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 2011  febbraio 12 Sabato calendario

CROSS OVER, DA HARRY POTTER AI VIDEOGIOCHI SE TUTTI CREANO PER GLI ADULTI-BAMBINI - A

questo mondo non è sempre facile distinguere la farsa dalla profezia realistica. Così, a suo tempo, la scena di 1941 Allarme a Hollywood in cui il generale Stilwell si commuove davanti al volo disneyano di Dumbo ha fatto ridere tutti. Piange male chi piange ultimo, potrebbe ora dirci lui, a vederci inteneriti dai giocattoli di Toy Story o emozionati da Federico Moccia e da qualche sua trovata non per soli "mocciosi". Quello che le lacrime del generale Stilwell annunciavano erano le golose tribolazioni del crossover: termine grazioso ed eclettico, che viene riferito a molte situazioni a loro volta graziose ed eclettiche.
In questo caso è il fenomeno per cui prodotti e marchi di consumo culturale non hanno più target generazionali troppo determinati: piacciono ai giovani come agli adulti, a volte anche ai bambini come ai - per usare una vecchia e cara parola - vecchi.
Con il crossover il gap generazionale ha trovato il suo ponte, e i relativi pontefici. Adesso sembra che lo abbia inventato JK Rowling, con Harry Potter. In un certo senso è persino vero, perché nel corso decennale della pubblicazione dei sette volumi ha fatto crescere i suoi personaggi, ma anche i loro lettori. Dal primo volume, che era chiaramente "per ragazzi", sino all´ultimo, cupo e impressionante, il ciclo ha veramente costruito un pubblico, che ora è pronto a qualsiasi lettura.
Il fenomeno del crossover è però ben più datato. Aveva incominciato a rivelarsi smaccatamente proprio nell´opera di chi aveva mandato l´altissimo ufficiale a vedere Dumbo, e cioè il regista Steven Spielberg. A chi si rivolge Incontri ravvicinati del terzo tipo o E.T.? Adulti, giovani, bambini? Aggiungiamo tutto il lavoro fatto a partire da Walt Disney (l´uomo, la corporation). E il modo in cui George Lucas ha risollevato le sorti di una Hollywood allarmata (davvero, e non per fanta-storia) inventando con Star Wars un fiabesco tecnologico con effetti speciali al servizio. E mettiamoci infine anche Stephen King, con gli irresistibili tormenti dei suoi adolescenti e dei suoi malcerti adulti. Del resto ci sono antenati ben più lontani e prestigiosi: Joseph Conrad è più letto da giovani o da adulti (o da persone che sognano di entrambe le età)?
Il "target" - in fondo lo dice la stessa parola - è una questione di etichette. Ma qualcosa è cambiato davvero da quando le etichette ecumeniche - come "Per tutta la famiglia" o la spiritosa "Dai tre ai novantanove anni" - si applicavano a Stanlio e Ollio, alla tombolata del giorno di Natale e a ben poco altro. Poi c´erano certo i dodicenni che leggevano Guerra e Pace o i loro genitori che occasionalmente riaprivano Il Corsaro Nero o Piccole donne, così come si riguardano le foto delle elementari, oppure leggevano un Topolino in bagno. Ma i consumi culturali erano più compartimentati e soprattutto orientati secondo il senso (direzionale) della vita. Lungo una sorta di Gradus ad Parnassum era possibile e frequente la precocità, meno la regressione: era cioè più facile essere verdiani a sedici anni che amare l´Orso Yoghi a sessanta.
Oggi, al contrario, si raggiunge un pubblico adulto partendo da generi e stili pensati per i più giovani (una cosa che nel passato era riuscita al geniale Lewis Carroll con i libri di Alice, e a pochi altri). Come a dire che a essere eventualmente "precoci" non sono più i lettori, ma i libri. Come è successo? Solo in minima parte le esclusive degli adulti si sono estese ai ragazzi o addirittura ai bambini. Le parolacce o i nudi, per esempio. Un film come Qualcuno volò sul nido del cuculo era stato vietato ai minori di quattordici anni solo per il turpiloquio; figurarsi oggi. Rarissimi poi i capezzoli in vista, fino a buona parte degli anni Settanta; oggi al cinema e in tv ci sono pubblicità pressoché soft-porno anche prima dei cartoni animati e un bambino di sei anni, di usanze mediatiche in linea con la sua età, avrà visto in effigie un numero di donne e uomini nudi assai maggiore di quanti ne possano aver visti live i suoi genitori.
La vera estensione però è quella per cui gli adulti seguono in un tripudio generale, e non generazionale, le passioni di figli o addirittura nipoti. Christopher Paolini e Checco Zalone, Jovanotti e Povia, Licia Troisi e Federico Moccia, le "storie infinite" come Tolkien e lo stesso Ende, Twilight e lo Strano caso del cane ucciso a mezzanotte. Vampiri, neomelodici, clown; thriller, commedie, filastrocche, fantasy; colpi di scena ed effetti speciali. E poi i videogame, un genere che non ha avuto bisogno di diventare crossover perché è nato già così. A diventarlo sono stati casomai i telefilm: nessun adulto vedeva volentieri Happy Days; con Dallas e Beautiful le cose hanno incominciato a cambiare; le fiction di oggi possono piacere a ogni età. È anche sensato che da quando i settantenni si dicono l´un l´altro «ehi, ragazzi, come va?» la Tv dei ragazzi non ci sia più.
Per quanto attiene la letteratura si sente dire che oggi quello che funziona è «una bella storia». Visto che vengono contestualmente qualificate come belle le storie che funzionano, la spiegazione risulta tautologica. Non è invece tautologico che funzionino spesso come crossover le storie che appunto raccontano un attraversamento.
Plot? X trova la sua identità scongiurando un pericolo, con l´aiuto di amici e contro gli sforzi di nemici, mentre sullo sfondo si alternano amore e morte. Vale per Harry Potter e per E.T., così come per Pinocchio e Gesù Cristo. Nulla di nuovo, né di determinante sul piano della qualità letteraria. Si sa: raccontata da Franz Kafka (probabilmente) la barzelletta del Bunga Bunga diventerebbe un capolavoro, così come Il Processo cesserebbe (probabilmente) di esserlo se venisse raccontato da Topo Gigio.
A essere sospetta è casomai la poetica dell´innocenza che ne è sempre presupposta. Ai fruitori dei prodotti crossover non è richiesto alcun retroterra di cultura ed esperienza, in partenza. Il guaio è che spesso non ce n´è alcuno neppure in arrivo. La semplicità, la chiarezza, la trasparenza sono considerate sempre virtuose, il che è già discutibile. Lo diventa ancora di più quando non riguardano più le espressioni, ma direttamente i contenuti. In Italia tutto finisce sempre in politica, ma è impossibile non accorgersi di come l´ultimo governo di centrosinistra si sia caratterizzato anche per le polemiche contro i "bamboccioni" e per l´auto-definizione prodiana di "cattolico adulto", mentre il plateale fondamento ideologico del berlusconismo è quel principio di marketing di provenienza americana, inculcato ai quadri prima di Publi - e poi di Forza Italia: «Ricordatevi che il nostro pubblico è come un dodicenne che fa la scuola media, e non sta neanche nei primi banchi».
No, il crossover non è un´arma del berlusconismo: sarebbe come sostenere che la gioventù, il divertimento e magari anche la salute e il bel tempo - oltre che Dumbo - sono di centrodestra. Ma l´innocenza ha la sua età e quando si attraversa il gap generazionale a ritroso bisognerebbe accertarsi di non bruciarsi il ponte del crossover alle spalle. Ammesso che possa essere desiderabile avere come divertimento solo, e per sempre, elefantini volanti, nessun infinito entertainment senza età potrà mai aspirare a essere davvero innocente.