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 2011  febbraio 12 Sabato calendario

MITRA E GIUBBE IN KEVLAR A DIFESA DELL’AUTOSTRADA

«Allora come va l’apparato radio?». «Bene. L’abbiamo testato, funziona senza problemi», risponde il soldato Luana. Il soldato Luana ha venticinque anni - sotto il basco s’intravedono i capelli biondi - viene da Enna e da ieri mattina presidia il cantiere di Campo Calabro. «L’apparato radio - spiega l’ispettore capo Piero Luigi Bellantone del commissariato di Villa San Giovanni, passandoselo da una mano all’altra - è questa piccola radiomobile tascabile. In fondo è come se fosse un cellulare». La differenza è che basta un clic su un pulsante rosso per mettere in contatto i militari dell’esercito con la centrale operativa della Polizia. Da ieri, e dopo 215 attentati negli ultimi cinque anni, quasi uno ogni otto giorni, nei tre cantieri della Salerno-Reggio Calabria, Barritteri, Viadotto d’Angelo e Campo Calabro, funziona così. «Serve l’esercito per proteggere i cantieri», aveva chiesto il presidente dell’Anas Pietro Ciucci lo scorso 13 ottobre. Ora sessanta soldati del V Reggimento Fanteria Aosta di Messina, inquadrato nella Brigata meccanizzata Aosta, sono in questo perimetro, fissi giorno e notte, in collegamento con Polizia, Guardia di Finanza, e Carabinieri per permettere di completare l’ammodernamento di un’autostrada.

Sinergie diverse a seconda dei cantieri: con la Polizia a Campo Calabro, con i Carabinieri a Ponte d’Angelo, con la Guardia di Finanza a Barritteri. Qui i quattro soldati del turno del mattino hanno da poco preso servizio. «Notte tranquilla?», chiede il tenente colonnello Angelo Vesto. Il soldato che sorveglia l’ingresso conferma che sì la prima notte è trascorsa liscia. Alle spalle due dipendenti della Sarc, la società formata dai gruppi Impregilo e Condotte, che ha l’appalto per la costruzione del tratto che va da Gioia Tauro a Reggio Calabria (lo chiamano V e del VI macrolotto dell’autostrada), stanno finendo di installare un prefabbricato di pochi metri quadrati. «È per i soldati» dice uno dei due mentre muove i cavi dell’impianto elettrico. «Visto che devono passarci la notte, almeno hanno un punto d’appoggio». Entrambi, uno elettricista, l’altro addetto alla manutenzione, lavorano sui 443 chilometri della Nuova Salerno Reggio Calabria dal 2006. «Se anche con i soldati le cose non cambiano vuol dire che non ci po’ nenti», prosegue sempre l’uomo dell’impianto elettrico. Ovvero: «Vuol che non c’è niente che può servire contro…». Contro "chi" o "che cosa" resta sospeso nell’aria. Non identificato. La ’ndrangheta? Boh! Sì, no, forse, può essere. E dire che gli ultimi dieci arresti risalgono a neanche due mesi fa. Sullo sfondo tre omicidi, forse una faida. La tesi della procura di Reggio Calabria sposata in pieno dal giudice per le indagini preliminari è che «la causale della nuova faida» fosse «riconducibile a riscuotere i proventi delle estorsioni relative ai lavori di ammodernamento della A3 nella zona di Barritteri di Seminara».

Le ultime due betoniere incendiate in questo cantiere, grande quanto una decina di campi da calcio, quasi perfettamente circolare con al centro sei silos neri, sono ancora lì abbandonate ai due lati del sentiero che porta dall’entrata alla parte alta di questo enorme deposito. I camion entrano, si riforniscono e ripartono, schivano enormi blocchi di pietra, su alcuni di questi c’è la scritta "Cava Furfaro", oltre la Piana di Gioa Tauro.

Intanto l’impianto elettrico del prefabbricato preparato per i soldati va avanti, entro sera deve essere completato. «E a lei, a lei è capitato di arrivare in cantiere e di trovare…» chiedo indicando la betoniera. «Avogghia!». Un po’ d’enfasi. L’espressione in dialetto sta, più o meno, per «sì certo, e pure diverse volte». E aggiunge: «Ma in fondo qui è la prassi». L’ultimo segnale è arrivato la notte tra martedì e mercoledì, a poche ore dall’inizio della missione. A Scilla: quattro bottiglie di plastica con dentro benzina e una finta miccia, alcune pietre lanciate contro il parabrezza di un camion.

Il CeDir, un quadrato di quattro torri che ospita gli uffici della Procura e del Tribunale di Reggio Calabria, sembra un’aggiunta posticcia alla città. Al sesto piano il procuratore aggiunto Michele Prestipino parla e digita sms sul cellulare. «La A3 – dice – è una delle mie ossessioni compulsive. Imprenditori, dirigenti pubblici, tutti gli operatori impegnati nei cantieri da mesi ci tempestano di appelli dicendo che "qui non si può lavorare"». E non è vero? «Certo che è vero. C’è tuttavia un però e mi spiego. Partiamo dai duecento attentati. Molti, è vero, forse la metà, sono solo atti vandalici veri e propri, danneggiamenti modesti, furti di cantiere. Resta tuttavia una quota consistente, un numero elevatissimo, di attentati veri, atti intimidatori. Ma se andiamo a leggere le denunce scopriamo una realtà diversa. Scopriamo che noi, non lo sapevamo ma è così, viviamo in un territorio strano, perché tutti ci dicono che c’è la ’ndrangheta e che la ’ndrangheta chiede il pizzo a tappeto. Se però leggiamo queste denunce arriviamo a una conclusione diversa: noi non siamo circondati da ’ndranghetisti, noi conviviamo con un esercito di teppisti». Usa l’ironia che scortica e aggiunge: «Ecco qui siamo in presenza di una malavita a vocazione semplicemente teppistica, perché tutti quelli che hanno denunciato hanno puntualmente escluso di avere anche solo semplicemente ricevuto richieste di pagamenti di pizzo». Tutti tranne uno. La novità è delle ultimissime ore: una richiesta di "messa a posto", fatta arrivare in un cantiere, è stata respinta al mittente dall’imprenditore e segnalata. Da Barritteri a Viadotto d’Angelo la prospettiva rende giustizia allo sforzo dell’ingegneria: in un punto preciso che percorso in macchina dura qualche secondo appaiono quattro gallerie affiancate e ad altezza sfalsata, le nuove e le vecchie. Visti così, al lavoro su uno dei nuovi viadotti, due operai sembrano funamboli, mentre giù scorre il traffico rallentato.

«Poteva andare peggio», racconta uno dei dipendenti in servizio a Campo Calabro. In che senso? «Nel senso che data la presenza di tutte queste imprese, di tutti questi soldi, mi aspettavo che facessero qualcosa di più grosso come è accaduto altrove». Cioè? Si zittisce e decide di non specificare.