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 2011  febbraio 13 Domenica calendario

TREMONTI E IL DUBBIO DI ESSERE PRESI IN GIRO

Che cos’è un governo, caro Tre­monti? Uno come lei ce lo può in­segnare. È soprattutto la capacità di decidere, oltre che di ammini­­strare, affidata a un primus inter pares , il presidente del Consiglio. Questo è vero tanto più quando il capo del governo è il leader della maggioranza, nel sistema maggioritario. Può decidere qualcosa di rilevante per la vita del paese, sia pure nell’ambito di una cooperazione colle­giale, un presidente privo della facoltà di indirizzare la spesa, di dire la sua sulle en­trate (riforme fiscali), di incentivare la crescita al momento giusto, intreccian­do le­scelte economiche con quelle politi­che e di politica europea?
Evidentemen­te non può.
Lo dimostra il caso dell’ormai famosa frustata al cavallo dell’economia per por­tare l’incremento della ricchezza prodot­ta al 3­ 4 per cento in cinque anni e curare così, con riforme fiscali e liberalizzazioni radicali, il debito pubblico al 118 per cen­to del Pil che ci ritroviamo sul groppone.
Nel suo intuito, il premier si è detto: gen­te che conta ( e che non è estranea al mio caro Colbert) comincia a parlare di imposta patri­moniale sul giornale del­l’establishment (Amato, Veltroni, Capaldo), intan­to si avvicina l’11 marzo con l’avvio a Bruxelles del­la cooperazione rafforzata per la competitività del­l’area euro, e la Germania vuole certo lo sviluppo ma esige anche quel che le con­viene in cambio del suo ombrello protettivo sulle economie europee indebi­­tate, cioè una «botta sec­ca »o una serie di«botte sec­che » per ridurre i grandi debiti.
E Berlusconi da questa analisi ha trat­to l’unica conclusione possibile per la sua leadership, la sua maggioranza, il suo governo: stangate e patrimoniali no, proprio no, la nostra crescita è allo 0,8 per cento mentre quella tedesca è al 3,6, sarebbe follia deprimerla ancora elevan­do ad altezze stellari la pressione fiscale e tradendo la fiducia degli elettori del Pdl e della Lega,e dunque c’è solo la via virtuo­sa della frustata, del recupero del Sud a una logica di sviluppo moderna, e di una spinta liberista e pro mercato, pro con­correnza, che investa come una scossa elettrica l’intero paese.
Un primo passo mercoledì scorso il go­­verno l’ha fatto, in particolare con quella riforma-manifesto dell’articolo 41 della Costituzione ideata e lanciata proprio da lei,caro ministro:l’economia è libera, salvo ciò che è espressamente vietato dalla legge. Mica male. Hanno voglia di ridere. Se passa, è tutta una filosofia un po’ sovietica di vita che viene cancellata, ventidue anni dopo la caduta del muro di Berlino. Solidarietà sociale e rispetto dell’ambiente resteranno vincoli legali fermi, anche con il federalismo fiscale, al­tra genialata di Tremonti e Bossi, ma un’antica costumanza di sottomissione al destino e allo Stato potrebbe ricevere un colpo decisivo. Ci vorrà tempo, ma: se non sono io per me, chi sarà per me? E se sono solo per me, che cosa sono? E se non ora, quando? Lo diceva un grande rabbino del primo tempo cristiano, che la sapeva lunga a proposito di santifica­zione della libertà e della responsabilità.
Purtroppo bisogna aggiungere che, vo­lontarismo a parte, il passettino è timido, la frustata il cavallo la sentirà appena. Una scossa per lo sviluppo «a costo ze­ro », la sua teoria, è una contraddizione in termini, è come una dieta dimagrante composta di molta pasta all’amatriciana e di molta cassoeula (me ne intendo, più che di economia e scienza delle finan­ze). E qui una responsabilità sua, gentile Tremonti, c’è, eccome se c’è. Se il mini­stro dell’Economia fa finta di niente, se tace e mugugna, se scompare nel mo­mento di decidere, se non aiuta, e se addirittura ostenta sufficienza sprez­zante verso i poveretti alla stanga che remano per la crescita, se dice che deve prendere un treno e in cin­q­ue minuti si allontana dal­la conferenza stampa, e se poi aggiunge che tanto la politica economica si deci­de in Europa, e magari am­micca al fatto che ci vorrà un’altra stangata e forse, perché no?, un prelievo sul patrimonio mobiliare,be’, la sensazione della presa in giro è forte.
A me piace chi sa dire di no, come Tre­monti. Ho anche un amico in alto loco, lei pure lo conosce, che tento da sedici anni di convincere a praticare in politica la lingua del nega. Ma lei, caro supermi­nistro, deve darci una bozza di soluzio­ne, spiegarcela. C’è l’assedio giudiziario a un governo che è anche suo.C’è il disa­gio potente del Nord e delle partite Iva. C’è il Sud asfissiato da una gassosa impo­tenza. C’è la Fiat che va per i fatti suoi, e non potrebbe far altro, almeno prova a frustare il ciuccio come si deve, cerca una strada per investire e per la crescita sta con il governo. Io non credo che lei coltivi l’ambizione meschina di restare in piedi tra le macerie della sua casa poli­­tica: le attribuiscono questa cinica inten­zione, sussurrando, i suoi detrattori. Io sono tra i suoi ammiratori (carattere a parte). Ma ci deve dire, per correttezza istituzionale e politica, perché lei è tanto sordo quando si parla di sviluppo e di cre­scita economica. Perché?