Giorgio Dell’Arti, La Stampa 13/1/2011, PAGINA 86, 13 gennaio 2011
VITA DI CAVOUR - PUNTATA 74 - RE FERDINANDO E I «PENNARULI»
Cattaneo? Un’analisi troppo raffinata, una circolazione di idee troppo ristretta. Poi Cattaneo era per l’Austria: la Lombardia libera nei suoi commerci e nei suoi giornali, ma dentro l’Impero. Se gli si parlava di Carlo Alberto gli usciva il fumo dalle orecchie. No, le emozioni vere le dava Verdi. E il vento della speranza, come abbiamo visto, soffiava da Roma. A Reggio e a Messina erano scesi in strada gridando «Pio IX». Avevano gridato Pio IX anche i milanesi, in settembre, all’ arrivo di un arcivescovo italiano, senza far caso al particolare che la nomina era stata fatta a Vienna. Gli austriaci nominavano i vescovi? Nell’impero asburgico lo stato nominava i vescovi. E teneva i gesuiti alla larga. Metternich era meno reazionario di tanti reazionari torinesi. A Milano morì questo arcivescovo Gaysruck - che abbiamo conosciuto al momento del conclave - e Vienna avrebbe volentieri scelto un altro tedesco. Ma non ce n’era sottomano nessuno. Così si optò per Bartolomeo Romilli, un bergamasco che era appena stato insediato a Cremona. Radetzky annotò: «Un conte, che fa restaurare modernamente, e sfarzosamente, l’arcivescovado; ha ordinato l’acquisto di due tiri a due e a uno, quello di parata costa diecimila lire, perché tutte le borchie sono sovraccariche di dorature e stemmi».
Ho simpatia per Radetzky. Le dimostrazioni milanesi per l’arrivo di Romilli, imponenti e punteggiate di grida «A morte i tedeschi! Evviva Romilli! Pio IX!», erano finite con le cariche della polizia e un morto. Simpatia per Radetzky? Il feldmaresciallo era molto simpatico anche a Indro Montanelli. Aveva appena compiuto 81 anni. Si lamentava che non gli mandassero abbastanza soldati. «Sono solo, trascurato, scontroso e fra poco verrò a noia a me stesso». Lucidissimo, però. «Il fuoco infuria sotto la cenere. Dio solo sa come andrà a finire». Vedeva bene l’abisso in cui rischiavano di precipitare. Alla fine, come ricorderà, occupò Ferrara, con l’assenso di Metternich. Ma la sensazione è che a Vienna non avessero afferrato bene la situazione e che anche i poteri locali fossero allo sbando. Cobden - il grande liberoscambista - venne a Milano e la polizia convocò Cattaneo due volte per sapere con che tipo di discorso l’avrebbe accolto. «Il secretario Lindeanau intendeva che i discorsi si mettessero per iscritto e si rassegnassero alla censura. Avendogli io risposto molto risentitamente, quel magistrato con mio stupore ad un tratto mutò modi e parole; e confessò che il governo riconosceva la materiale impossibilità di continuare con quel sistema; ma ch’era ben malagevole il dire per qual via si potesse uscirne fuori».
Quindi lo sciopero del fumo. Un’idea del professore democratico Giovanni Cantoni, che l’aveva propagandata all’inizio di dicembre, non pensando che avrebbe avuto tanto successo. Anche se il Papa aveva intanto persuaso Metternich a lasciare Ferrara, il morto di Romilli bruciava. Poi ci fu la rivoluzione di Palermo. Lei ha detto che prima s’erano rivoltate Reggio e Messina. Sì, il Sud era una scacchiera di potentati locali, a stento temperati dall’assolutismo beffardo del re di Napoli. Famiglie che si battevano una contro l’altra arruolando bande di malavitosi, dicendosi a seconda delle convenienze liberali o reazionarie o democratiche. Domenico Romeo, che guidò la rivoluzione di Reggio a settembre, sarà pure stato un eroe purissimo del Risorgimento, e fini infatti ammazzato e decapitato, però trafficava con le dogane e le importazioni di grano dalla Russia, e re Ferdinando nel ’40 gli aveva tolto la concessione su certe miniere di zolfo in Sicilia con cui aveva lucrato ben bene negli anni Trenta, quando il prezzo dello zolfo era ai massimi. Tra l’altro aveva piantato i suoi cinquecento a Ferraina dicendo che il cavallo gli aveva dato un calcio al tallone e che non ce la faceva ad andare avanti, lo beccarono col fratello in una capanna della Marrappa, cioè un bosco vicino a Santo Stefano. Lo ammazzarono, gli tagliarono la testa, la infilzarono in un palo e la tennero esposta tre giorni nel carcere di Reggio. A parte i massacri e le condanne a morte, quei moti di settembre finirono in niente.
E a Palermo? Il Sud era il regno delle congiure, delle rivolte e degli ammazzamenti continui. Tutto quel chiacchierare e discutere infinito - specialmente dopo il congresso degli scienziati del ’45, che il re, per farsi perdonare la fucilazione dei fratelli Bandiera, aveva voluto splendidissimo al Museo Mineralogico e al Palazzo Francavilla - tutto quel chiacchierare e discutere infinito tra i pochi eletti che a Napoli s’occupavano di queste cose, cioè la costituzione, le leggi, il parlamento, l’ammirazione per la Francia, quegli altri che volevano rifare Murat, e tutto il resto, la letteratura, i caffè, le riviste, De Sanctis e Settembrini… il re chiedeva solo che non gli scassassero le balle, chiamava gli intellettuali «pennaruli» … Li conosceva bene, sapeva a che velocità, tutti quanti, erano capaci di spostarsi da un punto all’altro della scena politica.