Morya Longa, Il Sole 24 Ore 11/2/2011, 11 febbraio 2011
SUPERBORSE IL MERCATO DICE STOP
Dopo l’euforia e la sorpresa, arriva l’ora delle riflessioni. Ieri si sono raffreddati gli entusiasmi per l’annunciata fusione tra la Borsa di Londra-Milano con quella di Toronto e per la trattativa tra la tedesca Deutsche Börse e la franco-americana Nyse Euronext. Non solo i titoli delle Borse (che sono a loro volta quotate in Borsa) hanno quasi tutti perso terreno, ma da più parti si sono sollevati vari dubbi. In Germania protestano alcuni azionisti, per esempio il fondo Union Investment, perché il concambio che si prospetta nella fusione Francoforte-Parigi-New York non sarebbe per loro vantaggioso. Merrill Lynch pone invece problemi di Antitrust, dato che l’unione tra le Borse di Francoforte e Parigi creerebbe un listino dei derivati con il 93% del mercato europeo. La fusione Londra-Toronto solleva qualche preoccupazione politica in Canada. E negli Usa alcuni commentatori lamentano la perdita della centralità di New York come piazza azionaria. E l’andamento in Borsa delle Borse, a prescindere dal gioco di parole, dimostra tutti questi dubbi: il London Stock Exchange ha perso l’1,36%, Nyse Euronext lo 0,78% e la Borsa di Toronto (Tmx Group) l’1,33%. Solo Deutsche Börse, con il balzo del 6,35%, ha guadagnato terreno.
Le fusioni annunciate giovedì presentano infatti varie problematiche. La prima è legata all’interesse collettivo: le Borse non sono semplici società private, che giustamente devono realizzare utili e soddisfare gli azionisti, ma sono anche volani importanti per le economie di ogni paese. Una Borsa permette alle imprese di quotarsi, cioè di raccogliere capitali e di crescere. Il punto sta proprio qui: se da un lato è evidente il beneficio derivante dalle aggregazioni per le Borse intese come società (con le fusioni si creano sinergie, si riducono i costi degli investimenti, si aumentano i volumi e i profitti), dall’altro è meno immediato il beneficio per i sistemi paese. La teoria prevede che le fusioni siano positive anche per le imprese, perché aumenterebbero il bacino di investitori e la liquidità sui loro titoli. Ma questa è solo la teoria: per ora, nelle fusioni del passato, questo non è accaduto in maniera evidente.
La cronaca di ieri dimostra questo duplice binario: certezza dei benefici privati, dubbi su quelli pubblici. Da un lato sono infatti arrivati molti report favorevoli dalle banche d’affari, che sottolineano la positività per i conti delle società-mercato: Credit Suisse ed Exane hanno alzato il "prezzo obiettivo" della Borsa di Londra e molti broker hanno "promosso" Deutsche Börse. Dall’altro sono montati i dubbi sui benefici collettivi. In Canada sono per esempio iniziate le resistenze del mondo politico, preoccupato per la perdita di sovranità sul mercato azionario: non tanto da parte del Governo (che non si è espresso) ma da parte dell’opposizione. In America alcuni commentatori – per esempio sul Wall Street Journal – lamentano la perdita di centralità di New York. Anche in Italia vari commenti sollevavano queste problematiche. Insomma: tanti temono che l’interesse privato delle società-mercato e dei loro azionisti prevalga sull’interesse collettivo di avere Borse vicine alle imprese.
Ma i dubbi arrivano anche su altri fronti. Innanzitutto Antitrust. Su Reuters si ipotizza un possibile rischio in Quebec per la fusione Londra-Toronto, ma è Merrill Lynch a sollevare il problema in Europa. Dato che la fusione tra Parigi e Francoforte porta al matrimonio dei due più grandi mercati dei derivati europei (il Liffe e Eurex), la banca americana calcola che il 93% del mercato sarà dominato da un unico soggetto. C’è chi teme inoltre che la fusione tra Francoforte e Parigi finisca per rafforzare l’asse tra Germania e Francia, non solo in politica ma anche in finanza.