Franco Bechis, Libero 11/2/2011, 11 febbraio 2011
«HO IO IL CRISTO DEL MICHELANGELO
VE LO RIDARÒ A TRE CONDIZIONI» Il vero Cristo di Michelangelo? «Ce l’ho io, ed è messo in sicurezza. Sono anche disposto a tornare in Italia e a riportarlo. Ma solo alle mie condizioni». Ecco l’uomo che sostiene di avere nelle sue mani l’inestimabile opera d’arte che fu ritrovata negli anni Settanta in Libano e che poi fu proprietà di Giacomo Maria Ugolini, ambasciatore della Repubblica di San Marino in Egitto e Giordania, scomparso nel 2006. L’uomo che ha nelle sue mani quel piccolo Cristo di Michelangelo si chiama Giorgio Hugo Balestrieri. Nel settembre scorso ha fornito prova fotografica del suo possesso di quell’opera d’arte a un blogger italiano, Gabriele Mastellarini, che lo ha incontrato a New York. Per la legge italiana Balestrieri è un latitante, perché sul suo capo pende un mandato di cattura della Dda di Reggio Calabria che indagava sul porto di Gioia Tauro e sulla cosca della n’drangheta legata a Rocco Molè (capo di una famiglia vicina ai Piromalli, assassinato proprio a Gioia Tauro il primo febbraio 2008). Balestrieri è cittadino americano da anni. Lui sostiene di avere lavorato in passato al Sismi, ma da verifiche ufficiose da noi svolte il fatto non risulta a nessuno. Di sicuro è stato capitanodellaMarinamilitareitaliana, e con quel grado il suo nome inserito con la tessera n. 2191 nelle liste della P2 di Licio Gelli. Con il Cristo di Michelangelo sicuramente ha avuto a che fare. E’ stato amministratore della società proprietaria dell’Hotel Villa Vecchia, a Monteporzio Catone, sede della fondazione intitolata alla memoria dell’ambasciatore Ugolini. Lì venne raccolta grazie al segretario dell’ambasciatore, Angelo Boccardelli (arrestato anche lui con le stesse accuse dalla Dda di Reggio Calabria) la preziosa collezione di opere d’arte: reperti dell’antico Egitto, parametri sacri, alcuni Klimt e naturalmente il Cristo di Michelangelo. Quello che uno dei massimi studiosi dello scultore, il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente alla Gregoriana, è certo essere autentico, al contrario di quello acquistato nel 2008 per 3,2 milioni di euro dallo Stato italiano (sarebbe solo una copia).
PARLA SOLO VIA SKYPE
Siamo riusciti a metterci in contatto con Balestrieri grazie al suo legale italiano. Ha accettato di parlarci solo via Skype, per non fornire numeri di telefono e traccia di sé. Per oltre un’ora ci ha raccontato la sua storia. Dicono che oggi sia a New York, ed è probabile, perché lì è da poco stato eletto presidente del Rotary club New York, come risulta dal sito Internet. Anche per la Dda di Reggio Calabria che ha sentito le versioni sia dell’ex segretario di Ugolini che di Cosimo Virgiglio, pentito della ’ndrangheta che prese la gestione dell’Hotel Villa Vecchia e più volte cercò di avere anche quella preziosissima statuetta è
INESTIMABILE OPERA D’ARTE
Ritrovato in Libano negli anni ’70
probabile che il Cristo sia davvero in mano a Balestrieri. Lui conferma. «Sì, ce l’ho io». E detta le sue condizioni per portarlo in Italia: «posso consegnarlo solo nelle mani del gesuita Pfeiffer e a patto che venga messo in sicurezza ed esposto a tutti in un museo della Repubblica di San Marino». Ma per tornare qui con l’opera d’arte vuole non solo essere certo della revoca del mandato di cattura, ma anche essere protetto dalla Dda («la n’drangheta vuole ammazzarmi, ho ricevuto tante minacce»), ma addirittura essere ammesso a lavorare con gli inquirenti per svelare i traffici della n’drangheta e della mafia cinese con i container del porto di Gioia Tauro. Dice di avere già consegnato un memoriale sulla vicenda al procuratore antimafia italiano Piero Grasso quando venne a New York il 14 ottobre 2009 per la presentazione di un libro (che conserva con dedica del magistrato).
Balestrieri è un fiume in piena. Racconta di essere entrato in contatto con il Cristo di Michelangelo quando venne in Italia «perché avevo il compito di indagare su un traffico di soldi e armi in cui era coinvolto il partito turco Pkk. Le armi si mandavano poi in Libano agli Hezbollah». Fu in quella occasione che venne invitato dal giro di Ugolini a «Villa Vecchia nel 2006 perché dovevamo fare una conferenza sul Mediterraneo crocevia del terrorismo». Così è diventato amico del Boccardelli e gli ha dato una mano con la Fondazione e le sue opere d’arte, fino ad assumere la carica di amministratore unico di Villa Vecchia. Sostiene che «Boccardelli è stato ricattato. Gli volevano fottere il Cristo di Michelangelo, lo hanno menato, lo hanno minacciato più volte e c’erano anche delle denunce». Tutto è nato quando il boss della n’drangheta, Rocco Molè, venne a Roma per fare operare la moglie di tumore al cervello. Decise di impiantare una attività stabile nella capitale e così rilevò la gestione dell’Hotel Villa Vecchia con una società posseduta da un suo uomo, CosimoVirgiglio. Il contratto fu fatto, e da lì iniziarono i guai. Anche perché Virgiglio aveva subito messo gli occhi sulla statuetta di Michelangelo: «ma questa vale più di un albergo...». Non fu l’unico a innamorarsene e a fare pressing su Boccardelli perché la cedesse. C’era anche un tedesco, «un nipote di Fritz Bendorff, il padrone della Pelikan, che nel 1932 mandò al potere Hitler insieme ad altri 16 grandi industriali. Anche lui era dietro il crocifisso. Ho dovuto cacciarlo a pedate nel sedere. Il Bendorff era andato da Boccardelli che è un ingenuone a dirgli che una notte gli era apparso in sogno l’ambasciatore Ugolini che gli aveva detto che doveva assolutamente tenere lui il Cristo di Michelangelo nel mausoleo della sua famiglia in Germania. Boccardelli ci aveva creduto. Allora gli ho parlato io. Gli ho detto in chiaro italiano: “Fritz, ma vaffanculo!”. E l’ho mandato via». Il Cristo misterioso (di cui come ha rivelato Libero si è avuta traccia nel copioso materiale depositato a Perugia per l’indagine sulla cricca) è stato così salvato. Certificato come autentico da Pfeiffer, era pronto per la sua presentazione ufficiale in Vaticano: «l’avevamo fissata nel marzo 2009 alla Lateranense. Un anno prima portammo quel Cristo a monsignor Rino Fisichella, da cui ci aveva condotto il professore Cavallaro, quello che aveva operato la moglie del Molè. Abbiamo scattato anche delle fotografie con il monsignore e il Cristo tenuto in mano. Era la settimana prima delle palme del 2008. Il sabato prendo l’aereo e vengo in America per farmi le Palme con mia moglie. Arriva il lunedì e martedì mi chiama Boccardelli per dirmi che gli hanno rubato tutto. Piangeva e diceva di essere finito. Erano entrati nella suite dell’ambasciatore a Roma e non hanno lasciato nemmeno le appliques.
RUBATI PERSINO I PIATTI
Si erano rubati proprio tutto: hanno preso la tiara di Sua beatitudine e altri reperti archeologici importantissimi. Hanno portato via dal tappeto al tavolo ai tavolini ai lampadari perfino i piatti. Boccardelli mi disse che anche in San Marino era successo qualcosa. E il Cristo non si trovava più, né nella cassaforte giù in ufficio né in quella nella suite. Di quello non mi preoccupai: sapevo io dove era. Sono tornato in Italia, abbiamo fatto le denunce a Roma e a San Marino dove si erano portati via la cassaforte sradicandola dal muro di casa dell’ambasciatore. Poi ci siamo ripresi il Cristo dove lo avevo nascosto. Dissi a Boccardelli: “Stai calmo, il Cristo l’ho messo io in protezione nel caveau della Banca centrale di San Marino”».
Fu allora che Balestrieri si riprese l’opera d’arte e la nascose temendo altri furti (che in effetti ci furono). “Ebbi un’idea geniale: lo misi a Villa Vecchia sotto gli occhi di tutti. In una grande scatola di biscotti dove nessuno l’avrebbe mai cercato”. Idea vincente, perché il Cristo è restato lì, come un biscotto ammuffito da cinquecento anni. Ma di fronte a un nuovo furto Balestrieri se l’è portato via. Dove è oggi. Giusto, ma dove è? «L’ho messo al sicuro». Negli Stati Uniti? Poteva portarsi dietro un’opera così negli Stati Uniti? «Mah, volendo si può portare anche sotto il braccio e passa ai raggi. Comunque non le ho detto dove è. E’ in sicurezza e in sicurezza deve restare. Vorrei che tutti lo potessero ammirare, e sono disposto a portarlo come ho detto. Ma alle mie condizioni».