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 2011  febbraio 09 Mercoledì calendario

A FIAT LA FUGA COSTEREBBE 4 MILIARDI

Lasciare Torino per traslocare a Detroit costerebbe alla Fiat quattro miliardi. A fare i calcoli è stato il quotidiano «Mf» rispolverando l’articolo 2437 del codice civile. La norma sostiene che, in caso di cambiamento della sede sociale, scatta il diritto di recesso a favore dei soci. Il beneficio, ovviamente andrebbe a favore dei soli azionisti di minoranza visto che la famiglia Agnelli non si opporrebbe di certo allo spostamento.
AZIONI PROPRIE
Fuori dal calcolo anche le azioni proprie (3,2% del capitale). Alla fine la Fiat sarebbe costretta a rimborsare il 66% del capitale con un investimento, ai prezzi attuali, di circa quattro miliardi. Ovviamente si tratta solo di un’ipotesi di scuola. Infatti non c’è nessuna certezza sull’adesione all’iniziativa di rimborso da parte dei soci minori del gruppo automobilistico. Anzi è molto più probabile un forte rialzo del titolo per sottolineare la soddisfazione del pubblico per essere diventati azionisti di una società americana. In secondo luogo non mancherebbero certo a Marchionne le scorciatoie per lasciare formalmente la sede sociale a Torino e spostare il cervello a Detroit.
Esattamente quello che temono sindacati e forze politiche. Il divorzio tra la Fiat e lo Stato italiano è un fatto talmente inedito e sorprendente da mettere paura. Proprio per questo sabato ci sarà l’incontro tra Marchionne e Berlusconi. Un appuntamento dal contenuto molto formale. Difficile, però, che ottenga risultati concreti oltre le parole di circostanza. Il governo, dopo la cessazione degli incentivi, ha solo armi spuntate nei confronti del gruppo. D’altra parte Marchionne si limiterà a spiegare che la sua è solo un’idea priva di concretezza. Lo stesso concetto che ha ripetuto ieri Emma Marcegaglia. «Il trasloco non è all’ordine del giorno». Di parere esattamente opposto Susanna Camusso, segretaria della Cgil che si dice certa del trasferimento: «Non sappiamo che tipo di accordi sono stati presi da Marchionne e Obama al momento del salvataggio della Chrysler».
In realtà quello di sabato sarà solo un piccolo teatrino a fronte di un problema senza soluzione.
Nulla, infatti, impedisce a Marchionne di tenere Torino come capitale formale dell’auto italiana portando, però, a Detroit la sede operativa. Soprattutto se, come annunciato ieri, la Fiom si rifiuterà ancora di sottoscrivere nuovi accordi. Ieri è stato firmato il nuovo protocollo che riduce i permessi sindacali retribuiti. Hanno firmato tutti tranne la Fiom che, non perde occasione per diventare complice dei fannulloni. È noto che dietro la girandola delle assenze per motivi sindacali si nasconde un giro vorticoso di gente con scarsa voglia di lavorare. «La Fiat vuole giudicare l’attività delle organizzazioni sindacali spiega Enzo Masini, coordinatore nazionale FiomCgil del gruppo Fiat e noi non possiamo accettarlo».
BRASILE AMARO
In realtà Marchionne sta cercando solo di rendere il gruppo un po’ più competitivo. Ieri è arrivata un’altra notizia non certo confortante. L’azienda torinese, dopo otto anni, ha perso a gennaio la leadership in Brasile. Al primo posto è salita la Volkswagen che ha venduto 54 mila autovetture. La Fiat, nonostante il successo della Nuova Uno, si è fermata a 46 mila. Una sconfitta resa ancora più bruciante dall’incalzare dei costruttori cinesi che hanno superato Mercedes e Bmw.
Né basta, come consolazione, il nuovo strappo del titolo che ha guadagnato l’1,3% a 7,29 euro.