Kent avrebbe dovu­to entrare nella scuderia di McLa­ren come chitarrista, con Chrissie Hynde, di una band dall’elegante nome Masters of the Backside (Pa­droni del didietro).