Notizie tratte da: Simone Perotti # Avanti tutta # Chiarelettere 2011 # pp. 208, 14 euro., 12 febbraio 2011
Notizie tratte da: Simone Perotti, Avanti tutta, Chiarelettere 2011, pp. 208, 14 euro.Tempo «Non tornerei mai indietro
Notizie tratte da: Simone Perotti, Avanti tutta, Chiarelettere 2011, pp. 208, 14 euro.
Tempo «Non tornerei mai indietro. La sola ipotesi di ritrovarmi a uscire di casa la mattina per chiudermi di nuovo in un ufficio mi fa rabbrividire. [...] Ho tempo per cucinare, per studiare, per leggere, per perdere tempo. Ho tempo per coltivare il mio orto d’estate, per restaurare un mobile, per costruire ciò che mi serve. Ho tempo per accorgermi del tempo, di come corre via, talvolta, e di come rallenta fin quasi a fermarsi» (l’ex manager Simone Perotti che tre anni fa ha fatto downshifting, cioè ha smesso di lavorare per consumare e ha cambiato vita).
Downshifter Downshifter, uno che letteralmente «scala la marcia», rompe lo schema dell’homo consumens, lavoro-spendo-lavoro, e va incontro a se stesso in una vita più semplice.
50 mila copie “Adesso basta”, unico manuale di downshifting italiano scritto due anni fa dall’ex manager Simone Perrotti, ha venduto 50 mila copie, è alla decima ristampa e possibile soggetto cinematografico (i diritti sono stati venduti a una casa di produzione italiana).
Amministratore delegato Prima di fare downshifting Perotti era amministratore delegato di un’azienda americana.
Lavoro 1 Oltre che con la pubblicazione dei suoi articoli e libri, Perotti si guadagna da vivere come istruttore di vela e con lavori occasionali (lava barche, costruisce mobili, fa la guida turistica, vende le sue sculture, ecc).
Lavoro 2 Per il downshifter, «l’unico problema che non esiste è il lavoro, soprattutto i lavori fisici, umili, che nessuno vuole fare e per cui c’è un mercato enorme. Secondo le indagini più recenti nel nostro paese sono scoperti, oggi, più di 100.000 posti di lavoro di tipo artigianale, tecnico, pratico». «Non ho mai visto tante opportunità di lavoro (umile) come da quando ho smesso. Il lavoro c’è, almeno per chi è disposto a lavorare saltuariamente, guadagnando poco».
Budget Quando ha scritto “Adesso basta” Simone Perotti pensava di aver bisogno, per vivere da single in campagna, di 1.600 euro mensili. Oggi s’è accorto che gliene bastano 800 («e posso abbassare ancora di più questa soglia»).
Soldi «Fatta la scelta di rinunciare allo stipendio si muore di paura e ci si dà da fare fin troppo per racimolare soldi. Però quei soldi, se si vive in modo sobrio, in parte non servono».
Felicità «A me non viene mai in mente di acquistare alcunché, salvo piccoli desideri momentanei (e rari). Sono felice se: posso comprare mezzo chilo di totani da far andare qualche minuto con aglio, peperoncino, pomodoro e prezzemolo in una casseruola ben oliata; posso comprarmi un buon libro; trovo un lavoro da fare e con il guadagno compro il necessario per comprare il sushi e invito a cena la mia compagna; con i proventi dei miei libri riesco a comprare un argano a motore per fare meno fatica quando porto su legna dal bosco; posso fare una festa ogni tanto (una festa costa tre euro a persona, se gli invitati portano il vino», eccetera.
Insalata L’insalata imbustata e già lavata costa 13 euro al chilo. Quella sfusa, da lavare, 1,10 euro (undici volte di meno).
Scaffali Nei supermercati i prodotti ad altezza spalla costano dal 15 al 30 per cento in più. «Spesso vengono dagli stessi stabilimenti di quelli piazzati negli scaffali più bassi, e costano di più solo perché il cliente evita di chinarsi per prenderli».
Dentifricio «Un dentifricio molto pubblicizzato assicura che il suo uso quotidiano stende un milioni di microscudi su denti e gengive che proteggono la bocca da placca e carie. Mi sono accorto, mentre vedevo la pubblicità in televisione, che mi passavo freneticamente la lingua sugli incisivi. Mi chiedevo, lo ammetto, se il mio dentifricio avesse o no quegli scudi. Mi sono sentito veramente scemo».
La vita agra Ne La vita agra, del 1962, Luciano Bianciardi «delinea al presente e al futuro quello che possiamo raccontare oggi al passato e presente». Un passo del libro: «Faranno insorgere bisogni mai sentiti prima. Chi non ha l’automobile l’avrà, e poi ne daremo due per famiglia, e poi una a testa, daremo anche un televisore a ciascuno, due televisori, due frigoriferi, due lavatrici automatiche, tre apparecchi radio, il rasoio elettrico, la bilancina da bagno, l’asciugacapelli, il bidet e l’acqua calda.
A tutti. Purché tutti lavorino, purché siano pronti a scarpinare, a fare polvere, a pestarsi i piedi, a tafanarsi l’un con l’altro dalla mattina alla sera.
Io mi oppongo».
Bisogni «Lo scopo del consumo non sta nella soddisfazione delle aspettative del cliente, ma nel suo opposto: prima di tutto bisogno generare un bisogno, e poi è necessario che la sua soddisfazione duri poco, lasciando spazio a bisogni diversi, un po’ superiori rispetto ai precedenti. Il bisogno deve essere sempre soddisfatto, rapidamente e con il prodotto migliore, ma a patto che ve ne sia uno poco dopo che faccia qualcosa di più, instillando il desiderio di un nuovo acquisto [...] Il primo effetto di questa dinamica è lo spreco di denaro. Il secondo è la produzione di montagne di rifiuti a una velocità sempre più vorticosa (pensate ai computer degli ultimi dieci anni. Che fine fanno?). Ma c’è un effetto ancora più grave. Se tutto dura un istante ed è destinato a essere superato rapidamente, anche le differenze tra le cose si annullano. Tutto appare sostituibile, consumabile, smaltibile, con la stessa svogliata indifferenza».
Reddito e felicità Come spiega l’economista Richard Layard, oltre un certo livello di reddito (circa 14 mila euro l’anno), cioè una volta risolti i problemi di sopravvivenza, non c’è correlazione tra denaro e felicità. «Allora mi chiedo: perché questa corsa all’acquisto? Perché quando è stato lanciato l’iPad (un prodotto malfatto, senza neppure la porta Usb, illegibile sotto la luce diretta del sole, dunque inutile) c’erano le file davanti ai negozi dalla sera precedente?».
Oggetti longevi Perotti ha un divano del 1992, una stampante a getto d’inchiostro del 1999, un impianto stereo Akai comprato dal padre nel 1977 («funziona benissimo»), un’automobile di dieci anni («ha 200 mila chilometri ma la tratto bene e durerà ancora a lungo») un frullatore di ventun anni («credo averlo usato in media almeno una volta ogni tre giorni, per un totale di 3024 utilizzi. Funziona ancora, e la mia maionese ha una sua meritata reputazione»).
Baratto Migliaia di persone si scambiano oggetti di uso comune (abiti, suppellettili, attrezzi da cucina ecc.) su siti come www. barattopoli.com o www.zerorelativo.it.
Couch surfing Per viaggiare, «è ormai una consolidata realtà il couch surfing (www.couchsurfing. com) un network mondiale di persone disposte a ospitarci gratis sul loro divano. Chi viene ospitato accumula un rating di soddisfazione dei padroni di casa, che quindi attestano la sua discrezione, pulizia ed educazione. Rating fondamentale per chi viaggia, perché con una serie di valutazioni negative nessuno lo ospiterebbe più».
Cohausing 1 Il cohausing, fenomeno di nicchia ma in rapida espansione, consiste nel vivere insieme ad altra gente mettendo in comune le risorse per garantirsi una casa bella e spaziosa. Ad esempio dieci persone possono comprare un grande immobile «dove ricavare spazi privati e spazi comuni, risparmiando tutti e vivendo meglio».
Cohausing 2 Digitando su Internet cohausing appaiono 177 mila pagine.
Cohausing 3 Il sito www. cohausing.it riferisce che sono circa mille le esperienze di vita in comune nel mondo. Nato in Scandinavia negli anni Sessanta, il cohausing si è sviluppato soprattutto in Danimarca, Svezia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone. «In Italia conosco alcune realtà in Toscana, in Lombardia, in Piemonte».
Cohauser «Alcuni cohauser mi hanno scritto per rimarcare una serie di questioni: “Abbiamo costruito una falda del tetto molto ampia e raccogliamo l’80 per cento dell’acqua che ci serve per bere, lavarci, cucinare, annaffiare. Oltre al risparmio economico, è bellissimo sapere di fare qualcosa per l’ambiente”. Oppure: “Abbiamo un recinto con capre, due vitelli, due mucche, due cavalli, e poi oche, galline, gatti, cani. La cosa più bella è che i nostri bambini non sceglierebbero mai di passare un pomeriggio davanti alla tv con quello zoo fuori della porta”».
Ex clandestini Tra tutti quelli che hanno scritto a Perotti dopo la pubblicazione di Adesso basta, i downshifter sono un piccolo numero, tra il 2 e il 5 per cento del totale. «Più di quelli che si sarebbe potuto immaginare, ma pur sempre una minoranza. Sono molto felici di sapere che la loro scelta è finita sui giornali, che aggrega tanto interesse. Hanno ideato un loro programma, hanno rotto gli indugi e sono partiti, ma nel cuore hanno sempre covato la sensazione di essere degli spostati. Il mondo andava a dritta e loro sono andati a sinistra. Per quanto coraggiosi e determinati, sono ben felici di venire allo scoperto per dichiararsi, finalmente, e ottenere la meritata soddisfazione: oggi non sono più dei clandestini».
Ritratto del downshifter I downshifter sono quasi tutti tra i 36 e i 45 anni, 65 per cento uomini e 35 per cento donne. Per un terzo sono all’estero (Thailandia, Stati Uniti, Sri Lanka, Canada, Sudafrica, Grecia) per due terzi nella provincia italiana. Nessuno di loro è ricco, anzi, vivono tutti nell’incertezza economica. Fanno lavori di ogni genere: dalla riparazione al restauro, dalla costruzione a varie occupazioni artigianali. Sono single, di livello culturale medio, e entusiasti della loro scelta. Nessuno di loro dice di non farcela coi soldi».
Fame Molti tra quelli che non hanno il coraggio di fare downshifting hanno paura della povertà («ma oggi di fame nessuno muore»).
Salute Altra paura, i problemi di salute. «Ma in Italia la sanità pubblica è ottima. Solo per fare un esempio, i bimbi morti al momento della nascita in Italia sono 5 su 100.000, mentre negli Stati Uniti sono 25».
Pensione Molti chiedono agli aspiranti downshifter: e la pensione? «Anche se è ormai un miraggio per milioni di lavoratori precari e atipici, la pensione è ancora tirata in ballo da chi ha paura del cambiamento. Dimmi come vivrai fra trent’anni, perché come vuoi vivere ora non mi interessa. Prepariamoci una domanda noi, da rivolgere a questi signori, quando, sprecata la vita intera, si ritroveranno ad andare in pensione, a settant’anni, con quattro soldi».
Noia Altra domanda frequente: ma poi tutto il giorno che fai? «Tipico di chi è convinto che tu sia come lui, cioè un uomo o una donna senza fantasia, senza risorse, incline alla noia, al vuoto, all’abulia. Non discuteteci, fate la faccia triste, preoccupata, e grattatevi il mento guardando l’orizzonte».
Coppie I più avvantaggiati per fare downshifting non sono i single ma le coppie. «Nella vita in coppia non serve comprare il doppio della roba. Se un single mangia con 5 euro, una coppia mangia con 8,5, non con 10. Ma il discorso vale anche per la casa, gli elettrodomestici, le automobili e volte persino per i vestiti (unisex)».
Famiglie Non è vero che chi ha figli non può fare downshifting. Il caso di A. e R. «Noi siamo in quattro, viviamo nelle Marche, abbiamo trovato una vecchia cascina, l’abbiamo pagata poco e l’abbiamo rimessa a posto nei week end, mentre i nostri figli giocavano nei campi. Quando è stata pronta ci siamo andati a vivere, vendendo la nostra casa ed estinguendo il mutuo della cascina, che è piccolo. Oggi ci diamo il cambio, lavoriamo sei mesi a testa. Facciamo lavori di ogni genere, soprattutto quelli che ci permettono di stare a casa. Io ho cucito, lavato e stirato in case di anziani e preparo dolci per una pasticceria qui vicino. Mio marito aggiusta di tutto, aiuta un falegname, fa il manovale. Quando torniamo a casa, quando stiamo insieme, ci sembra di toccare il cielo con un dito. Il call center è scomparso, l’azienda dove lavoravo io è scomparsa, e insieme a loro il traffico, la fretta. Abbiamo un orto enorme, non compriamo niente. La nostra famiglia è felice».
Rabbia Uno studio americano parla della rabbia contro i downshifter, un sentimento violento e irrefrenabile che, secondo la ricerca, riguarda soprattutto i conoscenti ma anche gli estranei. «A pensarci bene, questo sentimento è il rovescio della soddisfazione che molti provano quando parlano delle disgrazie altrui. Una piacere quasi fisico che porta alla sovraeccitazione (tipica dei funerali), ridona vita ed energie. Una tragedia altrui è una nostra mancata tragedia, dunque festeggiamo. Per restare al downshifting, tuttavia, accade qualcosa in più: “Se lui pensa di cambiare dovrei farlo anche io. Solo che io non ci riesco, ho paura. Allora vuol dire che sono peggio di lui!”».
Schiavi «Lo schiavo, nell’attimo in cui respinge l’ordine umiliante del suo superiore, respinge insieme la sua stessa condizione di schiavo» (Albert Camus).