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 2011  febbraio 12 Sabato calendario

LE DONNE E I BAMBINI, A MIGLIAIA SULLE SPIAGGE PER PARTIRE —

Le notizie che arrivano dalla Tunisia parlano di migliaia di persone ammassate sulla spiagge. Nuclei familiari e gruppi di disperati disposti a pagare anche cifre altissime pur di fuggire da un Paese che appare ormai allo sbando. Uno Stato dove non ci sono più interlocutori con i quali trattare e dunque, spiegano al Viminale, si è costretti ad appellarsi «ai buoni rapporti di amicizia con i funzionari e con i vertici della Marina per conoscere la situazione reale e chiedere che comunque non si blocchino i controlli» . Ma è difficile perché ci sono moltissime donne con i loro bambini che non possono e non devono in alcun modo essere fermate. E perché questo esodo cominciato qualche settimana fa — quando in tutte le città della Tunisia è esplosa la rivolta che ha portato alla caduta del presidente Ben Ali poi costretto alla fuga all’estero con la sua famiglia— ha già fatto arrivare in Italia milleottocento persone. Molte altre ne arriveranno nei prossimi giorni e il fermento di tutta l’area del Maghreb mette in allerta gli apparati di sicurezza. Giovedì prossimo, durante la riunione del Comitato nazionale, il ministro Roberto Maroni annuncerà «la creazione di una task force composta dagli specialisti di Interno e Farnesina per affrontare l’emergenza» . Nessuno tenta di minimizzare, la situazione è fin troppo evidente: si tratta di persone che fuggono da un Paese allo sbando, la maggior parte di loro potrebbe avere diritto all’asilo. E dunque, dice Maroni ai responsabili del dipartimento Immigrazione, «bisogna attrezzarsi e coinvolgere subito anche l’Europa, ottenere una riunione urgente in sede Ue» . Il centro di Lampedusa è chiuso e al momento si è deciso di non riaprire neanche una parte della struttura, anche se non si può escludere che si sia costretti a farlo, sia pure come «stazione di transito» . Per ora si è preferito trasferire gli immigrati che sbarcano sull’isola siciliana in parte a Porto Empedocle dove avviene una prima identificazione sommaria e dove si avviano le procedure per lo smistamento. Chi chiede lo status di rifugiato deve infatti essere inviato nei centri specializzati, gli altri sono portati in quelli di identificazione dove possono rimanere fino a sei mesi. La gestione della crisi è stata affidata al prefetto Rodolfo Ronconi che sin dal mese scorso aveva evidenziato i rischi per l’Italia derivanti da quanto sta avvenendo in tutti i Paesi dell’area maghrebina. In Tunisia ed Egitto la rivolta è già esplosa con conseguenze che appaiono sin troppo evidenti, ma anche altrove ci sono movimenti che fanno presagire una nuova ondata migratoria verso l’Europa. Basti pensare che per la metà di marzo è prevista una manifestazione in Libia contro il regime del colonnello Muhammar Gheddafi. Tripoli al momento continua a fare muro rispetto alle partenze dai porti di Zwara e dalle spiagge limitrofe del Nord che affacciano sul Mediterraneo, però al Viminale ci si chiede quanto potrà reggere ancora. Nonostante la ribellione di piazza che ha portato alla caduta del presidente Mubarak, fino a ieri la collaborazione con il governo egiziano non si è interrotta. Ma che cosa accadrà adesso? E soprattutto, quale sarà l’atteggiamento dei nuovi governi, qualora si riuscisse anche presto a ritrovare la stabilità? Gli analisti ritengono che questa prima fase di assestamento dopo la fuga di Ben Ali e le dimissioni di Mubarak sarà quella più difficile e con il più alto numero di sbarchi, ma certo nessuno si azzarda a fare previsioni tenendo conto che anche negli Stati centroafricani — dove la miseria ha sempre spinto le popolazioni ad affrontare il deserto per arrivare a Nord — soffia il vento della ribellione. Più cauti sono invece gli esperti riguardo alle possibili infiltrazioni di terroristi, con particolare attenzione agli esponenti di Al Qaeda nel Maghreb, di cui ha parlato ieri proprio il ministro Maroni. La fuga dalle carceri di migliaia di detenuti avvenuta in Tunisia è stata confermata dalle autorità di polizia locali e anche in Egitto ci sarebbero state evasioni di massa dai penitenziari. Ma questo non vuol dire che abbiano deciso di puntare verso l’Europa, anche perché la forza di queste formazioni estremiste sta proprio nella capacità di tenere sotto controllo il proprio territorio riuscendo o comunque provando a condizionare il potere locale. La vera emergenza appare quella umanitaria, la capacità cioè di sopportare una ondata di sbarchi che con l’arrivo della bella stagione potrebbero diventare migliaia. In questa situazione si inserisce la nuova direttiva europea che assicura un periodo da sette a trenta giorni per «l’allontanamento volontario» dei clandestini e la sospensione dell’espulsione in caso di ricorso al giudice. Maroni ha annunciato un decreto legge «per fornire una interpretazione in linea con le nostre leggi, perché non mi trova d’accordo quella dei tribunali che impedisce ogni intervento punitivo» , ma se davvero dovessero ricominciare i flussi non basterà a fronteggiare la crisi. Anche perché— in assenza di governi stabili— rischiano di saltare anche gli accordi per i rimpatri.
Fiorenza Sarzanini