varie, 14 febbraio 2011
Isabella Ferraro, 58 anni, e suo marito Pietro Giulio Canova, 66. Entrambi di Schio, coppia unita, stimata e benvoluta da tutti, senza figli, lei faceva la ginecologa, lui, ingegnere, un passato da politico, appassionato di mare, in vista della pensione s’era sistemato la barca che aveva da tempo ma non aveva fatto in tempo a provarla perché un anno e mezzo fa un ictus l’aveva costretto su una sedia a rotelle, impedendogli anche di parlare
Isabella Ferraro, 58 anni, e suo marito Pietro Giulio Canova, 66. Entrambi di Schio, coppia unita, stimata e benvoluta da tutti, senza figli, lei faceva la ginecologa, lui, ingegnere, un passato da politico, appassionato di mare, in vista della pensione s’era sistemato la barca che aveva da tempo ma non aveva fatto in tempo a provarla perché un anno e mezzo fa un ictus l’aveva costretto su una sedia a rotelle, impedendogli anche di parlare. La Ferraro, donna «dinamica e forte» ma molto provata dalla malattia del marito, da qualche settimana diceva ad amici e parenti che non ne poteva più: «Siamo morti, sono stufa». Sabato 12 febbraio andò a prendere il Canova all’ospedale De Lellis, dove passava cinque giorni a settimana per la riabilitazione, e lo portò nella loro villetta per il week end. Verso l’ora di pranzo prese da un armadio la calibro 6.35 ereditata dal nonno, entrò in cucina, e sparò un colpo nel cuore del consorte. Poi tornò all’ospedale De Lellis, salì al settimo piano, entrò in una stanza, salì su una sedia, aprì una finestra e si gettò nel vuoto. Volo di quindici metri. Due biglietti, uno in cucina, uno sulla porta del garage, per dare disposizioni sui funerali e per spiegare: «Lo ho ucciso io. Così non posso andare avanti, con mio marito in queste condizioni è difficile, troppo difficile». Sabato 12 febbraio verso mezzogiorno in una villetta in via Aspromonte e nel primo pomeriggio all’ospedale De Lellis a Schio (Vicenza).