Anna Guaita, Il Messaggero 14/2/2011, 14 febbraio 2011
TORNA LA CACCIA ALL’ORO NELLE VECCHIE MINIERE
Non è una “febbrona” come quella che contagiò migliaia di cercatori e pionieri nell’Ottocento. Ma non c’è dubbio che negli Stati Uniti sia esplosa una nuova “febbretta” dell’oro: laddove le miniere giacevano abbandonate e oramai invase dalle infiltrazioni d’acqua, adesso arrivano grandi aziende pronte a riaprirle e renderle operative. Ma questa volta non si andrà avanti a forza di dinamite e solventi chimici: lo Stato della California, quello che visse più forte l’impatto della febbre dell’oro del 1848 e che oggi sta attirando investitori di tutto il mondo, ha leggi ambientali severe e prima di concedere di nuovo la “patente” chiede garanzie blindate. Gli investitori tuttavia non appaiono intimiditi. James Hasket, amministratore della Atna Resources, che ha appena riaperto una miniera ai confini con il Parco Nazionale di Death Valley, afferma sicuro: «Questo Stato ha ancora una grande riserva d’oro».La Atna possiede cinque chilometri della Sierra Nevada dove era localizzata la grande vena aurifera nota come “Mother Lode”.
La febbre dell’oro fu una delle cause del popolamento della Frontiera statunitense e canadese. L’oro portò in realtà alla ricchezza solo pochi fortunati, ma generò un’immensa industria collaterale che fece la fortuna di migliaia di persone. Non solo: contribuì alla nascita di città e all’espansione di altre, come Sacramento. Tuttavia a un certo punto divenne troppo costoso mantenere aperte miniere che producevano solo poche once, anche perché il valore del metallo era sceso molto. E così i cercatori se ne andarono, e al loro posto sono giunti i turisti, curiosi di vedere i luoghi mitici della storia americana.
Oggi invece il prezzo dell’oro è arrivato 1.300 dollari l’oncia. Quindi se una miniera nasconde ancora qualche migliaio di once di oro, vale la pena andarle a prendere. Il principale problema da superare è l’ostilità degli ambientalisti e delle popolazioni locali. Quando le miniere vennero abbandonate, nessuno pensò di ripulirle dei resti di solventi chimici e delle esplosioni di dinamite usati quando il controllo ambientale non esisteva e l’estrazione avveniva nell’anarchia più totale. Prima di poterci fare entrare i nuovi cercatori, bisognerà dunque sanare gli ambienti imbevuti di residui tossici. E per di più, molte miniere sono oramai allagate, e quindi costerà caro anche pompare via l’acqua.