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 2011  febbraio 11 Venerdì calendario

Il maestrino Mauro dà lezioni a tutti tranne a se stesso - È un Ezio Mauro d’annata quello che emerge dall’inter­vista che ieri ha rilasciata al Fatto

Il maestrino Mauro dà lezioni a tutti tranne a se stesso - È un Ezio Mauro d’annata quello che emerge dall’inter­vista che ieri ha rilasciata al Fatto . Gonfio di sé come un otre, fa lezioni di giornalismo, le bucce ai colleghi, si erge a Catone, senza mai il dubbio di essere comico. La tesi del direttore di Re­pubblica è delle più originali: il Cav è un lubrico e deve smammare con ignominia. Le argomentazioni ci danno uno spaccato del cervello di Mauro. Ezio si lamenta che le tv siano timide sul caso Ruby. Pessimo è il Tg1 di Augusto Minzolini, già suo sottoposto alla Stampa quando lui la diri­geva e l’altro scriveva. È dun­que con l’autorità dell’ex ca­po che chiosa: «Ho conosciu­to Minzolini quando dava l’anima per cercare le noti­zie... Oggi dà l’anima per na­sconderle ». Poi analizza im­pietosamente il tg minzolinia­no: cela le notizie su Ruby e pompa le reazioni dei berlu­sconiani sui fatti occultati. Er­go, non si capisce un tubo. La disinformazione favori­sce il Cav che ora cerca di depi­starci con «un improbabile piano di rilancio» economi­co. Puro diversivo per distrar­ci della vitale questione di Ru­by Rubacuori. Lui, Ezio, però non si lascia infinocchiare e guarda - ci fa sapere - la Bbc. La quale giustamente - ah, il giornalismo anglosassone! ­apre ( breaking news , è il termi­ne che usa) con la notizia del rito immediato chiesto dai pm e la citazione dei capi di imputazione. Nel dirci que­sto, Mauro sembra sottinten­dere che le tv italiane li abbia­no sempre taciuti. E allora ­per colmare l’ignobile congiu­ra del silenzio - ci pensa lui a svelarci i reati del Cav: il pri­mo «prostituzione minorile», il secondo «peculato». Qui prendiamoci una pau­sa, facciamo tacere il diretto­re e ragioniamo con le nostre teste. Ma vi sembra davvero che le tv - Tg1 in primis- non ci abbiano rotto abbastanza con la faccenda di Ruby? Ma chi di noi - salvo Mauro e i mauristi - sente il bisogno di ricorrere anche alla Bbc? O Mauro mente sulle lacune del­­le nostre tv - e su questo non ci piove - o è un pistola. E questa è, purtroppo, la tragica realtà. Ditemi, infatti, voi se il diretto­re di Repubblica che da due mesi monta una campagna sul caso Ruby deve parlare di «peculato», quando anche i sassi sanno che l’accusa è «concussione». Caro Ezio è inutile che ascol­ti la Bbc se ti manca l’Abc. Il peculato, vedi, si ha quando il pubblico ufficiale (il Cav, nel caso) si appropria di denaro non suo. Dovresti invece sape­re che l’accusa al Cav è la tele­fonata pro Ruby in Questura. Ti sembra che fare uno squillo assomigli a intascare soldi? No, vero? Ecco che perché si parla di concussione, ossia di indebita ingerenza. Chiaro, Eziuccio? Alla luce del sopra descritto acume, sorbettiamoci un al­tro po’ dell’aurea intervista. Insisto solo perché Ezio fa a noi una lezione di moralità giornalistica con la cordiale complicità dell’intervistato­re. Ecco. Il Fatto : «I magistrati vanno avanti». Mauro: «Ma la fabbrica del fango, immedia­tamente colpisce. Hai visto co­sa hanno fatto alla Boccassi­ni? ». A questo punto ci si aspetterebbe che il Fatto obiettasse: «Hai visto che han­no fatto ad Anna Maria Gre­co? ». Invece, la replica è: «Il trattamento Boffo?». Mauro: «Certo. Quello che ha colpito Mesiano. E poi l’avvertimen­to a Fini, con la campagna su Montecarlo». Lasciamo Me­siano, che è il giudice con i cal­zini azzurri e veniamo a Fini. C’è in Mauro tutto il livore di chi, digrignando, chiama «av­vertimento »un’inchiesta gior­nalistica che il suo quotidiano si sogna. Dopo avere sguinza­gliato i suoi per trovare un qualsiasi difetto nell’indagi­ne del Giornale , tornati con le pive nel sacco, invece di fare chapeau , usa il linguaggio del­la malavita. La successiva fra­se eziesca, è da sbellicarsi: «L’avvertimento dei giornali del premier agli avversari è: at­tento, ora rovistiamo nel tuo letto. La tua vita privata verrà messa a soqquadro». La battu­ta è rivolta a noi, ma è l’autori­tratto del giornalismo maure­sco che ha fatto di Repubblica un foglio maniaco. Vedi, Ezio, la differenza tra noi è questa: tu attacchi per primo e solo se un pm ti passa le carte; il Gior­nale , invece, si procura da sé la storia e le prove e si limita a reagire. A chi? Ai falsi morali­sti che si impancano sotto i ri­flettori e peccano nell’ombra. Tra questi, tu primeggi. Con che coraggio dici che siamo noi a entrare nelle ca­mere da letto (Montecarlo è un appartamento) quando il tuo giornale campa da anni sulle presunte caldane del Cav, della cricca, dei preti, di povere criste che cercano di sbarcare il lunario? Sei il clas­sico bue che dà del cornuto al­l’asino. Mauro - 62 anni, dunque adulto da tempo - adora rin­facciare agli altri le debolezze di cui è intessuto. Anni fa accu­sò Rai e Mediaset di accordar­si anticipatamente sui grossi fatti da trasmettere, a scapito della sana concorrenza e con il fine di favorire le tv del Cav. Nella circostanza, Ezio indos­s­ò i panni dell’onest’uomo in­dignato. Invece, era già redu­ce da un imbroglio analogo. Nel 1992, da direttore della Stampa fu proprio lui a pro­porre ai suoi parigrado del Corsera , Paolo Mieli, e di Re­pubblica , Eugenio Scalfari, un patto di consultazione per­manente. Il trio si adunava in conciliaboli telefonici in viva voce per accordarsi sui titoli di apertura e le notizie scomo­de da confinare nel ventre del giornale. Un modo per non farsi concorrenza, coprirsi l’uno con l’altro,tenersi como­damente la poltrona e impi­parsene dei lettori. Ezio, cuneese, si atteggia a vecchio Piemonte con un odio cartaginese per gli evaso­ri fiscali. Conviene perciò ripe­tere la vecchia storia del suo attico romano. Repubblica at­taccò Alberto Grotti, ex vice­presidente dell’Eni, implica­to in Tangentopoli. Grotti que­relò e per racimolare i soldi della causa mise in vendita il suo attico. Se lo aggiudicò Ezio per 2,1 miliardi di vec­chie lire. Così, curiosamente, Grotti ebbe dal direttore di Re­pubblica il liquido per citare la medesima. Nell’ora del sal­do però, Mauro pretese di pa­gare in nero 850 milioni che consegnò al commercialista del venditore. Più tardi, Grotti sostenne di non averli mai più visti e chiamò in giudizio il professionista. Così, la pre­sunta evasione di Ezio diven­ne di dominio pubblico. E la sua moralità andò a farsi frig­gere.