Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  febbraio 13 Domenica calendario

“Omicidio della Bhutto Arrestate Musharraf” - L’ accusa è pesantissima e viene dal massimo organo investigativo pakistano, la Federal Investigation Agency (Fia), l’Fbi di Islamabad

“Omicidio della Bhutto Arrestate Musharraf” - L’ accusa è pesantissima e viene dal massimo organo investigativo pakistano, la Federal Investigation Agency (Fia), l’Fbi di Islamabad. Il generale Pervez Musharraf, presidente del Pakistan dal 2001 al 2008, ha aiutato i terroristi qaedisti di Baitullah Mehsud a uccidere la sua rivale più pericolosa, Benazir Bhutto. Convinto di avere prove schiaccianti, la corte speciale anti-terrorismo ha emesso ieri un mandato di cattura, senza possibilità di cauzione. Una dichiarazione di guerra che rischia di far saltare il fragile equilibrio che regge dal 2008, quando le dimissioni del generale dalla presidenza aprirono la via al ritorno della democrazia. La Fia ha raccolto 12 capi d’imputazione e accusa Musharraf di aver saputo in anticipo, dai servizi segreti, del piano della cellula di Al Qaeda per uccidere Bhutto. Ma si tenne le informazioni per sé, condannando di fatto l’ex primo ministro che intendeva sfidarlo alle elezioni a una morte sicura. «Il governo voleva un fatto diversivo per distrarre l’opinione pubblica dalla crisi interna - racconta un ufficiale dei Servizi, sotto condizione di anonimato -. Sapevano benissimo che Mehsud voleva eliminare a tutti costi la Bhutto dopo il suo discorso che plaudiva alla strage di militanti alla Moschea Rossa. Mehsud aveva detto chiaro, pubblicamente, che non appena sarebbe tornata in patria l’avrebbero assassinata». È una fase cruciale nella storia recente del Pakistan. Musharraf comincia a vacillare. Benazir Bhutto torna dal suo lungo esilio a Londra e in Arabia Saudita il 7 ottobre 2007. I militanti islamici la accolgono con due devastanti attentati, ma non riescono a ucciderla. È un bersaglio importantissimo. Bhutto è un leader popolare, carismatico, e filooccidentale. Gli islamisti si sentono presi in una tenaglia. A Nord, a Kabul, si è oramai instaurato un governo amico degli Stati Uniti, le forze speciali americane pattugliano i territori al confine. Se cade anche Islamabad per gli studenti coranici sarebbe la fine. Mehsud sprona i suoi. Indica tre motivi fondamentali per uccidere Bhutto. Tre offese all’islam che vanno vendicate. Uno, la Bhutto è l’unico leader politico che ha appoggiato apertamente il sanguinoso attacco alla Moschea Rossa, nel luglio di quell’anno. Due, è l’unica ad aver affermato chiaramente che avrebbe consentito alle forze speciali americane di dare la caccia a Osama bin Laden in territorio pakistano. Tre, ha dichiarato che se fosse tornata al potere avrebbe consentito all’Agenzia atoman, figura chiave dell’attentato a Rawalpindi. Rahman era a capo di un gruppo che si unì a quello di Mehsud nel 2007 e guidò la cellula che eseguì il massacro. Rahman, sospettato di essere stato addestrato dai Servizi pakistani nella Khyber Agency, venne ucciso da un drone americano proprio in quel distretto, nel 2010. Il ministro dell’Informazione Firdous Awan ha spiegato ai media che il governo pakistano cercherà di facilitare l’arresto di Musharraf con tutti i suoi mezzi a disposizione. Ha anche anticipato che sarà emesso un mandato di cattura internazionale se il generale non si presenterà davanti alla corte entro il 19 febbraio. Musharraf, in esilio volontario a Londra, non ha commentato. Ma il suo portavoce Fawad Chaudhry ha detto che non tornerà in Pakistan per l’audizione. «È un’inchiesta priva di fondamenti - ha aggiunto -. La corte anti-terrorismo agisce su motivazioni politiche e il presidente Musharraf non ha intenzione di assecondarla». Il governo pakistano sembra però intenzionato ad andare avanti, appoggiando la corte. Resta una domanda da un milione di dollari: come reagirà l’establishment militare pakistano se il suo ex capo supremo sarà sottoposto all’umiliazione di un processo?